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Se il contribuente non è stato avvisato della data dell’udienza tutti gli atti successivi sono nulli, compresa la sentenza sfavorevole. Accolto il ricorso dei contribuenti.

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Estratto: “L'omessa comunicazione alle parti dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione determina dunque la nullità di tutti gli atti successivi e dipendenti del procedimento, nonché della decisione comunque pronunciata (Cass. n. 21985 del 24/10/2011; n. 23607 del 20/12/2012; n. 11487 del 14/5/2013; n. 1786 del 29/1/2016; n. 18279 del 11/7/2018; n. 27837 del 31/10/2018)”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 14638 del 29 maggio 2019

Rilevato che:

La società C. s.a.s. ed i soci PC e WC impugnavano, con distinti ricorsi, gli avvisi di accertamento - rispettivamente emessi ai fini IRAP e I.V.A. a carico della società ed ai fini IRPEF a carico dei soci, in relazione all'anno d'imposta 2004 - con i quali l'Agenzia delle Entrate aveva accertato maggiori ricavi, ai sensi dell'art. 62-sexies del d.l. n. 331/1993, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, a seguito di rituale instaurazione del contraddittorio. La Commissione tributaria provinciale, con sentenza n. 38/01/2011, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva sul presupposto della dimostrata precarietà della situazione aziendale, considerato che l'attività di locazione di immobili era limitata a soli cinque beni rispetto a quelli disponibili (n. 23), con la conseguenza che i ricavi stimati sulla base degli studi di settore, fondati su criteri parametrici, non potevano essere considerati attendibili. Interposto appello dall'Ufficio, la Commissione tributaria regionale adita lo accoglieva, confermando la legittimità degli atti impositivi, motivando che la parte contribuente né in sede di preventivo contraddittorio, né con il ricorso introduttivo aveva fornito adeguate giustificazioni a sostegno dei minori ricavi dichiarati rispetto a quelli risultanti dall'applicazione dello studio di settore; evidenziava, altresì, che neppure le circostanze addotte dalla contribuente avevano trovato adeguato riscontro nei dati indicati dalla società nella dichiarazione dei redditi, dal cui esame si rilevavano diverse anomalie in relazione agli ammortamenti, al numero degli immobili oggetto di locazione ed ai costi per il personale sostenuti in misura superiore ai ricavi.

Ricorrono per la cassazione della suddetta decisione la società C. s.a.s. ed i soci PC e WC, affidandosi a quattro motivi.

L'Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione.

Considerato che:

1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., nullità del procedimento e della sentenza impugnata per violazione degli artt. 31 e 61 del d.lgs. n. 546/1992, nonché degli artt. 101 e 156, comma 2, cod. proc. civ., in quanto, pur essendosi costituiti nel giudizio di appello mediante deposito di articolate controdeduzioni, depositate presso la Commissione regionale in data 25 ottobre 2011, la segreteria della Commissione tributaria, come documentato dalla certificazione dalla stessa rilasciata allegata al ricorso per cassazione, ha omesso di dare comunicazione ai contribuenti della data dell'udienza pubblica, con conseguente violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio.

