Scrivici per investire in una consulenza compilando il modulo contatti (CLICCA QUI)

 

Email Segretaria@networkdlp.it

 

 

La conciliazione ha efficacia novativa delle pretese e l’art. 48 deve essere applicato in toto dal giudice. Accolto con rinvio il ricorso del contribuente. Inammissibile il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

Scritto da
Vota l'articolo!
(1 Voto)

Estratto: “la conciliazione giudiziale, prevista dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 48, costituisce un istituto deflativo di tipo negoziale, attinente all'esercizio di poteri dispositivi delle parti, che postula la formale contestazione della pretesa erariale nei confronti dell'Amministrazione e l'instaurazione del rapporto processuale con l'organo giudicante, e si sostanzia in un accordo tra le parti, paritariamente formato, avente efficacia novativa delle rispettive pretese, in ordine al quale il giudice tributario è chiamato ad esercitare un controllo di legalità meramente estrinseco, senza poter esprimere alcuna valutazione relativamente alla congruità dell'importo sul quale l'Ufficio e il contribuente si sono accordati”.

***

Prima di esaminare nel concreto il testo del contributo, se è la tua prima volta qui, ecco

ALCUNI DEI SERVIZI DEI PROFESSIONISTI

DEL NOSTRO NETWORK

DIPARTIMENTO TRIBUTARISTI

 Ti difendiamo da cartelle, avvisi di accertamento o verifiche fiscali, e combattiamo nel processo per farti ottenere l’annullamento o ti rappresentiamo per trovare un accordo con l'Agenzia delle Entrate e ridurre il debito;

 Ti aiutiamo, grazie agli strumenti della pianificazione internazionale: - a proteggere il tuo patrimonio, conti correnti, immobili, beni, e renderli "intoccabili", con trust, società estere od altri strumenti avanzati di protezione; - a ridurre o azzerare le tasse pianificando il trasferimento all'estero della tua impresa, attività e/o dei tuoi assets, aprendo società estere, o trasferendo la tua residenza fiscale all'estero, utilizzando tutti i paradisi fiscali a tuo vantaggio; - a creare un PIANO B, per tutelarti qualsiasi cosa accada in Europa, anche acquisendo molteplici permessi esteri di residenza permanente o di lungo periodo, o persino seconde cittadinanze;

DIPARTIMENTO PENALISTI

 Ti difendiamo e creiamo per te la strategia migliore per arrivare alla tua assoluzione totale.

DIPARTIMENTO CIVILISTI

 Ti aiutiamo a far valere le tue ragioni, e puoi affidarci il compito di scrivere e diffidare o “denunciare” - in qualità di tuoi avvocati - chi non ti ha pagato o chi ti sta recando un danno od un disagio.

Se sei un professionista e vuoi unirti al network clicca qui.

***

Vai alla Pagina Principale e usa il modulo per contattarci e richiedere una consulenza: https://www.studiotributariodlp.it 

***

Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 12110 dell’8 maggio 2019

Rilevato che:

