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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 12913 del 15 maggio 2019
FATTI DI CAUSA
1. l'Agenzia delle Dogane ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza (indicata in epigrafe) di accoglimento dell'appello proposto da C. s.r.l. (rappresentante indiretto dell'importatore) avverso la sentenza n. 364/21/2012 emessa dalla CTP di Milano. Quest'ultima, a sua volta, aveva rigettato l'impugnazione proposta dal contribuente avverso atto di contestazione di sanzioni (n. XXX, prot. XXX), del 26 giugno 2010 e notificato il 6 settembre 2010, e «provvedimento di liquidazione di nuovi tributi» n. XXX (emesso, dal Direttore regionale dell'A.D. ed all'esito di controversia doganale, il 24 novembre 2011 e notificato il 25 novembre 2011).
2. Per quanto emerge dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte, i fatti di causa sono sinteticamente ricostruiti come di seguito.
3. Il contribuente, in qualità di rappresentante indiretto, presentò presso le dogane dichiarazione relativa all'importazione di riso (bolletta XXX). La relativa merce fu sottoposta a controllo doganale e campionatura, con spedizione di campione per l'analisi il 26 marzo 2008 (prima spedizione seguita da altra). Nonostante il controllo di cui innanzi (prima dell'esito della verifica in merito al campione prelevato), in assenza di contestazioni, l'Ufficio doganale, il 4 aprile 2008, appose sulla bolla apposita annotazione così provvedendo alla liquidazione dei diritti doganali, ivi annotando anche l'eseguita campionatura.
Successivamente, l'A.D. notificò al dichiarante l'esito degli esami eseguiti sul campione e con riferimento al quale il contribuente richiese la ripresa del contraddittorio ex art. 65 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di seguito: «TULD»). Il 28 maggio 2010 l'A.D. chiese al contribuente il pagamento del maggior importo a titolo di dazi (atto prot. XXX) ed il 4 giugno 2010 il contribuente, ritenendolo viziato, chiese la redazione del verbale di controversia doganale, ex art. 65 TULD, che, redatto il 30 giugno 2010 (prot. 40371), il 28 luglio 2010 fu impugnato innanzi al Direttore Regionale dell'A.D. (ex art. 66 TULD). Nelle more della detta controversia doganale, fu emesso (il 26 giugno 2010) e notificato il 6 settembre 2010 al rappresentante indiretto atto di contestazione di sanzione n. XXX (prot. XXX). All'esito della detta controversia, invece, fu emesso (il 24 novembre 2011) dal Direttore Regionale dell'A.D. «provvedimento di liquidazione di nuovi tributi», n. XXX, notificato al contribuente il 25 novembre 2011).
4. Contro i due provvedimenti furono proposte autonome impugnazioni innanzi al Giudice tributario che, dopo averle trattate in sImultaneus processus, le rigettò (con sentenza n. 364/21/2012).
5. Avverso la sentenza di primo grado l'appello, proposto dalla sola contribuente, fu accolto dalla CTR, con la sentenza oggetto di attuale ricorso per cassazione. Essa argomentò in forza del decorso del termine decadenziale per la notifica della rettifica dell'accertamento definitivo, di cui all'art. 11, comma 5, del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374, in quanto avvenuta oltre i tre anni dalla data della definitività dell'accertamento (coincidente con l'annotazione sulla bolletta effettuata dall'Ufficio il 4 aprile 2008). Nel dettaglio, la CTR ritenne «dirimente ai fini della risoluzione della controversia la definizione dell'accertamento così come disciplinata dall'art. 9 del d.lgs. n. 374 del 1990», sostanzialmente considerando il «provvedimento di liquidazione di nuovi tributi» (n. XXX), emesso dal Direttore Regionale dell'A.D. all'esito della controversia doganale (notificato al contribuente il 25 novembre 2011), alla stregua di una rettifica dell'accertamento definitivo.