2. Con la seconda censura lamentano, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 62- bis e 62-sexies del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, nonché dell'art. 10 della I. 8 maggio 1998, n. 146, per avere i giudici di appello ritenuto legittimo il ricorso all'accertamento fondato sugli studi di settore. Evidenziano, al riguardo, che nel giudizio di merito, con apposita documentazione, indicata nel ricorso introduttivo proposto dinanzi alla Commissione provinciale e richiamata nelle controdeduzioni all'appello dell'Agenzia delle Entrate, avevano dimostrato che nell'anno 2004, oggetto di contestazione, la attività di locazione di immobili, in conseguenza della crisi operativa del settore, aveva subito una netta riduzione che aveva inevitabilmente inciso sul normale svolgimento della attività, tanto da non rendere più proponibile una automatica applicazione degli studi di settore; avevano, in particolare, offerto documentazione comprovante l'affitto di soli cinque immobili, l'esistenza di un solo dipendente, che era il socio accomandante, l'esistenza di plusvalenze da vendite che avevano concorso alla determinazione del reddito imponibile che, unitamente ai ricavi derivanti dai canoni di locazione, costituivano il complessivo reddito della società, nonché l'incidenza sui redditi conseguiti del particolare territorio in cui erano situati gli immobili, ma tali circostanze non erano state adeguatamente valutate dalla Commissione regionale che aveva riconosciuto fondata la pretesa dell'Ufficio, dando valore al solo risultato statistico emergente dallo studio di settore, che, nel caso di specie, proprio in considerazione della situazione di «anormalità» in cui si era trovata ad operare le società, non poteva essere ritenuto idoneo a cogliere la capacità produttiva della stessa.

3. Con il terzo motivo censurano la decisione impugnata per violazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., ribadendo che i giudici di secondo grado non hanno compiutamente valutato le risultanze processuali e probatorie, nonostante la società avesse replicato in modo puntuale a tutte le contestazioni ed i rilievi mossi dall'Amministrazione finanziaria.

4. Con il quarto motivo, censurano la sentenza impugnata per omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, ribadendo che la Commissione regionale ha del tutto omesso di valutare le deduzioni difensive svolte dai contribuenti nelle controdeduzioni depositate nel giudizio d'appello, per cui la motivazione risulta carente, anche alla luce di quanto statuito da questa Corte con la sentenza n. 21041 del 12 ottobre 2010.

5. Il primo motivo è fondato.

5.1. Nel processo tributario, a norma dell'art. 31 del d.lgs. n. 546/1992, applicabile anche al giudizio di appello in relazione al richiamo operato dall'art. 61 del medesimo decreto, la segreteria della Commissione tributaria deve dare comunicazione alle parti costituite della data di trattazione del ricorso almeno trenta giorni liberi prima. Tale adempimento si rivela essenziale al fine della corretta attuazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, posto che con riferimento alla data di trattazione decorrono per le parti i termini di decadenza per il deposito di documenti, memorie illustrative e repliche scritte. L'omessa comunicazione alle parti dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione determina dunque la nullità di tutti gli atti successivi e dipendenti del procedimento, nonché della decisione comunque pronunciata (Cass. n. 21985 del 24/10/2011; n. 23607 del 20/12/2012; n. 11487 del 14/5/2013; n. 1786 del 29/1/2016; n. 18279 del 11/7/2018; n. 27837 del 31/10/2018).

5.2. Dalla verifica degli atti prodotti unitamente al ricorso per cassazione emerge che gli odierni ricorrenti (parti appellate nel giudizio di merito a quo) si sono costituiti dinanzi alla Commissione tributaria regionale in data 25 ottobre 2011 mediante deposito di controdeduzioni (doc. 9) e che non è stata loro comunicata l'udienza di trattazione innanzi al giudice d'appello, come risulta da foglio estratto dal sistema informatico della Commissione tributaria regionale (doc. 11), dal quale si evince che la comunicazione è stata effettuata esclusivamente nei confronti dell'Agenzia delle Entrate.