La T. s.r.l. propone ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 237/39/12. L'attuale contenzioso trae origine dalla notifica, avvenuta il 18/12/2009, alla T. s.r.l. dell'avviso di accertamento n. XXX/2009 emesso dall'allora esistente Ufficio dell'Agenzia delle Entrate di XXX con il quale l'Ufficio recuperava maggiori imposte, ai fini IRES per € 76.436,00, IRAP per € 10.184,00 ed IVA per € 13.157,00, per l'anno d'imposta 2004, per mancata contabilizzazione di ricavi irrogando sanzioni per € 143.317,00. L'avviso era emesso a seguito di verifica fiscale eseguita dalla Guardia di Finanza di XXX nei confronti della società T. s.r.l. mediante indagini presso gli acquirenti di immobili edificati e ceduti dalla società stessa, indagini che facevano emergere che molti immobili alienati dalla indicata società presentavano, nella fatturazione, un prezzo diverso da quello reale. Avverso l'avviso, la società proponeva, in data 10/3/2010, ricorso alla CTP di Napoli prospettando diverse censure e presentando, prima della fissazione della data d'udienza, istanza di conciliazione della controversia pendente, ai sensi dell'art. 48 d. Igs 946/1992, con lo scopo di definire l'intera vertenza. Alla data fissata per la prima udienza le parti chiedevano rinvio della prima udienza per completare la procedura di conciliazione e la CTP rinviava al 19/11/2010; a tale udienza, le parti chiedevano ulteriore rinvio ed il Collegio rinviava di sette giorni per il deposito dell'accordo; il 25/11/2010 la società ricorrente presentava una nuova istanza di rinvio, tuttavia, non avendo le parti raggiunto l'accordo, la Commissione provinciale tratteneva la causa in decisione e, valutando il merito, decideva la controversia con sentenza n. 225 depositata il 10/3/2011 rigettando il ricorso. Contro tale decisione proponeva appello la T. s.r.l. avanti alla CTR della Campania deducendo la nullità della sentenza impugnata perché la CTP, all'udienza del 26/11/2010, non aveva tenuto conto della richiesta di un ulteriore rinvio e del fatto che, conclusosi il processo conciliativo con l'apposizione della firma del Direttore Provinciale dell'Agenzia e formalizzata la proposta di conciliazione, la società aveva aderito alla proposta e aveva depositato, in data 7/1/2011, l'accordo raggiunto, come la stessa Agenzia delle Entrate aveva già fatto il precedente 4/1/2011. L'appellante lamentava anche la mancanza di motivazione sia della sentenza che dell'avviso di accertamento. La CTR adita riteneva l'appello parzialmente fondato; in assenza di un accordo conciliativo alla prima udienza, considerava legittima la decisione della controversia adottata dalla CTP con la sentenza impugnata e, tenendo conto dell'accordo conciliativo raggiunto dalle parti e congiuntamente accettato il 31 dicembre 2010, determinava in € 373.834,00 il maggior reddito per l'anno 2004, considerando in tal modo legittima la ripresa a tassazione nei limiti di quanto concordemente determinato nell'accordo conciliativo e rendendo così applicabili sanzioni per intero e non nella misura ridotta stabilita dall'art.48, comma 6, d.lgs. n. 546/1992. Avverso la sentenza della CTR la società contribuente ricorre per cassazione, deducendo quattro motivi di ricorso. L'Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso per cassazione deducendo tre motivi.

Considerato che:

1.-In via preliminare va in primo luogo rilevato che avverso l'indicata sentenza della CTR propongono ricorso sia la T. s.r.l. sia l'Agenzia delle Entrate; pertanto ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ. i due ricorsi proposti separatamente vanno riuniti e, sulla base della data di spedizione del ricorso, ricorrente principale è la T. s.r.l. (ricorso spedito il 4 marzo 2013) mentre l'Agenzia delle Entrate diviene ricorrente incidentale (ricorso spedito il 5 marzo 2013); il Collegio dispone la riunione e che, in base al numero di ruolo, il procedimento 6907/2013 venga riunito al procedimento 6630/2013.

2.-Sempre in via preliminare va anche osservato che il ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate viene trasmesso per posta con Raccomandata AR n. XXX alla «T. s.r.l. in pers. Leg. Rap. pt el.dom. VIA XXX presso dott.ssa XXX (XX)», dalle annotazioni apposte sull'avviso di ricevimento in data 7/3/13 il citato destinatario all'indirizzo indicato risulta « Sconosciuto7/3/13» (fronte) ed il plico raccomandato viene restituito nella stessa data «per irreperibilità del destinatario» (retro); l'Avvocatura dello Stato deposita poi in data 10/4/2013 il plico contenente l'atto non notificato unitamente a pagina Internet relativa agli Iscritti al Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili da cui risulta l'iscrizione della dott.ssa XXX. Nessun altro atto viene compiuto per la notifica del ricorso presentato dall'Agenzia delle Entrate.

