Rubrica periodica a cura dell’avv. Federico Pau.
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Di seguito 9 punti ispirati dal libro “Emotional Intelligence”, di Daniel Goleman, che ci spiegano perché, per raggiungere il prossimo livello nelle nostre capacità comunicative, ci sarà enormemente utile padroneggiare sempre meglio la comunicazione “empatica” e sviluppare ancora di più la nostra intelligenza emotiva (l’intelligenza emotiva è la capacità di riconoscere e gestire le emozioni, proprie e degli altri; una serie innumerevole di studi confermano che l’intelligenza emotiva di una persona è correlata alla capacità di avere successo in vari ambiti, negli studi, così come nel lavoro, così come nelle relazioni):
1) l’emozione spinge all’azione (e ciò è confermato anche da dati empirici, infatti, i pazienti che, all’inizio dello scorso secolo, venivano sottoposti a lobotomia, procedura che separava le due regioni del cervello indispensabili nella capacità di provare emozioni, perdevano anche la propria iniziativa e la propria voglia di fare);
2) le emozioni rimangono impresse, e le proviamo nuovamente anche solo nel ricordare gli eventi che ci hanno fatto provare quell’emozione, che in quel momento (all’atto di ricordare) diviene nuovamente “attuale”;
3) le emozioni possono influire ampiamente sul giudizio delle persone, ed a volte spingerle ad agire anche in maniera non completamente razionale. Ciò avviene ancora di più se la decisione deve essere presa immediatamente ed inaspettatamente (in quanto, in tali casi, è altamente probabile che la decisione sia presa con la parte che funziona più velocemente nel nostro cervello, ossia l’emotional brain, senza “consultare” il thinking brain - neocortex);
4) una risposta emotiva può essere causata ed evocata da accadimenti precedenti, a prescindere dalle circostanze in atto;
5) l’intelligenza emotiva ci permette di gestire le emozioni, nostre e degli altri, ed indirizzarle verso gli scopi che ci siamo prefissati;
6) l’intelligenza emotiva si “allena”, in un primo momento, allenandoci a riconoscere ed etichettare i nostri sentimenti ed allenando la capacità di capire cosa ha causato tali sentimenti;
7) l’intelligenza emotiva ci permette di metterci nei panni di qualcuno e quindi ci permette di orientarci meglio sull’effetto che hanno le nostre argomentazioni e le nostre tesi su chi ci ascolta;
8) l’intelligenza emotiva ci permette di analizzare i segni “fisici” legati ad un’emozione e quindi tarare meglio le nostre parole (magari in udienza) sulla base di quanto percepito osservando chi ci ascolta;
9) è possibile accelerare e dominare l’intelligenza emotiva; uno dei modi è quello di instaurare un dialogo interno con se stessi di fronte ad un emozione e così ricanalizzarla; un altro modo, è controllare il proprio linguaggio del corpo che non solo esprime le emozioni ma, altresì, le evoca (ndr c’è un ottimo libro su questo aspetto, scritto da Olivia Fox Cabane, dal titolo “The Charisma Myth”) e adeguarlo alle emozioni che si vogliono evocare; un terzo modo (o forse addirittura un presupposto) è quello di avere un c.d. growth mindset (anche se l’autore non lo descrive con questa parola, il concetto è chiaramente quello; oggi, a distanza di anni dalla pubblicazione del libro in commento, il mindset di cui parliamo è stato autonomamente oggetto di studio, ed ha acquisito, per l’appunto, la denominazione di growth mindset, su quest’ultimo argomento si concentra in via esclusiva il libro, abbastanza recente, “Mindset”, scritto da Carol Dweck).
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