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La nomina del rappresentante fiscale può risultare anche dalla comunicazione ex art. 36 D.P.R. 633 del 1972. L’Agenzia rivendicava un vizio di forma per evitare di rimborsare quanto spettante. Tesi errata. Rimborso dovuto.

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Estratto: “questa Corte (Cass. civ., sez. V, 11 agosto 2017, n. 20035; Cass. civ. sez. V, 18 marzo 2015, n. 5400) ha più volte precisato che in materia d'Iva, per l'adempimento degli obblighi e l'esercizio dei diritti da parte dei soggetti non residenti e senza stabile organizzazione in Italia, la nomina del rappresentante fiscale, ai sensi dell'art. 17 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e dell'art. 1 del d.P.R. 10 novembre 1997, n. 441, oltre che nelle forme previste dall'art. 53 d.P.R. n. 633 del 1972, può risultare anche dalla comunicazione della variazione dati all'Ufficio fiscale ai sensi dell'art. 35 dello stesso d.P.R., atto equipollente”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 12464 del 10 maggio 2019

rilevato che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: l'Agenzia delle entrate aveva emesso un provvedimento di diniego di rimborso Iva, relativo al primo trimestre 2007, con il quale aveva ritenuto che, essendo la contribuente un soggetto non residente, non risultava che la stessa avesse provveduto a nominare, con atto avente data certa, un proprio rappresentante fiscale, sicchè non poteva esercitare il diritto alla detrazione; avverso il suddetto provvedimento di diniego aveva proposto ricorso la contribuente; la Commissione tributaria provinciale di Ferrara aveva accolto il ricorso; avverso la suddette pronuncia aveva proposto appello l'Agenzia delle entrate; la Commissione tributaria regionale ha rigettato l'appello, in particolare ha ritenuto che: non era contestato che, per l'esercizio del diritto al rimborso e alla detrazione Iva da parte dei soggetti non residenti, la nomina del rappresentante fiscale, ai sensi dell'art. 17 del d.P.R. n. 633/1972, può avvenire anche in base ad una comunicazione all'ufficio ai sensi dell'art. 35 del medesimo decreto, con la dichiarazione di inizio attività; la contribuente si era avvalsa di tale facoltà; non aveva rilevanza la contestazione dell'Agenzia delle entrate circa la mancanza di una formale lettera di conferimento dell'incarico al rappresentante fiscale, posto che il suddetto incarico poteva dirsi conferito contestualmente alla richiesta di attribuzione della partita Iva, come previsto dall'art. 1, comma 4, del d.P.R. n. 441/1997; avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte l'Agenzia delle entrate affidato a due motivi di censura, cui ha resistito la contribuente con controricorso;

considerato che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 35 del d.P.R. n. 633/1972, nonché dell'art. 1 del d.P.R. n. 441/1997; in particolare, parte ricorrente rileva che le citate previsioni richiedono che la nomina del rappresentante fiscale avvenga con modalità idonee ad attestare l'anteriorità dell'incarico e con atti aventi data certa; nella fattispecie, la comunicazione era avvenuta con modalità telematiche senza allegazione di alcun documento e senza specificare, nella dichiarazione di inizio attività, i quadri G e H del modello telematico; in particolare quest'ultimo quadro era relativo alla comunicazione del rapporto di rappresentanza, ai sensi dell'art. 1, comma 4, del d.P.R. n. 441/1997;

il motivo è infondato; questa Corte (Cass. civ., sez. V, 11 agosto 2017, n. 20035; Cass. civ. sez. V, 18 marzo 2015, n. 5400) ha più volte precisato che in materia d'Iva, per l'adempimento degli obblighi e l'esercizio dei diritti da parte dei soggetti non residenti e senza stabile organizzazione in Italia, la nomina del rappresentante fiscale, ai sensi dell'art. 17 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e dell'art. 1 del d.P.R. 10 novembre 1997, n. 441, oltre che nelle forme previste dall'art. 53 d.P.R. n. 633 del 1972, può risultare anche dalla comunicazione della variazione dati all'Ufficio fiscale ai sensi dell'art. 35 dello stesso d.P.R., atto equipollente a quelli indicati dal citato art. 53, ai fini della valida costituzione del rapporto di rappresentanza fiscale, in quanto risponde alla "ratio" normativa di rendere tempestivamente edotta l'amministrazione finanziaria delle prescritte informazioni sul soggetto contribuente; inoltre, questa Corte (Cass. civ., n. 11696 del 2007; Cass. civ. n. 5558 del 2005; Cass. civ, n. 11455 del 2001) si è già altresì pronunciata in merito alla rilevanza dei comportamenti concludenti dei contribuenti ai fini dell'applicazione di regimi speciali, comportamenti che non rendono necessario l'adempimento di specifiche formalità, nonché in ordine alla circostanza che il rappresentante fiscale non è tenuto a giustificare il mandato con atto pubblico o scrittura privata, derivando invece dall'art. 1, comma 4, del d.P.R. n. 441 del 1997, la legittimazione ad operare sulla base della mera comunicazione all'Ufficio fiscale relativa all'inizio del rapporto di rappresentanza fiscale; la pronuncia censurata, quindi, è in linea con l'orientamento giurisprudenziale sopra illustrato, avendo ritenuto che il conferimento dell'incarico al rappresentante fiscale poteva essere ricavabile dalla comunicazione all'ufficio, ai sensi dell'art. 35 del d.P.R. n. 633/1972;

con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ., per insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio, non consentendo di apprezzare, nel percorso motivazionale, come sia pervenuta a ritenere che, nella fattispecie, vi fosse una contestualità tra il conferimento dell'incarico al rappresentante fiscale e la richiesta di attribuzione della partita Iva; il motivo è inammissibile; lo stesso non tiene conto della ratio decidendi della pronuncia censurata, fondata sulla circostanza che, secondo la previsione di cui all'art. 17 del d.P.R. n. 633/1972, la nomina del rappresentante fiscale può avvenire anche sulla base della comunicazione all'ufficio di cui all'art. 35 del medesimo decreto della dichiarazione di inizio attività; è, quindi, sulla base di tale considerazione, che trova il proprio fondamento sulla previsione normativa sopra indicata, che il giudice del gravame ha ritenuto di dovere fare conseguire la contestualità tra i due profili (conferimento dell'incarico al rappresentante fiscale e dichiarazione di inizio attività); è dunque chiaro il percorso motivazionale seguito dalla pronuncia in esame, rispetto al quale il presente motivo di censura si presente non aderente; ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente;

P.Q.M.

La Corte: rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, che si liquidano in complessive euro 3.500,00, oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento ed accessori. Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione

 

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