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Confermato l’annullamento dell’atto motivato facendo riferimento ad altri atti ma che non ne riproduce il contenuto essenziale. Rigettato il ricorso per cassazione dell’Agenzia.

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Estratto: “la pronuncia in esame, a tal proposito, ha fatto corretta applicazione dell'orientamento di questa Corte (Cass. civ. Sez. V, 28 settembre 2018, n. 23528) secondo cui l'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all'atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l'insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell'atto o del documento necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione consente al contribuente - ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale - di individuare i luoghi specifici dell'atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 12463 del 10 maggio 2019

rilevato che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: l'Agenzia delle dogane aveva emesso un avviso di accertamento suppletivo e di rettifica con il quale aveva riliquidato gli importi chiesti a rimborso dalla contribuente quali contributi all'esportazione di prodotti siderurgici, avendo accertato una diversa classificazione delle merci rispetto a quella applicata dalla contribuente; avverso il suddetto atto aveva proposto ricorso la contribuente; la Commissione tributaria provinciale di Brescia aveva accolto il ricorso; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello l'Agenzia delle dogane; la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l'appello, in particolare ha ritenuto che: l'avviso di accertamento in esame non era motivato, in quanto non risultavano dal contenuto del medesimo i motivi per cui i prodotti esportati rientravano in una diversa classificazione rispetto a quella applicata dalla contribuente; nel suddetto atto non era stata fatta nessuna menzione né indicazione del contenuto essenziale della scheda di irregolarità dell'Ufficio centrale antifrode con la quale era stato segnalato che il parere di classificazione della merce, sulla cui base era stato chiesto il rimborso, si era fondato su dati tecnici non veritieri; avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte l'Agenzia delle dogane affidato a un unico motivo di censura, cui ha resistito la contribuente con controricorso; la società contribuente ha, altresì, depositato memoria; considerato che: con l'unico motivo di ricorso si censura la sentenza per violazione dell'art. 7 della legge n. 212/2000 e dell'art. 11 del decreto legislativo n. 374/1990, per avere erroneamente ritenuto che l'avviso di accertamento era nullo per difetto di motivazione, non essendo stato violato il diritto di difesa della contribuente atteso che, nel suddetto atto, erano stati specificamente indicati i presupposti di fatto e le ragioni di diritto sulla cui base l'ufficio aveva ritenuto di procedere all'accertamento;

il motivo è infondato; il giudice del gravame ha preso in considerazione il contenuto dell'atto impositivo ed ha ritenuto che lo stesso non conteneva le ragioni per le quali i prodotti esportati rientrassero in una diversa classificazione rispetto a quella applicata dalla contribuente; sicchè, con la pronuncia in esame, si è tenuto conto del contenuto specifico dell'atto impugnato e si è espressa la valutazione di non sufficienza della motivazione, alla luce della previsione di cui all'art. 11 del decreto legislativo n. 374/1990;

nel contesto della motivazione della pronuncia censurata, inoltre, si evidenzia che nell'atto impugnato non viene fatta alcuna menzione dell'esistenza della segnalazione sulla cui base si è ritenuto di dovere accertare la non correttezza della classificazione applicata dalla contribuente; la pronuncia in esame, a tal proposito, ha fatto corretta applicazione dell'orientamento di questa Corte (Cass. civ. Sez. V, 28 settembre 2018, n. 23528) secondo cui l'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all'atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l'insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell'atto o del documento necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione consente al contribuente - ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale - di individuare i luoghi specifici dell'atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento; in realtà, con il motivo di ricorso in esame parte ricorrente censura l'erroneità del giudizio valutativo espresso dal giudice di appello, sicchè si risolve in una non consentita istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, id est di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di Cassazione; ne consegue il rigetto del ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite;

P.Q.M.

La Corte: rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessive euro 4.500,00, oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento e accessori di legge. Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, addì 8 gennaio 2019.

 

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