I dati citati sono peraltro ammessi dalla stessa Avvocatura dello Stato con la memoria presentata con la quale sostiene la regolarità della notifica e chiedendo, in subordine, un rinvio per procedere a notifica del proprio ricorso, richiesta che in questa sede non può essere accolta dato, tra l'altro, il tempo trascorso dai fatti. Dalla mancata notifica del ricorso dell'Agenzia delle Entrate alla controparte deriva l'inammissibilità del ricorso stesso. Infatti costituisce orientamento consolidato di questa Corte che «La notifica a mezzo servizio postale non si esaurisce con la spedizione dell'atto ma si perfeziona con la consegna del relativo plico al destinatario e l'avviso di ricevimento, prescritto dall'art. 149 cod. proc. civ. e dalle disposizioni della I. n. 890 del 1982, n. 890, è il solo documento idoneo a dimostrare sia l'intervenuta consegna sia la data di essa e l'identità e idoneità della persona a mani della quale è stata eseguita. Ne consegue che, anche nel processo tributario, qualora tale mezzo sia stato adottato per la notifica del ricorso» la mancata notifica a controparte «comporta non la mera nullità, ma la insussistenza della conoscibilità legale dell'atto cui tende la notificazione, nonché l'inammissibilità del ricorso medesimo», non essendovi stata l'effettiva e valida costituzione del contraddittorio (da ultimo Cass. n. 4200/2019; Cass. n. 726/2019; Cass. n. 25912/2017 e Cass. n.9432/2018). Di conseguenza il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile.

3.- Il ricorrente principale T. s.r.l. propone quattro motivi di ricorso.

3.1-Con il primo motivo - Violazione dell'art. 48, commi 2 e 5, d.lgs.546/1992 in relazione all'art. 360 ,comma 1, n.3 - la società ricorrente lamenta la mancata considerazione da parte della CTR della distinzione fra la conciliazione di cui al comma 2 , denominata conciliazione giudiziale , e quella delineata al comma 5 del medesimo articolo 48 d.lgs 546/1992, considerata dalla ricorrente come conciliazione extragiudiziaria, mentre di norma è denominata semplificata e caratterizzata da un accordo conciliativo raggiunto dalle parti anche fuori dal processo. Nel caso di specie, la CTR non ha considerato che il procedimento seguito era stato quello della conciliazione fuori udienza previsto dal 5° comma dell'art. 48 come risulta dal testo della nota di deposito dell'Agenzia delle Entrate, nota relativa alla «proposta di conciliazione n. XXX/2010 sottoscritta per accettazione dalle parti in data XXX» avente ad oggetto (testualmente) « Conciliazione ex art. 48 c.5 d.lgs. 546/92»; la CTR ha invece applicato al caso di specie la diversa disposizione di cui al comma 2 dello stesso articolo, che, tendenzialmente, limita l'ammissibilità della conciliazione giudiziale alla prima udienza, ritenendo quindi legittima la decisione della controversia da parte della CTP in mancanza di definizione conciliativa in tale udienza.

3.2-Con il secondo motivo di ricorso - Violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360,comma 1, n. 4 - la società ricorrente censura la sentenza impugnata sotto due profili, già dedotti come motivi d'appello. In primo luogo, la CTR non ha considerato la circostanza che sulla richiesta di rinvio avanzata il 25 novembre 2010, la CTP non aveva adottato alcun provvedimento né era stata emessa alcuna decisione a scioglimento della riserva e che solo il 10 marzo 2011, con il deposito della sentenza della CTP di rigetto del ricorso, la società ricorrente apprendeva dell'avvenuta decisione, senza che vi fosse stata alcuna discussione. Sotto altro profilo, la CTR non ha considerato l'omesso esame da parte del Collegio di primo grado dell'accordo conciliativo intervenuto nel tempo intercorso fra la data della deliberazione della sentenza, ritenuta dalla ricorrente solo apparente, ed il giorno della relativa pubblicazione.

