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Non può essere confermato l’avviso per un motivo in fatto o diritto diverso da quello indicato nella motivazione dello stesso avviso. Accolto il ricorso della contribuente contro l’accertamento induttivo. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “Il giudice tributario non può confermare, infatti, la legittimità dell'accertamento in relazione a presupposti di fatto o ragioni di diritto diverse da quelle che si pongono in termini di motivazione della pretesa impositiva (cfr. Cass. sez. 5, 4 aprile 2014, n. 7961). 7.2. È sufficiente in proposito osservare come nella fattispecie in esame nessun accertamento bancario ai sensi della citata norma sia stato svolto dall'Amministrazione finanziaria”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 28683 del 7 novembre 2019

Rilevato che:

Con sentenza n. 142/35/12, depositata 1'11 giugno 2012, non notificata, la CTR del Lazio accolse l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate nei confronti della sig.ra B. avverso la sentenza della CTP di Roma, che aveva invece integralmente accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di accertamento relativo ad IRPEF per l'anno 2002, con il quale le era stato accertato induttivamente con metodo sintetico ai sensi dell'art. 38, comma 4, del d.P.R. n. 600/1973 nel testo applicabile ratione temporis il reddito di Euro 75.998,13 a fronte del reddito complessivo dichiarato dalla contribuente in Euro 3.064,00. La CTR ritenne legittimo l'accertamento emesso dall'Ufficio, con la sola esclusione dal reddito della somma di Euro 3.981,29, attribuito ai consumi per il possesso dell'autovettura targata XXX in quanto immatricolata nel 1989, non costituendo pertanto incremento patrimoniale. Avverso la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato da memoria. L'Agenzia delle Entrate ha dichiarato di costituirsi al solo fine di partecipare all'eventuale udienza di discussione.

Considerato che:

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 38 del d.P.R. n. 600/1973 e 2697 cod. civ., nonché dell'art. 53, comma 1, Cost., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., assumendo che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto che la contribuente non avesse fornito la prova contraria idonea a superare la presunzione legale relativa di cui al citato art. 38, ignorando che ai fini dell'integrazione di detta prova ben la contribuente poteva dimostrare che le spese per incrementi patrimoniali fossero state sostenute non solo con redditi non imponibili, ma anche con redditi già soggetti a ritenute alla fonte a titolo d'imposta; ciò che in effetti aveva dimostrato in relazione alla disponibilità per l'anno 2002 d'interessi (soggetti a ritenuta alla fonte) maturati sui saldi attivi dei conti bancari accesi presso due istituti di credito e depositati agli atti del giudizio di merito atti a coprire l'entità delle spese per incrementi patrimoniali attribuite per l'anno 2002, tra le quali, peraltro, non avrebbe potuto essere computato il finanziamento operato in favore della società partecipata C. S.r.l., da intendere come fatto permutativo delle stesse giacenze disponibili sui conti correnti bancari.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (nella formulazione applicabile ratione temporis), per avere, da un lato, affermato che gli estratti di conto corrente bancario prodotti dalla ricorrente non fossero idonei a dimostrare la natura non imponibile del maggior reddito ripreso a tassazione dall'Ufficio, e dall'altro viceversa affermato che il maggior reddito accertato era confermato proprio dalle movimentazioni bancarie effettuate dalla contribuente sugli stessi conti correnti.

3. Infine con il terzo motivo la ricorrente lamenta violazione degli artt. 42 del d.P.R. n. 600/1973, 7 della I. n. 212/2000, 3 della I. n. 241/1990, 7 del d. Igs. n. 546/1992, nonché degli artt. 53, comma 1, e 97 comma 1, Cost., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. La contribuente lamenta al riguardo che il giudice tributario d'appello abbia allargato d'ufficio l'ambito delle ragioni di fatto e di diritto addotte dall'Amministrazione a fondamento della pretesa impositiva con il riferimento alle presunzioni legali conseguenti ad accertamenti bancari nei riguardi di professionisti, ai sensi dell'art. 32, comma 1, n. 2 del d.P.R. n. 600/1973 (nella sua formulazione applicabile ratione temporis) laddove, in primis, emergeva che nessuna indagine bancaria era mai stata svolta dall'Amministrazione finanziaria nei confronti della contribuente.

