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Spetta il rimborso dei dazi anche alla contribuente che dichiarò, per errore, di importare prodotti soggetti a dazio e che, solo dopo, ha corretto l’errore. Confermata la condanna dell’Agenzia ad operare il rimborso.

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Estratto: “è difatti palese che non ci sia stata alcuna inversione dell'onere della prova; semplicemente, invece, la Regionale ha ritenuto dimostrati i fatti costitutivi del diritto al rimborso; tutto questo, con un accertamento in fatto, circa la prevalenza della plastica, avvenuto in conformità ai criteri interpretativi stabiliti dalla Nomenclatura Combinata per i prodotti di importazione composti da materiale misto; e con le rammentate chiare argomentazioni, senza quindi incorrere nel vizio di apparente motivazione”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 12127 dell’8 maggio 2019

FATTI DI CAUSA

1. Con l'impugnata sentenza la Regionale della Liguria, in riforma della prima decisione, accoglieva il ricorso promosso da M. S.r.l. contro il provvedimento che aveva respinto la richiesta di rimborso di dazi pagati per l'importazione di «macchinine» con motore a scoppio e scocca in plastica.

2. La contribuente aveva chiesto il rimborso perché il materiale con il quale erano state costruite le «macchinine», era in prevalenza diverso da quello plastico assoggettato a dazio; spiegava la contribuente che, la contraria dichiarazione fatta in dogana, era stata frutto di errore.

3. La Regionale motivava l'accoglimento affermando che «dalle immagini del prodotto, dalle schede tecniche e dal manuale di istruzioni, risultava evidente che i modelli erano costruiti prevalentemente da materiale metallico e che di plastica era solo la scocca, intercambiabile, di peso irrilevante rispetto al resto della macchina e di valore minimo rispetto al telaio, al motore e alla parte elettrica, alle sospensioni, alle ruote, ecc.».

4. L'Agenzia ricorreva per tre motivi, ai quali resisteva la contribuente con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, formulato in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., denunciando la violazione dell'art. 2697 c.c., l'ufficio lamentava una ingiusta «inversione» dell'onere prova, dalla Regionale inopinatamente posto a suo carico; e, questo, concludeva l'ufficio, anche se la «contribuente non aveva dimostrato la fondatezza delle proprie pretese».

1.1. Con il secondo motivo, ancora formulato in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., denunciando la violazione dell'art. 20 Reg. CE 12 ottobre 1992 n. 2913, nonché la violazione della Nomenclatura Combinata ex n. 1, 3-b e 6 Allegato 1 Reg. CE 23 luglio 1987 n. 2658, l'ufficio rimproverava alla Regionale di non aver considerato «che la plastica era la componente comune a tutti i modellini importati e che la plastica era la materia essenziale per la classifica doganale e che era proprio la scocca di plastica a contenere le singole componenti».

1.2. Con il terzo motivo, questa volta inteso a denunciare la violazione dell'art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, l'ufficio addebitava alla Regionale di non aver in alcun modo esposto le ragioni della decisione.

1.3. I motivi, all'evidenza tutti rivolti a superare i limiti di critica imposti dal «nuovo» art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., il quale in attualità garantisce solo il «minimo costituzionale» della motivazione (Cass. sez. un. n. 8053 del 2014), sono infondati; è difatti palese che non ci sia stata alcuna inversione dell'onere della prova; semplicemente, invece, la Regionale ha ritenuto dimostrati i fatti costitutivi del diritto al rimborso; tutto questo, con un accertamento in fatto, circa la prevalenza della plastica, avvenuto in conformità ai criteri interpretativi stabiliti dalla Nomenclatura Combinata per i prodotti di importazione composti da materiale misto; e con le rammentate chiare argomentazioni, senza quindi incorrere nel vizio di apparente motivazione.

2. Il ricorso deve essere pertanto rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; condanna l'ufficio a rimborsare alla contribuente le spese del grado, queste liquidate in € 2.000,00, oltre a spese forfetarie e accessori di legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2019.

 

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