Così, letteralmente, statuì il Giudice di merito. Ai sensi del citato art. 9. «se da controlli non sono emesse difformità rispetto alla dichiarazione scritta i cui contenuti sono indicati nell'art. 4» dello stesso decreto «l'Ufficio doganale provvede alla liquidazione dei diritti doganali, confermando o rettificando l'ammontare degli stessi indicati dal dichiarante. Ciò nel caso in questione è avvenuto con la bolletta doganale XXX e l'annotazione che costituisce la data in cui l'accertamento è divenuto definitivo (art. 9, comma 2, d.lgs. n. 374/1990) è stata apposta in data 4.4.2008. Da questa ultima data con la consegna della bolletta è consentito il rilascio della merce con l'importazione definitiva in uno Stato dell'Unione europea e quindi il bene importato diviene comunitario ad ogni effetto quindi la sua immissione in libera circolazione nei paesi dell'Unione Europea». Sicché, la CTR concluse considerando il «provvedimento di liquidazione di nuovi tributi» (n. XXX) alla stregua di una rettifica dell'accertamento ormai divenuto definitivo, effettuata in base all'esito degli esami sui campioni, ed in quanto tale soggetta, la sua notificazione, al termine triennale di decadenza, di cui all'art. 11, comma 5, del d.lgs. n. 374 del 1990, nella specie decorrente dal 4 aprile 2008 ed in concreto già decorso alla data della notifica (il 25 novembre 2011). Priva di pregio fu infine ritenuta dalla Commissione regionale l'annotazione sulla bolletta del numero di spedizione del campione in laboratorio, stante comunque l'assenza di contestazioni in merito alla dichiarazione presentata dal rappresentante indiretto e la conseguente annotazione da parte dell'Ufficio sulla detta bolletta, con liquidazione dei diritti doganali. In particolare, l'annotazione dell'intervenuta campionatura non avrebbe reso l'accertamento «in sospeso», diversamente da quanto argomentato dall'A.D. in sede di controdeduzioni.
5. Contro la sentenza d'appello l'A.D. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, ed il contribuente si difende con controricorso (sostenuto da memoria), con il quale evidenzia taluni profili di inammissibilità dei motivi oltre a chiederne comunque il rigetto.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso, nonostante l'ammissibilità dei relativi motivi in quanto pertinenti e specifici, non merita accoglimento, per le ragioni e nei termini di seguito evidenziati.
2. Con il motivo n. 1 di ricorso, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 61 e 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. In sostanza, ci si duole della ritenuta violazione dell'art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 dovuta all'assenza nella sentenza impugnata dell'esposizione, ancorché concisa, dello svolgimento del processo, e delle «questioni di fatto e di diritto sulle quali è sorta la controversia tra le parti» e conseguente «impossibilità di individuare il thema decidendum».
2.1. Il motivo è infondato, ancorché ammissibile nei termini di cui innanzi e differentemente da quanto meramente prospettato e non circostanziato dal controricorrente (alla tredicesima pagina-ultimo capoverso della lettere B). Trova in particolare applicazione il costante orientamento di questa Corte in ordine alle condizioni di legittimità della sentenza d'appello motivata per relationem oltre che in merito alla nullità della sentenza per motivazione meramente apparente, dal quale non vi è motivo per discostarsi. In tema di processo tributario, difatti, è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell'art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell'illustrazione delle critiche mosse dall'appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la Commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare per relationem alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa. Ciò in quanto, in tal modo, resta impossibile l'individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l'esame e la valutazione dell'infondatezza dei motivi di gravame (ex plurimis Cass. sez. 6 -5, 18/04/2017, n. 9745, Rv. 643800-01; si vedano anche, in senso sostanzialmente conforme, Cass. sez. 5, 23/10/2003, n. 15951, Rv. 567632-01, Cass. sez. 5, 22/09/2003, n. 13990, Rv. 567045-01, e Cass. sez. 5, 12/02/2001, n. 1955, Rv. 543786-01, nonché, in termini generali circa la nullità della sentenza per la mancata