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Contribuente ottiene la cassazione della sentenza che aveva confermato l’annullamento solo in parte e non in toto dell’avviso. Dalla sentenza deve risultare che sono state esaminate le ragioni del contribuente.

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Estratto: “Dalla sentenza impugnata non risulta alcuna disamina dell'atto di impugnazione e delle ragioni del contribuente, né emergono gli elementi che giustificano il convincimento del giudice, per cui è impossibile ogni controllo sull'esattezza e logicità del suo ragionamento. Le caratteristiche appena descritte rendono la sentenza impugnata affetta da nullità, per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., in quanto corredata da motivazione solo apparente, non espressione di un autonomo processo deliberativo”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 14636 del 29 maggio 2019

Rilevato che:

La società M. s.r.l. impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Avellino avviso di accertamento, relativo all'anno d'imposta 2004 - con il quale l'Agenzia delle Entrate rideterminava, ai fini IRES, IRAP e I.V.A., il reddito d'impresa - deducendo che la ricostruzione dei ricavi era stata operata sulla base dell'erronea applicazione di una percentuale «media» di ricarico in luogo di quella «ponderata». I giudici di primo grado, accogliendo parzialmente il ricorso, riducevano i maggiori ricavi accertati, rilevando che la riduzione era rispondente «a quanto accordato dall'Ufficio in sede di contraddittorio tra le parti per l'accertamento con adesione (come risultava dal processo verbale ex artt. 2 e 6 d.lgs. n. 218/97 - in data 10.10.2007 allegato agli atti di causa) e chiesto dalla parte ricorrente con il proposto ricorso e ribadito con la memoria difensiva». In esito all'appello proposto dalla contribuente, la Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la sentenza di primo grado, ritenendo non meritevole di accoglimento l'appello, osservando: «La sentenza appellata ha determinato i maggiori ricavi accertati dall'Agenzia riducendo l'importo da euro 70.423,00 ad euro 49.279,00 non per arbitraria affermazione ma tenendo presente la proposta accordata dall'Ufficio in sede di contraddittorio con la parte ricorrente a seguito di accertamento con adesione. Si ritiene pertanto condivisibile la valutazione dei giudici di prime cure e di compensare le spese tra le parti in giudizio».

Per la cassazione della suddetta decisione ricorre la M. s.r.I., con quattro motivi. L'Agenzia delle Entrate resiste mediante controricorso.

Considerato che:

1. Con il primo motivo, la ricorrente, denunciando nullità della sentenza, per violazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ, nonché degli artt. 7 e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., sostiene che la Commissione tributaria regionale ha totalmente omesso di esaminare i motivi di appello, con i quali aveva eccepito l'illegittimità dell'avviso di accertamento, per violazione degli artt. 2727 cod. civ. e 39 del d.P.R. n. 600/1973, per avere i verificatori accertato maggiori ricavi sostituendo la percentuale di ricarico dichiarata con una diversa, calcolata utilizzando la media aritmetica semplice e ponendo a base del calcolo i prezzi di vendita rilevati alla data della verifica (anno 2007) e non già quelli praticati nell'anno d'imposta oggetto di accertamento (anno 2004).

2. Con il secondo motivo, la contribuente deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e lamenta che dalla sentenza gravata non è possibile evincere l'iter logico argomentativo seguito dal giudice di merito, né verificare gli elementi di prova posti a fondamento della decisione e, quindi, comprendere quali siano le ragioni che lo abbiano indotto a ritenere legittimo l'atto impositivo.

3. Con il terzo motivo, deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., nonché dei principi in materia di onere della prova, per avere i giudici regionali omesso di rilevare che il metodo di determinazione della percentuale di ricarico sostituita era viziato, essendo basato su una media, semplice e non ponderata, dei prezzi di vendita relativi solo ad alcuni prodotti e sull'utilizzazione di prezzi di rivendita praticati nel 2007 e non nell'anno oggetto di accertamento (il 2004).