3.3-Con il terzo motivo di ricorso - violazione dell'art. 48, commi 5 e 6 d.lgs. 546/1992 in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 - la ricorrente lamenta che la CTR, dopo aver negato efficacia all'accordo conciliativo ritenendo legittima la decisione della CTP di rigetto del ricorso in mancanza di tale accordo, l'aveva però ritenuto ritualmente acquisito al giudizio ed idoneo alla definizione della controversia, a tal punto da recepire nella sua decisione le determinazioni assunte dalle parti nell'accordo conciliativo ; in tal modo però la sentenza della CTR ha impedito l'applicazione del beneficio della riduzione ad un terzo delle sanzioni irrogabili, come previsto dal comma 6 dello stesso art. 48 all'epoca vigente.

3.4-Con il quarto motivo - violazione dell'art.112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia, in relazione all'art.360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. - la società ricorrente censura infine la sentenza impugnata in quanto la CTR ha omesso di pronunciarsi sui motivi d'appello dalla stessa proposti e concernenti sia la nullità della sentenza di primo grado per assenza di motivazione sia le prospettate illegittimità dell'avviso di accertamento (erronea applicazione art. 43 d.P.R. 600/1973 sulla motivazione degli avvisi di accertamento, violazione del procedimento di accertamento per presunzioni, violazione delle disposizioni in materia di determinazione del reddito di impresa).