5.3. Anche se l'art. 31, comma 1, del d.lgs. n. 546/1992 prevede che la comunicazione in esame deve avvenire nei soli confronti delle «parti costituite», lasciando intendere che la disposizione presuppone una costituzione tempestiva della parte resistente, ossia nel rispetto dei termini previsti dal combinato disposto di cui all'art. 54, comma 1, e 23, comma 1, del d.lgs. n. 546/1992, deve rilevarsi che questa Corte ha già avuto modo di affermare il principio, che questo Collegio ritiene di dover confermare, secondo il quale « la tardività della costituzione in giudizio del resistente - disciplinata dall'art. 23 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, richiamato, per il giudizio di appello, dall'art. 54 - non comporta, sia in base alle norme indicate, sia alla stregua delle disposizioni contenute nel codice di procedura civile (alle quali rinvia l'art. 1 del citato d.lgs.), alcun tipo di nullità, stanti la mancata previsione di simile sanzione ed il principio di tassatività delle relative cause, ex art. 156 cod. proc. civ., ma determina soltanto la decadenza dalla facoltà di chiedere e svolgere attività processuali eventualmente precluse» (Cass. n. 21212 del 5/11/2004; n. 21059 del 8/10/2007; n. 4712 del 25/2/2013). Ne discende che la tardiva costituzione non può avere come conseguenza la esclusione dal diritto ad essere destinatario della comunicazione dell'udienza di trattazione, salvo nel caso in cui detta costituzione sia avvenuta in un momento successivo a quello nel quale l'avviso di trattazione sia già stato inoltrato. Nel caso in esame, la costituzione delle parti appellate è avvenuta il giorno 25 ottobre 2011, mentre l'avviso di trattazione, che ha come unica destinataria l'Agenzia delle Entrate, risulta emesso in data 3 febbraio 2012 e, quindi, in data successiva a quella di costituzione delle parti appellate, che avevano dunque diritto a ricevere la comunicazione dell'avviso di fissazione dell'udienza di trattazione.

6. La trattazione dell'appello in pubblica udienza, senza preventivo avviso agli odierni ricorrenti, integra dunque nullità processuale che travolge la sentenza impugnata, ma non determina la retrocessione del processo alla Commissione tributaria regionale, ove non siano necessari accertamenti di fatto nel merito e debba essere decisa soltanto una questione di mero diritto, atteso che il principio costituzionale della ragionevole durata del processo impedisce di adottare decisioni che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, comportino l'allungamento dei tempi del giudizio (Cass. n. 21985 del 24/10/2011; n. 27496 del 30/12/2014; n. 1786 del 29/1/2016; n. 19579 del 24/7/2018).

6.1. Come è stato chiarito da questa Corte, in tal senso depone, da un lato, il carattere dell'appello, che anche nel processo tributario costituisce un gravame generale a carattere sostitutivo, che impone al giudice dell'impugnazione di pronunciarsi e decidere nel merito della controversia e, dall'altro, la regola ormai consolidata che i casi previsti dal d.lgs. n. 546 del 1992, art. 59, di nullità verificatesi in primo grado che comportano la rimessione del processo al primo giudice sono tassativi (Cass. n. 17127 del 3/8/2007; Cass. n. 27496 del 30/12/2014) e che tra essi non rientra l'ipotesi in esame. Sul punto si è anche precisato, sia pure con riferimento alla norma omologa dell'art. 354 cod. proc civ. dettata per il processo civile, che tale interpretazione non è in contrasto né con il principio del doppio grado di giurisdizione, né con il diritto di difesa, che appare ampiamente salvaguardato dalla previsione del potere dovere del giudice di appello di decidere la causa nel merito (Cass. n. 8993 del 5/6/2003). La stessa regola vale ovviamente anche per il giudizio di legittimità ove non siano necessari accertamenti di fatto nel merito.

6.2. Nella fattispecie in esame, la questione sottoposta all'esame di questa Corte riguarda la dedotta non corretta applicazione dell'accertamento fondato sugli studi di settore in considerazione della presenza di elementi di fatto che dovrebbero indurre a ritenere «anomala» la situazione della società contribuente rispetto a quella considerata dagli studi di settore applicati, sicchè tale questione, il cui esame impone una adeguata e puntuale valutazione di tutte le risultanze probatorie acquisite agli atti, involge accertamenti di fatto che devono essere devoluti al giudice di merito, essendo preclusi al giudice di legittimità.

7. L'accoglimento del primo motivo di ricorso consente di ritenere assorbiti i restanti motivi. La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, che provvederà al riesame della controversia, oltre che alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità

 

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