Ad avviso della ricorrente, tale metodo di accertamento viola il disposto normativo di cui all'art. 2727 cod. civ., considerato che il fatto noto da cui desumere il fatto ignoto, ossia i ricavi non dichiarati, risulterebbe da una percentuale di ricarico ricavata dall'esame di fatture di acquisto e dai prezzi di vendita praticati tre anni dopo rispetto all'anno oggetto di accertamento e relativi solo ad alcuni dei beni commercializzati.

4. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 39, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., nonché dell'art. 53 Cost., per avere la Commissione regionale omesso di dichiarare l'illegittimità dell'avviso di accertamento impugnato benchè non fondato su presunzioni connotate dai requisiti di gravità, precisione e concordanza.

5. Il primo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti motivi.

5.1. Va premesso che risultano soddisfatti i requisiti di specificità ed autosufficienza del mezzo di ricorso, come delineati dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U, n. 7074 del 20/3/2017), secondo cui « In tema di ricorso per cassazione, ove la sentenza di appello sia motivata per relationem alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l'onere ex art. 366, n. 6, c.p.c., occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonché le critiche ad essa mosse con l'atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali». Il ricorso riporta infatti le statuizioni della sentenza di primo grado e le censure mosse alle stesse con l'atto d'appello.

5.2. Secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016).

Come è stato ribadito di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte, l'obbligo di motivazione previsto in via generale dall'art. 111, comma 6, Cost. e, nel processo civile, dall'art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., deve intendersi violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass. Sez. U., n. 9279 del 3 aprile 2019).

5.3. Nel caso di specie, la Commissione regionale si è limitata a motivare per relationem, richiamando il contenuto della sentenza di primo grado, mediante mera adesione ad esso, ma tale richiamo è generico ed inidoneo a soddisfare quel contenuto «minimo costituzionale» che la motivazione deve avere per non incorrere nella violazione di legge, dovendo la motivazione evidenziare gli elementi che giustifichino il convincimento del giudice e ne rendano possibile il controllo di legittimità (Cass. Sez. U., n. 8053 del 2014).

5.4. Questa Corte è infatti ferma nel ritenere che la motivazione per relationem è valida a condizione che i contenuti mutuati siano fatti oggetto e di autonoma valutazione critica e le ragioni della decisione risultino in modo .../ chiaro, univoco ed esaustivo (Cass. Sez. U, n. 14814 del 14/6/2008), essendo il giudice d'appello tenuto ad esplicitare le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado con riguardo ai motivi di impugnazione proposti (Cass. n. 4780 del 11/3/2016; Cass. n. 16612 del 7/8/2015; n. 15664 del 9/7/2014; n. 22022 del 21/9/2017), sicchè deve considerarsi nulla la sentenza d'appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consente di appurare che alla condivisione della decisione di primo grado il giudice d'appello sia pervenuto attraverso l'esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa adeguata e specifica considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello proposti (Cass. n. 27112 del 25/10/2018; Cass. n. 3320 del 19/2/2016; n. 25623 del 21/12/2015; n. 20648 del 14/10/2015; n. 2268 del 2006).

5.5. La mera adesione a quanto ritenuto in primo grado, di per sé, non risulta, dunque, sufficiente a far ritenere che si sia assolto l'onere di motivazione, essendo invece necessario che da tale adesione si ricavi, seppure sinteticamente, l'iter logico posto a fondamento della decisione di appello e le ragioni che hanno indotto la Commissione regionale a fare proprie le conclusioni cui è pervenuta la Commissione provinciale.

5.6. Dalla sentenza impugnata non risulta alcuna disamina dell'atto di impugnazione e delle ragioni del contribuente, né emergono gli elementi che giustificano il convincimento del giudice, per cui è impossibile ogni controllo sull'esattezza e logicità del suo ragionamento. Le caratteristiche appena descritte rendono la sentenza impugnata affetta da nullità, per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., in quanto corredata da motivazione solo apparente, non espressione di un autonomo processo deliberativo.

6. In conclusione, va accolto il primo motivo, assorbiti gli altri, e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, per il riesame del merito della controversia e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

 

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