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Corte di Cassazione, Sez. 5
Sentenza n. 22753 del 12 settembre 2019
FATTI DI CAUSA
1. - La C. s.r.l. ha proposto ricorso avverso la determinazione direttoriale n. prot. n. XXX del 1 marzo 2010, notificata dall'Agenzia delle Dogane di XXX in data 19 marzo 2010, con la quale il Direttore regionale ha stabilito che la merce di cui alle bollette doganali n. XXX e n. XXX fosse da assoggettare al dazio antidumping definitivo nella misura del 66,10% sul valore statistico della merce mentre, per le restanti bollette di cui al verbale di accertamento, confermava l'assolvimento delle spese di sbarco THC come da avviso di rettifica dell'accertamento della dichiarazione doganale. La Commissione tributaria provinciale di Latina ha accolto il ricorso, compensando le spese di giudizio.
2. La Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l'appello dell'Agenzia delle dogane, ritenendo legittimi gli atti impositivi impugnati.
3. - La C. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. L'Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
In prossimità dell'udienza, la C. s.r.l. ha depositato una memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. - In via preliminare va dichiarato inammissibile il controricorso per tardività. È inammissibile il controricorso notificato e depositato oltre i termini previsti dall'art. 370 c.p.c. e da tale inammissibilità deriva il divieto per i giudici di conoscerne il contenuto e per il resistente di depositare memorie, fatta salva la facoltà di partecipazione del difensore di quest'ultimo alla discussione orale (Cass. 24 aprile 2007, n. 9897; Cass. 21 aprile 2006, n. 9396). Nel caso di specie, il ricorso principale è stato notificato mediante spedizione dall'Ufficio postale di Roma in data 18 aprile 2014 e risulta essere stato ricevuto dalla controparte, Agenzia delle dogane e dei monopoli, in data 2 maggio 2014.
Il termine ultimo per la notifica del controricorso da parte dell'Agenzia delle dogane avrebbe dovuto considerarsi l'11 giugno 2014 e non il 20 giugno 2014, data di consegna del controricorso all'Unep presso la Corte d'Appello di Roma per la notifica. Inoltre, deve osservarsi che nel presente giudizio la legittimazione spetta all'Agenzia delle dogane e non all'Agenzia delle entrate.
2. - Con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nonché in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. 2.1. - Il motivo è fondato riguardo alla violazione dell'art. 112 c.p.c. La violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, fissato dall'art. 112 c.p.c., sussiste quando il giudice attribuisca, o neghi, ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno virtualmente, nella domanda, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda; tale violazione, invece, non ricorre quando il giudice non interferisca nel potere dispositivo delle parti e non alteri nessuno degli elementi obiettivi di identificazione dell'azione (Cass. 17 gennaio 2018, n. 906; Cass. 22 marzo 2007, n. 6945). Nella vicenda in esame si discute della mancanza della certificazione rilasciata dalla CH., anche detto "certificato S.", necessario per beneficiare della aliquota ridotta di dazio antidumping istituito con Reg. CE n. 1470/2001 sulle merci d'importazione con riferimento a talune bollette d'importazione (n. XXX e n. XXX del 28 giugno 2007) secondo l'accertamento compiuto dai verbalizzanti e contestato dalla contribuente, che sostiene di aver avuto la disponibilità dei certificati richiesti e di averli consegnati all'ente competente per lo sdoganamento. La C. s.r.l., inoltre, deduce di aver prodotto nel corso del giudizio di primo grado le copie fotostatiche di tali certificati, nonché la copia della raccomandata inviata dallo spedizioniere con cui si richiedeva la restituzione della documentazione afferente ai fatti di causa, oltre alla risposta dello spedizioniere con cui dichiarava di aver depositato gli originali dei certificati presso la dogana. La pronuncia, tuttavia, non affronta in alcun modo tali questioni, facendo riferimento - anche nella parte in fatto - a una vicenda estranea al giudizio e relativa alla rivisitazione della classificazione doganale della merce all'esito del controllo da parte del laboratorio chimico, limitandosi invero a riprodurre il contenuto di altra decisione (sentenza n. 873/40/2013 della Commissione tributaria regionale del Lazio) resa tra le stesse parti nella medesima udienza e depositata lo stesso giorno in cancelleria (il 13 dicembre 2013).
2.2. - Inammissibile è la doglianza formulata in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, non avendo parte ricorrente dedotto l'omesso esame di un fatto specifico ma l'insieme delle questioni oggetto della controversia. La differenza fra l'omessa pronuncia di cui all'art. 112 c.p.c. e l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., applicabile ratione temporis, si coglie nel senso che, mentre nella prima l'omesso esame concerne direttamente una domanda o un'eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d'appello, uno dei fatti costitutivi della "domanda" di appello), nella seconda ipotesi l'attività di esame del giudice, che si assume omessa, non concerne direttamente la domanda o l'eccezione, ma una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un'eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia (Cass. 22 gennaio 2018, n. 1539).
3. - L'accoglimento del primo motivo determina l'assorbimento delle ulteriori questioni prospettate in via subordinata: - violazione e falsa applicazione dell'art. 64 del Codice doganale comunitario in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. (secondo motivo); - violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. in relazione alfa 360, comma 1, n. 3 c.p.c. Sull'illegittima inversione dell'onere della prova a carico della società contribuente. Violazione e falsa applicazione dell'art. 7 dello Statuto dei diritti del contribuente circa l'omessa motivazione degli atti impositivi impugnati (terzo motivo); - violazione e falsa applicazione dell'art. 9 del d.P.R. n. 633/1972 in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 e 5 c.p.c. con riferimento alle spese di sbarco THC, avendo il giudice d'appello omesso ogni pronuncia in merito ad una questione decisiva per il giudizio oggetto di contraddittorio tra le parti processuali (quarto motivo).
4. - La sentenza va dunque cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 7 marzo 2019.
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