esposizione dello svolgimento del processo, Cass. sez. 4, 19/03/2009, n. 6683, Rv. 608052-01). La sentenza d'appello, pertanto, può essere motivata per relationem, purché il Giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché, dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente. Per converso, va cassata la decisione con la quale il Giudice d'appello si sia limitato ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. sez. 4, 05/11/2018, n. 28139, Rv. 651516-01; si vedano, altresì, per le condizioni di legittimità della motivazione per relationem alla sentenza di primo grado, tra le tante: Cass. sez. 5, 05/10/2018, n. 24452, Rv. 650527-01; Cass. sez. 6-5, 21/09/2017, n. 22022, Rv., 645333-01; Cass. sez. 6-5, 26/06/2017, n. 15884, Rv. 644726-01; Cass. sez. 1, 19/07/2016, n. 14786, Rv. 640759-01). Nella fattispecie, il principio di cui innanzi è stato rispettato dalla CTR che ha esposto lo svolgimento del processo (anche in primo grado) oltre che le questioni in fatto ed in diritto in maniera concisa e succinta ma tale da rendere possibile l'individuazione del thema decidendum, con particolare riferimento non solo all'oggetto dell'impugnazione in primo grado ma anche in merito alla doglianza fondante l'appello, dalla stessa Commissione ritenuta determinante ai fini dell'accoglimento dell'impugnazione. Il riferimento è in particolare alla definitività dell'accertamento ex art. 9 del d.lgs. n. 374 del 1990 e conseguente decadenza dell'A.D. dalla notificazione della rettifica di esso (ravvisata, la rettifica, nel «provvedimento di liquidazione di nuovi tributi», n. XXX, emesso dal Direttore Regionale dell'A.D. all'esito della controversia doganale, successiva all'avvenuta definitività dell'accertamento). Risultano pertanto nella specie richiamati (nella parte in fatto ed in quella fondamentale dedicata alla motivazione) i tratti essenziali della lite ed individuati gli elementi di fatto ed in diritto considerati o presupposti nella decisione e costituenti il fondamento della stessa, tanto da escludere anche l'ipotesi di mera apparenza motivazionale adombrata dal ricorrente (per la motivazione meramente apparente si vedano, ex plurimis, che sembra paventare il motivo di ricorso (Cass. Sez. U., 03/11/2016, n. 22232, Rv. 641526-01; Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053, Rv. 629830-01, e n. 8054, ancorché inerenti fattispecie ricadenti nella nuova formulazione dell'art. 360 c.p.c. ad opera dell'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 86, conv., con modif., dalla I. 7 agosto 2012, n. 234).
3. Con il motivo n. 2 di ricorso, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deducono «violazione e falsa applicazione» dell'art. «221 CDC (Reg. CEE n. 2913/92) e degli artt. 8, 9 ed 11 del d.lgs. n. 374 del 1990». In sostanza, ci si duole della ritenuta definitività dell'accertamento doganale (ex art. 9 del d.lgs. n. 364 del 1990) nel caso di eseguita annotazione sulla bolletta da parte dell'Ufficio in assenza di rilevate difformità rispetto alla dichiarazione (ex art. 9 cit.) ma con annotazione nella stessa bolletta dell'avvenuta campionatura. Per il ricorrente, altresì, nonostante l'annotazione ex art. 9 cit., in assenza di rilevate difformità rispetto alla dichiarazione, l'accertamento sarebbe stato erroneamente ritenuto definitivo nonostante l'instaurazione di controversia doganale (ex art. 65 e ss. del TULD), ancorché successiva all'annotazione sulla bolletta. Nelle ipotesi di cui innanzi, in conclusione, sempre a detta dell'A.D, l'accertamento non potrebbe ritenersi definitivo ai sensi dell'art. 9 del d.lgs. n. 374 del 1990 ma «in sospeso» ovvero «in itinere». Ne conseguirebbe quindi l'impossibilità di considerare rettifica dell'accertamento definitivo (ex art. 11 dello stesso decreto) il provvedimento di liquidazione di maggiori tributi emesso dal Direttore Regionale dell'A.D all'esito della controversia doganale, ancorché instaurata dopo la detta annotazione sulla bolletta. Sicché, per il ricorrente, il termine triennale di decadenza dalla notificazione dell'avviso di rettifica dell'accertamento definitivo, di cui al citato art. 11, comma 5, decorrerebbe, nella specie, non dall'annotazione da parte dell'Ufficio sulla bolletta bensì dal provvedimento emesso all'esito della controversia doganale, non costituente quindi revisione dell'accertamento.