4. I motivi sono tutti fondati e meritevoli di accoglimento. 5. In relazione al primo è fondata la doglianza della ricorrente, laddove evidenzia che l'ambito della prova contraria che il contribuente è tenuto a fornire per superare la presunzione legale relativa di cui all'art. 38, comma 6 del d.P.R. n. 600/1973, nella formulazione applicabile ratione temporís, non è limitata alla sola disponibilità di redditi esenti atti a sostenere le spese per incrementi patrimoniali, ma anche di redditi già soggetti a ritenute alla fonte, tra i quali, come redditi di capitali, gli interessi derivanti da conti correnti. Il giudice di merito, in sede di nuovo esame, al fine di poter ritenere esaustiva la prova contraria offerta dalla contribuente, dovrà, peraltro, verificare se gli estratti dei conti correnti bancari riferibili alla contribuente e già prodotti nel giudizio di merito comprovino non solo la disponibilità di siffatti redditi, ma anche l'entità dei redditi stessi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta (cfr., tra le molte, secondo l'indirizzo largamente prevalente espresso in materia da questa Corte e che va in questa sede ulteriormente ribadito, cfr. Cass. sez. 5, ord. 3 aprile 2019, n. 9261; Cass. sez. 6-5, ord. 22 giugno 2017, n. 15883; Cass. sez. 5, 19 ottobre 2016, n. 21142; Cass. sez. 6-5, ord. 10 novembre 2015, n. 22944; Cass. sez. 5, 26 novembre 2014, n. 25104).

6. Le stesse considerazioni sorreggono anche l'accoglimento del secondo motivo, essendo effettivamente incorsa la sentenza impugnata nel denunciato vizio di contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio, avendo per un verso la sentenza impugnata negato l'attitudine probatoria degli estratti conto prodotti quanto alla natura dei redditi (già soggetti a ritenuta alla fonte) idonei a sostenere le spese per incrementi patrimoniali e dall'altro, avendo invece affermato che proprio gli anzidetti estratti conto dei conti correnti bancari riferiti alla contribuente confermavano il maggior reddito accertato con metodo sintetico.

7. Ugualmente è fondato il terzo motivo.

7.1. Del tutto estranee rispetto al thema decidendum come delineato dall'ambito della contestazione dell'Amministrazione finanziaria con l'avviso di accertamento impugnato e dai motivi d'impugnazione addotti dalla contribuente si pongono le considerazioni svolte dalla CTR circa la diversa presunzione legale di cui all'art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600/1973. Il giudice tributario non può confermare, infatti, la legittimità dell'accertamento in relazione a presupposti di fatto o ragioni di diritto diverse da quelle che si pongono in termini di motivazione della pretesa impositiva (cfr. Cass. sez. 5, 4 aprile 2014, n. 7961).

7.2. È sufficiente in proposito osservare come nella fattispecie in esame nessun accertamento bancario ai sensi della citata norma sia stato svolto dall'Amministrazione finanziaria.

7.3. Ciò esonera questa Corte da ogni ulteriore considerazione circa il residuo ambito di detta presunzione per effetto della dichiarazione d'illegittimità costituzionale di detta norma da parte di Corte cost. 6 ottobre 2014, n. 228.

8. Il ricorso va pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, fermo il giudicato interno formatosi sulla sola esclusione dal maggior reddito accertato della somma di Euro 3.981,29, attribuito ai consumi per il possesso dell'autovettura targata XXX in quanto immatricolata nel 1989, non costituendo pertanto incremento patrimoniale, non essendo stata attinta la relativa statuizione della CTR da ricorso incidentale da parte dell'Amministrazione finanziaria, che non ha neppure depositato ricorso incidentale nei termini.

9. Il giudice di rinvio, cui la causa va rimessa per nuovo esame, provvederà altresì in ordine alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 aprile 2019.

 

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