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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 9220 del 3 aprile 2019
RILEVATO CHE
1. con sentenza n. 43/06/11 del 15/03/2011, la CTR della Lombardia ha accolto l'appello della N. & C. s.n.c. avverso la sentenza n. 15/05/10 della CTP di Como, che aveva respinto il ricorso della società contribuente avverso il rigetto dell'istanza di rimborso di un credito IVA relativo all'anno 2004;
1.1. come si evince dalla sentenza della CTR e dagli atti delle parti: a) la vicenda trae origine dal rigetto, da parte dell'Agenzia delle entrate, dell'istanza di rimborso di un credito IVA maturato dalla società in ragione della mancata esecuzione di alcuna operazione attiva dalla data di costituzione della stessa (09/12/1997) fino a quella di cessazione dell'attività (06/11/2008); b) la CTP rigettava il ricorso della società contribuente ritenendo l'insussistenza dell'attività di impresa; c) la N. proponeva appello davanti alla CTR;
1.2. la CTR accoglieva l'appello evidenziando che: a) «il credito chiesto a rimborso per l'anno 2004 deriva dai crediti riportati per le annualità precedenti, che non sono stati contestati dall'ufficio. Nel caso in esame, inoltre, non appare ravvisabile alcuna frode o abuso nella domanda di rimborso, trattandosi di spese documentate, in relazione ad un progetto che venne poi abbandonato»; b) era inoltre «incontestabile il fatto che l'imposta, chiesta a rimborso, sia stata pagata alla società C. s.r.I., che ha emesso fattura»;
2. avverso la menzionata sentenza, l'Agenzia delle entrate proponeva tempestivo ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo;
3. la N. non si costituiva in giudizio e restava, pertanto, intimata;
CONSIDERATO CHE
1. con l'unico motivo di ricorso, l'Agenzia delle entrate deduce violazione o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 19 e 30 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e dell'art. 4 della direttiva n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977 (sesta direttiva), in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che, a fronte di una società che non ha mai iniziato la propria attività economica (e che, pertanto, non ha mai assunto la qualità di imprenditore), la CTR avrebbe errato nel considerare rilevante e al contempo sufficiente, ai fini della detraibilità dell'IVA, la mera attività preparatoria, pur in assenza di elementi obiettivi, debitamente documentati dalla parte, che provino l'effettiva intenzione del contribuente di avviare un'attività economica, poi non perseguita, nonché in assenza di intenti fraudolenti;
2. il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato; 2.1. secondo la CGUE (sentenza del 3 marzo 2005, in causa C23/03, Fini H) la nozione di soggetto passivo di cui all'art. 4, § 1, della direttiva n. 77/388/CEE viene definita con riferimento alla nozione di attività economica, in quanto «è l'esistenza di una siffatta attività che giustifica la qualifica di soggetto passivo cui la sesta direttiva riconosce il diritto a detrazione»;
2.1.1. in questo ambito, le attività preparatorie debbono «essere considerate attività economiche ai sensi della sesta direttiva. Chiunque svolge atti preparatori è di conseguenza considerato soggetto passivo ai sensi dell'art. 4 di tale direttiva e ha diritto a detrazione» e la detrazione «rimane acquisita anche se, successivamente (..) si è deciso di non passare alla fase operativa e di mettere la società in liquidazione, di modo che l'attività economica prevista non ha dato luogo ad operazioni soggette ad imposta»;
2.1.2. in ogni caso, spetta «al giudice nazionale negare il beneficio del diritto a detrazione se è dimostrato, alla luce di elementi obiettivi, che tale diritto viene invocato in modo fraudolento o abusivo»;
2.2. le conclusioni della CGUE sono state sostanzialmente recepite dalla giurisprudenza della S.C., secondo la quale «in tema di IVA, in base alla disciplina dettata dagli artt. 4, secondo comma, n. 1, e 19 del d.P.R 26 ottobre 1972, n. 633 (ed anche alla luce della sesta direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia), mentre le cessioni di beni da parte di una società di capitali sono da considerare in ogni caso effettuate nell'esercizio di impresa, in ordine invece agli acquisti di beni occorre accertare, ai fini della detraibilità dell'imposta, che dette operazioni passive siano effettivamente inerenti all'esercizio dell'impresa, cioè compiute in stretta connessione con le finalità imprenditoriali, senza tuttavia che sia richiesto il concreto esercizio dell'impresa, con la conseguenza che la detrazione dell'imposta spetta, ricorrendo la detta condizione, anche nel caso di assenza di compimento di operazioni attive. Se l'inerenza di un'operazione ai fini IVA comporta che essa sia funzionale all'attività imprenditoriale formalizzata nell'oggetto sociale, è tuttavia tale anche quella finalizzata alla costituzione delle condizioni necessarie perché l'attività tipica possa concretamente iniziare, e quindi anche le attività meramente preparatorie che per definizione vengono poste in essere in una fase in cui non vi è ancora produzione di ricavi» (così Cass. n. 8583 del 12/04/2006; con?. Cass. n. 4242 del 23/02/2007; Cass. n. 11765 del 12/05/2008; Cass. n. 23400 del 19/11/2010); 2.2.1. la S.C. ha, da ultimo, precisato che «in tema di IVA, ai fini della detraibilità dell'imposta assolta sugli acquisti di beni e sulle operazioni passive occorre accertarne l'effettiva inerenza rispetto alle finalità imprenditoriali, senza che sia tuttavia richiesto il concreto svolgimento dell'attività di impresa, potendo la detrazione dell'imposta spettare anche in assenza di operazioni attive, con riguardo alle attività di carattere preparatorio, purché finalizzate alla costituzione delle condizioni d'inizio effettivo dell'attività tipica» (Cass. n. 23994 del 03/10/2018; si veda, in materia di attività preparatorie e inerenza, anche Cass. n. 13882 del 31/05/2018; Cass. n. 18475 del 21/09/2016; Cass. n. 7344 del 31/03/2011);
2.3. il motivo proposto è, pertanto, infondato nella parte in cui si sostiene che l'attività preparatoria non possa dare diritto alla detrazione dell'IVA, pur in assenza di operazioni attive, diversamente da quanto sostenuto dalla CTR;
2.4. il motivo è, invece, inammissibile laddove implica una verifica in concreto atta ad accertare se quell'attività preparatoria sia o meno inerente al futuro esercizio dell'attività commerciale da intraprendere ovvero se la società abbia avuto un intento fraudolento: trattasi di questione di fatto e non di diritto, sicché l'eventuale illogicità o insufficienza della motivazione del giudice di appello avrebbe dovuto essere censurata ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.; 3. in conclusione, il ricorso va rigettato; nulla per le spese non avendo la società contribuente spiegato attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma il 14 novembre 2018.
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