3.1. Il motivo è infondato, ancorché ammissibile nei termini di cui innanzi in quanto non tale da richiedere una sostituzione di questa Corte in valutazioni di merito (diversamente da quanto prospettato dal controricorrente).
3.2. Le questioni giuridiche, alle quali deve darsi risposa negativa, riguardano le condizioni di definitività dell'accertamento doganale (ex art. 9 del d.lgs. n. 374 del 1990). In particolare ci si chiede se essa possa ritenersi esclusa dall'apposizione sulla bolletta, in sede di annotazione ex art. 9 cit., dell'eseguita campionatura e spedizione della stessa per l'esame, ovvero dall'instaurazione di controversia doganale (ex artt. 65 e ss. del TULD), successiva all'intervenuta annotazione. 3.3. Ai sensi dell'art. 9 del d.lgs. n. 374 del 1990, se dai controlli (eventualmente) eseguiti dall'A.D. non sono emerse difformità rispetto alla dichiarazione doganale (di cui all'art. 4 del medesimo decreto), ovvero se il dichiarante non ha contestato le difformità riscontrate nei modi di cui agli artt. 65 e ss. TULD, l'Ufficio appone sulla Bolletta (costituente la dichiarazione di cui innanzi) apposita annotazione (firmata e datata) e provvede alla liquidazione dei diritti doganali (confermando o eventualmente rettificando l'ammontare degli stessi indicato dal dichiarante). Per espresso disposto del secondo comma del detto art. 9, la data dell'annotazione sulla bolletta costituisce la data in cui l'accertamento è divenuto definitivo. La consegna della bolletta al dichiarante (previa riscossione dei tributi ovvero assunzione delle prescritte cauzioni) consente poi il rilascio della merce per la destinazione doganale richiesta (art. 9, comma 3). La disposizione di cui innanzi, circa la definitività dell'accertamento, trova poi riscontro nell'art. 67 C.D.C., per il quale «salvo disposizioni specifiche contrarie, la data da prendere in considerazione per l'applicazione di tutte le disposizioni che disciplinano il regime doganale per il quale le merci sono dichiarate è la data di accettazione della dichiarazione da parte dell'autorità doganale» (in tale ultimo senso si veda, Cass. sez. 5, 13/09/2013, n. 20938, Rv. 628161 -01, in motivazione). L'accertamento, divenuto definitivo nei descritti termini di cui all'art. 9 cit., è poi suscettibile di successiva attività di revisione ex art. 11 del medesimo decreto, su istanza di parte o d'Ufficio, con conseguente eventuale successivo avviso di rettifica di accertamento definitivo, nell'ipotesi di revisione d'ufficio, da notificare nel termine decadenziale triennale, previsto dal comma 5 dello stesso art. 11 (impugnabile innanzi al Giudice tributario).
3.4. Ne consegue la definitività dell'accertamento anche nel caso in cui in sede di annotazione sulla bolletta ex art. 9 del d.lgs. n. 374 del 1990, presupponente l'assenza di riscontrate difformità rispetto alla dichiarazione, sia annotata anche l'esecuzione di intervenuti controlli doganali con avvenuta campionatura e spedizione di campione per le analisi. La data dell'eseguita annotazione sulla bolletta, difatti, segna la data della definitività dell'accertamento, con conseguente perfezionamento della relativa procedura, non impedito né sospeso dalla campionatura (invece fisiologicamente preordinata a successivi controlli ed eventuali revisioni e rettifiche a posteriori) e dall'eventuale annotazione di tale esecuzione sulla bolletta.