3.5-I primi tre motivi di ricorso dedotti, fra loro legati da connessione logica e giuridica, sono fondati. In materia di contenzioso tributario, il testo dell'art. 48 d.lgs. n.546/1992, nella formulazione vigente pro tempore, disciplina due tipi di procedimento di conciliazione a seconda che ad essa si pervenga in udienza o fuori udienza. Il primo procedimento, regolato dai commi da 2 a 4, si svolge ad iniziativa delle parti o dello stesso giudice, appunto direttamente in udienza e l'accordo si forma normalmente in tale sede in conseguenza dell'accettazione dell'accordo conciliativo ed ha carattere giurisdizionale, appunto perché ad esso si perviene con l'intervento o l'iniziativa del Collegio giudicante ; se la conciliazione ha luogo , viene redatto apposito processo verbale nel quale sono indicate le somme dovute a titolo d'imposta , di sanzioni e di interessi. Ai sensi del successivo comma 5, l'accordo conciliativo può essere raggiunto dalle parti anche fuori del processo, dando vita ad una conciliazione extra-giudiziaria o, secondo una denominazione più accreditata, semplificata, in quanto si prescinde dalla pubblica udienza; proprio per tale ragione la disposizione nulla prevede circa l'iniziativa e le trattative attraverso le quali si perviene all'accordo, limitandosi a disciplinare la forma che l'accordo stesso deve assumere. Il comma 5 prevede infatti che in tal caso l'Ufficio è tenuto a redigere un atto formale, denominato appunto «proposta di conciliazione» , che deve contenere tutti gli elementi dell'accordo e la espressa ed incondizionata accettazione della proposta stessa da parte di contribuente; sempre l'Ufficio « sino alla data di trattazione in camera di consiglio ovvero fino alla discussione in pubblica udienza» deve provvedere al deposito della proposta previamente accettata dal contribuente ; il rito semplificato prosegue poi con la verifica « dei presupposti e delle condizioni di ammissibilità» da parte del giudice; qualora la proposta conciliativa venga presentata prima della fissazione della data di trattazione, il presidente della Commissione, se ravvisa sussistente i presupposti e le condizioni di ammissibilità della conciliazione , dichiara l'estinzione del giudizio con decreto che viene comunicato alle parti e tiene luogo del processo verbale di cui al comma 3; qualora la proposta di conciliazione sia presentata dopo la fissazione della data di trattazione , ma prima della discussione, la competenza in materia è della Commissione. Nel caso di specie, non c'è alcun dubbio che le parti hanno rigorosamente seguito il procedimento di cui al comma 5 dell'art. 48 d.lgs. 54671992 dato il testo della nota di deposito dell'Agenzia delle Entrate, che giova richiamare: « Lo scrivente ufficio deposita proposta di conciliazione n. XXX/2010 sottoscritta per accettazione dalle parti in data 31 dicembre2010» avente ad oggetto (testualmente) « Conciliazione ex art. 48 c.5 d.lgs. 546/92» deposito avvenuto il 4 gennaio 2011 e poi seguito il successivo 7 gennaio da analogo deposito della Società, odierna ricorrente. La CTP di Napoli, che non aveva provveduto ad emettere alcun provvedimento sull'istanza di rinvio presentata congiuntamente dalla parti il 25 novembre 2010, ha totalmente omesso l'esame della proposta conciliativa depositata dall'Agenzia delle Entrate il 4 gennaio 2011: di tale proposta non si fa alcuna menzione nel testo della sentenza della CTP pubblicata il 10 marzo 2011 e che appare deliberata il 26 novembre 2010; tale deliberazione peraltro è stata assunta senza alcuna discussione in pubblica udienza, in violazione dell'art. 34 d.lgs.546/1992. Va ancora rilevato che la proposta conciliativa depositata il 4 gennaio 2011 e non esaminata dalla CTP, è stata ritualmente acquisita agli atti del processo, in particolare al fascicolo di ufficio come è attestato dalla sentenza della CTR impugnata, che risulta motivata proprio recependo l'accordo conciliativo proposto: la sentenza impugnata dopo aver negato, sul mero dato formale della decorrenza dei sessanta giorni, efficacia alla proposta di conciliazione giudiziale, l'ha però ritenuta ritualmente acquisita al giudizio e di fatto idonea alla definizione della controversia, pervenendo alla decisione in stretta aderenza alle determinazioni consensualmente assunte dalle parti. Non c'è dubbio che «in tema di contenzioso tributario, il giudice d'appello può fondare la propria decisione sui documenti tardivamente prodotti in primo grado, purché acquisiti al fascicolo processuale in quanto tempestivamente e ritualmente prodotti in sede di gravame entro il termine perentorio di cui all'art. 32, comma 1, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di venti giorni liberi prima dell'udienza, applicabile in secondo grado stante il richiamo, operato dall'art. 61 del citato decreto, alle norme relative al giudizio di primo grado (Sez. 5, n. 24398 del 30/11/2016; Sez. 5, n. 3661, del 24/02/2015) (così Cass. n.12886/2018). Al lume delle superiori considerazioni deve rilevarsi che l'errore in cui è incorsa la CTR non consiste tanto nella paradossale utilizzazione di un documento la cui produzione era stata ritenuta inammissibile, quanto nel non aver preso atto - dovendosi ritenere, per le ragioni indicate, che la documentazione inerente alla conciliazione fosse ormai ritualmente acquisita in sede di appello - dell'evento giuridico potenzialmente in grado di incidere sulla definizione del giudizio. Invero la conciliazione giudiziale, prevista dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 48, costituisce un istituto deflativo di tipo negoziale, attinente all'esercizio di poteri dispositivi delle parti, che postula la formale contestazione della pretesa erariale nei confronti dell'Amministrazione e l'instaurazione del rapporto processuale con l'organo giudicante, e si sostanzia in un accordo tra le parti, paritariamente formato, avente efficacia novativa delle rispettive pretese, in ordine al quale il giudice tributario è chiamato ad esercitare un controllo di legalità meramente estrinseco, senza poter esprimere alcuna valutazione relativamente alla congruità dell'importo sul quale l'Ufficio e il contribuente si sono accordati (Sez. 5, n. 21325 del 03/10/2006). Rimanendo il quarto motivo assorbito, la decisione impugnata va cassata, con rinvio alla CTR della Campania che, in diversa composizione, verificherà, in base alla documentazione prodotta dalle parti, la sussistenza delle condizioni di applicabilità del citato d.lgs. n. 546 del 1992, art. 48, comma 5, provvedendo, in caso positivo, alla declaratoria di estinzione del giudizio, e, in caso negativo, all'esame dei motivi di gravame senza incorrere nei vizi sopra rilevati, nonché

in ordine al regolamento delle spese relative al presente giudizio di legittimità.

 P. Q. M.

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, accoglie il ricorso della T., cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Campania in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese.

 

***

Vai alla Pagina Principale e usa il modulo per contattarci e richiedere una consulenza: https://www.studiotributariodlp.it 

***

Letto 2746 volte
DLP