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In particolare, dal caso di cronaca dell’ultima settimana, sembra a grandissime linee intravedersi (ma potrebbe essere, e me lo spero, un’ipotesi irrealistica), una possibile “interpretazione” idonea a permettere ai funzionari di formare avvisi di accertamento a carico di tutti gli youtuber che non hanno aperto partita IVA pur avendo percepito redditi significativi.
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Poniamo che lo youtuber abbia percepito guadagni tramite la c.d. monetizzazione e quindi la sua controparte sia Google Irlanda (che è proprietaria di Youtube).
Poniamo che lo youtuber, magari 4 anni fa, abbia dichiarato tutto quanto percepito e pagato le tasse al 100%, ma non abbia aperto partita IVA. D’altronde, non c’è neanche oggi il codice attività dello youtuber (e quindi ancor meno chiaro era, 4 anni fa, come inquadrare fiscalmente l’attività, ed, inizialmente, che si trattasse di attività “professionale” era tutt’altro che “evidente”).
Ora, se questo youtuber dell’esempio avesse aperto partita IVA comunque non avrebbe dovuto versare l’IVA all’Agenzia delle Entrate, perché quella stessa IVA, in relazione a quelle stesse operazioni, spetta versarla a Google Irlanda in inversione contabile.
Tuttavia, un funzionario dell’Agenzia delle Entrate, potrebbe pensarci un po' (ed i bonus prospettici possono essere un incentivo al “pensiero”) e così farsi venire l’idea di contestare a quel youtuber, in dipendenza dell’omessa apertura della partita IVA, l’omesso versamento IVA calcolato sulle somme percepite (senza neanche interrogarsi sul fatto che il contribuente non avrebbe dovuto “in concreto” versare l’IVA se avesse aperto partita IVA).
Quindi, anche se aprendo la partita IVA non sarebbe cambiato nulla quanto ad incassi dell’Agenzia delle Entrate (che anzi probabilmente avrebbe incassato meno e non di più, dato che, aperta la partita IVA, lo youtuber si sarebbe “scaricato” i costi sostenuti per la sua attività), abbracciando questa tesi il funzionario si è creato un modo semplicissimo per chiedere l’immediato pagamento (entro 60 giorni) di migliaia di euro (a volte centinaia di migliaia di euro) a titolo di IVA non versata (cifra dipendente dagli importi percepiti, e coincidente con l’aliquota IVA).
A tutto ciò il funzionario potrebbe decidere di aggiungere la richiesta di sanzioni e interessi, che di regola comporta un incremento almeno del doppio (per fare degli esempi concreti e reali, qualche tempo fa avevo parlato di accertamenti in cui, a fronte di imposte asseritamente evase per circa 180.000,00 euro, l’Agenzia delle Entrate chiedeva in pagamento circa 500.000,00 euro, ciò per dare un metro di paragone all’incidenza delle sanzioni e degli interessi; caso quest’ultimo, in cui, peraltro, alla fine l’Agenzia non ha preso proprio niente in quanto l’atto è stato integralmente annullamento in esito al processo).
Ciò sebbene esista in ambito tributario una ben precisa causa di non punibilità (che rende illegittima l’irrogazione di sanzioni) dipendente dall’esistenza al tempo degli eventi di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni tributarie.
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Insomma, potrebbe venir in mente a qualche funzionario dell’Agenzia delle Entrate di far piovere sugli youtuber una serie di questionari e formare così avvisi di accertamento in serie.
D’altronde, il funzionario che accolga una simile “tesi” potrà semplicemente limitarsi a:
1) vedere chi ha più iscritti al canale (o followers);
2) controllare l’apertura a tale nome della partita IVA;
3) inviare questionari a tutti quelli che la partita IVA non l’hanno aperta, con cui chiede alcune informazioni (che già ha, dato che nell’esempio parliamo di redditi dichiarati in toto), magari per dire, in un secondo momento, che vi è stato il “contraddittorio”;
4) inviare avvisi di accertamento in cui chiede, in aggiunta a tutte le tasse già pagate dallo youtuber, IVA (il 22% in più rispetto a quanto percepito) ed, in più, sanzioni e interessi che faranno raddoppiare (se non triplicare) gli importi.
Ed ecco così che lo youtuber, che magari ha guadagnato, con la propria passione, posta a beneficio di tutti i suoi iscritti, 200.000,00 euro, e che ci ha già pagato le tasse al 100% (se nello scaglione del 43% avrà pagato 86.000,00 euro), si vedrà recapitare una richiesta potenziale, ad esempio anche di 110.000,00 euro (44.000,00 euro come IVA, ed in più sanzioni ed interessi, poniamo pari - ed è cifra minore dell’esempio reale di sopra – ad un aumento del 150%, ossia 66.000,00 euro).
Considerato che su 200.000,00 euro che lo youtuber aveva guadagnato con le proprie passioni ne aveva già pagato 86.000,00, e che oggi gli chiedono altri 110.000 euro, per un totale di 196.000,00 euro incamerati dall’Agenzia delle Entrate, gli resteranno 4.000,00 euro, perché il resto dei soldi saranno stati incamerati dalla struttura statale sotto la bandiera della caccia all’evasore.
Il tutto in un caso in cui, se anche lo youtuber avesse operato inizialmente come ipotizzato dal funzionario (ossia aprendo partita IVA), l’Agenzia delle Entrate non avrebbe incassato un euro in più dallo youtuber (visto che l’IVA è a carico di Google Irlanda).
Ovviamente tutto ciò se l’omesso versamento derivante dall’ “idea” del funzionario non sia addirittura sopra soglia penale, perché, se lo fosse, allora lo youtuber si vedrà pure incriminato penalmente dietro segnalazione penale del funzionario dell’Agenzia (tuttavia, fortunatamente, i PM, diversamente da chi percepisce i bonus all’interno dell’Agenzia delle Entrate, non percepiscono bonus se trovano un colpevole e quindi non sono in alcun modo incentivati a “vedere” ovunque l’esistenza di un’evasione d’imposta).
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Ma la mia è solo un’ipotesi, perché se fosse veramente così, saremo in prima linea a contestare in Commissioni Tributaria questo genere di impostazione e questo genere di tesi, che soffoca l’iniziativa e l’innovazione, chiedendo l’annullamento completo degli avvisi di accertamento emessi nei confronti degli youtuber.
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