3.5. Parimenti definitivo è l'accertamento all'esito della detta annotazione sulla bolletta ex art. 9 cit., sempre presupponente l'assenza di riscontrate difformità rispetto alla dichiarazione doganale al momento dell'annotazione, avvenuta preliminarmente all'eventuale instaurazione di controversia doganale ex artt. 65 e ss. TULD. Quest'ultima (controversia), attivata dal contribuente all'esito di difformità rispetto alla dichiarazione riscontrate dall'Ufficio, impedisce difatti la definitività dell'accertamento solo se antecedente all'annotazione sulla bolletta e sempre che l'Amministrazione non abbia comunque apposto la detta annotazione. Quanto innanzi si argomenta in forza della lettura sistematica non solo degli artt. 9 ed 11 del d.lgs. n. 374 del 1990 ma di questi con gli artt. 65 e ss. del TULD che, in materia di controversia doganale, si limita a regolare le contestazioni - e le loro modalità di soluzione in via amministrativa - che insorgono nel corso dell'accertamento (cfr., in motivazione, Cass. sez. 5, 13/09/2013, n. 20938, Rv. 628161 -01). Ne consegue l'inattitudine della controversia doganale ad interferire con il regime della revisione dell'accertamento doganale divenuto definitivo in forza della conclusione del suo procedimento di formazione (mediante l'annotazione sulla bolletta). Di guisa che la definitività corrisponde alla perfezione dell'accertamento che, dunque, diviene tale in forza dell'annotazione apposta ex art. 9 del d.lgs. n. 374 del 1990, non costituendo il ricorso amministrativo una fase necessaria antecedente al ricorso giurisdizionale (Corte giust., 11 gennaio 2001, in C-1799, Kofisa, confermata da Corte giust., 13 marzo 2014, in C-29/13; in merito si vedano, in motivazione, Cass. sez. 5, n. 20938/2013, cit., e Cass. sez. 5, 28/07/2010, n. 17602, Rv. 615024-01, così massinnata: «in tema di controversie doganali, secondo il sistema normativo previsto dal d.lgs. n. 374 del 1990 è da ritenere definitivo l'accertamento doganale contro cui siano stati presentati ricorsi amministrativi per la revisione, per la rettifica della revisione e per l'ulteriore verificazione della rettifica della revisione, anche se non sia ancora intervenuta la decisione amministrativa mentre l'eventuale proposizione del ricorso giurisdizionale contro l'accertamento doganale definitivo, cioè perfezionato ai sensi dell'art. 9 dello stesso decreto, preclude, la proposizione dei ricorsi amministrativi previsti dall'art. 11 del citato decreto e, se essi siano stati proposti dal contribuente, esclude l'esercizio del potere di decisione delle autorità investite della controversie in sede amministrativa", proprio in applicazione del principio è stata ritenuta legittima l'emissione di una cartella di pagamento, pur non essendosi ancora concluso il procedimento attivato con i ricorsi amministrativi»). Sicché, nella fattispecie in esame, correttamente la CTR ha considerato l'accertamento definitivo in ragione dell'intervenuta annotazione sulla bolletta da parte dell'Amministrazione ancorché seguita da controversia doganale. Altrettanto correttamente è stata riconosciuta sostanza di rettifica (del detto accertamento definitivo) al provvedimento di liquidazione di nuovi tributi emesso, dal Direttore regionale dell'A.D., all'esito della controversia doganale, con quanto ne è (correttamente) conseguito in termini di decadenza dalla notifica del provvedimento impositivo (cioè dell'avviso di rettifica ed in applicazione dell'art. 11, comma 5, del d.lgs. n. 374 del 1990).
3.6. La ricostruzione di cui innanzi e le relative argomentazioni sono poi ulteriormente confermate dalla lettura, in un'ottica di sistema, dell'art. 61 TULD. Tale norma, al comma 2, nel disciplinare le analisi e l'esame tecnico delle merci, dispone che in attesa del risultato, sempre che non vi ostino motivi di carattere economico e valutario od altre cause, la dogana «liquida provvisoriamente i diritti sulla base della dichiarazione e consente il rilascio della merce», verso prestazioni di cauzione per i maggiori diritti ai quali le merci possono andare soggette. Trattasi quindi di liquidazione provvisoria di diritti sulla base di una dichiarazione che, però, se oggetto di annotazione ex art. 9 del d.lgs. n. 374 del 1990, deve dirsi definitiva. Il risultato delle analisi o dell'esame tecnico deve poi essere notificato all'operatore ed ai sensi del terzo comma del citato art. 61 TULD si intende accettato dall'operatore, ove questi non richieda la ripresa del contraddittorio; proprio su tale base la dogana procede alla «riliquidazione dei diritti». Quest'ultima, quindi, se successiva all'annotazione ex art. 9 cit., deve intendersi alla stregua di una rettifica dell'accertamento ormai definitivo. Parimenti, il provvedimento di liquidazione di nuovi tributi emesso dal Direttore Regionale dell'A.D. all'esito della controversia doganale, se successivo all'annotazione ex art. 9 del d.lgs. n. 374 del 1990, rileva alla stregua di una rettifica di accertamento ormai definitivo, come, nella specie, correttamente ritenuto dalla CTR.
3.7. Ne consegue dunque il rigetto del motivo n. 2 in applicazione dei due seguenti principi di diritto, sanciti ex art. 384, comma 1, c.p.c. «In tema di accertamento doganale, la data dell'eseguita annotazione sulla bolletta da parte dell'Amministrazione segna, ex art. 9 del d.lgs. n. 374 del 1990, la definitività dell'accertamento, con conseguente perfezionamento della relativa procedura e decorrenza dei termini decadenziali per la notificazione dell'avviso di rettifica, di cui all'art. 11 del medesimo decreto; sicché, l'eventuale annotazione anche dell'intervenuta esecuzione di controlli doganali sulla merce, con avvenuta campionatura e spedizione per le analisi, non impedisce né sospende il perfezionamento della procedura di accertamento, in quanto relativa ad attività preordinata ed eventuali revisioni e rettifiche a posteriori». «In tema di accertamento doganale, la data dell'eseguita annotazione sulla bolletta da parte dell'Amministrazione segna, ex art. 9 del d.lgs. n. 374 del 1990, la definitività dell'accertamento, con conseguente decorrenza dei termini decadenziali per la notificazione dell'avviso di rettifica, di cui all'art. 11 del medesimo decreto, a prescindere dalla sussistenza di controversia doganale instaurata, ex art. ex art. 65 e ss. TULD, anteriormente o successivamente all'intervenuta annotazione, in quanto inidonea ad interferire con il relativo procedimento di formazione impedendone il perfezionamento.
3.8. In ragione della fattispecie concreta, come innanzi ricostruita anche dallo stesso ricorrente, non possono infine ritenersi pertinenti le deduzioni dell'A.D. fondate sull'applicazione degli artt. 221, comma 3, e 243, comma 2, del C.D.C. In materia di riscossione dell'obbligazione doganale, il citato art. 221 dispone che l'importo dei dazi contabilizzato (ai sensi degli articoli precedenti) debba essere comunicato al debitore con modalità appropriate (paragrafo 1) ed entro tre anni dalla data in cui è sorta l'obbligazione doganale (paragrafo 3). Tale termine è sospeso a partire dal momento in cui è presentato un ricorso, a norma dell'art. 243 dello stesso C.D.C., contro le decisioni dell'autorità doganale e per la durata del procedimento (paragrafo 3). L'articolo da ultimo citato, poi, nel disciplinare il «diritto di ricorso» di cui innanzi, precisa che il ricorso può essere esperito, in una prima fase, dinnanzi all'Autorità doganale designata a tale scopo dagli Stati membri, e, in una seconda fase, dinnanzi ad una Autorità indipendente, che può essere anche l'Autorità giudiziaria. Nella specie, invece, la proposizione della controversia doganale è avvenuta successivamente alla definitività dell'accertamento in quanto successivamente ad essa è stata riscontrata la ritenuta difformità rispetto alla dichiarazione.
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità che si liquidano, in favore del controricorrente ed in applicazione dei parametri ratione temporis applicabili, in complessivi euro 5.000,00, oltre al 15% per spese generali, IVA e C.N.P.A., come per legge. Per converso, nella specie, l'obbligo di versare, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228) un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione, trattandosi di Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esente dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (ex plurimis: Cass. sez. 6-4, 29/01/2016, n. 1778, Rv. 638714-01; Cass. sez. 6-4, 05/11/2014, n. 23514, Rv. 633209-01; Cass. sez. 3, 14/03/2014, n. 5955, Rv. 630550-01).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che si liquidano in complessivi euro 5.000,00, oltre al 15% per spese generali, IVA e C.N.P.A., come per legge. Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2019
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