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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 9261 del 3 aprile 2019
RITENUTO IN FATTO
1. L'Agenzia delle entrate emetteva due avvisi di accertamento nei confronti di M., per gli anni 2003 e 2004, ai sensi dell'art. 38 comma 3 d.p.r. 600/1973, con il metodo sintetico, contestando al contribuente il possesso di un motociclo, di una imbarcazione e di due immobili, rideterminando un maggior reddito di € 65.234,55 per il 2003 e di € 64.379,00 per il 2004, con uno scostamento superiore al 25% rispetto al reddito imponibile dichiarato.
2. Il contribuente con il ricorso deduceva di aver fornito la prova del possesso di entrate non soggette a tassazione tali da giustificare lo scostamento e la congruità del proprio reddito. In particolare, quanto al 2003 evidenziava di avere prelevato utili dalla M. sas per € 36.000,00, di avere ottenuto il rimborso di un finanziamento dalla società per € 11.000,00 e di avere la disponibilità di 1/5 della cessione dell'abitazione avvenuta nel 2000 (C 10.070,91); quanto al 2004, di avere prelevato utili dalla società per € 17.000,00, di avere incassato la somma di € 20.555,00 dalla vendita di titoli assicurativi, oltre alla disponibilità di 1/5 del valore di cessione dell'abitazione avvenuta nel 2000. In tal modo per il 2003 non vi era stata alcuna differenza con il reddito accertato in modo sintetico e per il 2004 la differenza era del 7%.
2. La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso, con sentenza che veniva confermata quasi per intero dalla Commissione tributaria regionale (tranne che per la somma di € 20.555,00 effettivamente incassata dal contribuente), la quale evidenziava che il contribuente non aveva indicato elementi certi tali da dimostrare che il possesso dei beni trovavano la loro sostenibilità economica in altri proventi non tassabili (esenti) o già tassati, con
una ritenuta alla fonte. Si affermava, invece, che della somma di € 20.555,00, incassata nel 2004, poteva tenersi conto in tale annualità. 3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente, depositando memoria scritta. 4. Resiste con controricorso l'Agenzia delle entrate. 5. In data 12-3-2019 l'Avv. XXX rinunciava al mandato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di impugnazione il contribuente deduce "violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c. dell'art. 38, commi 4 e 6 ° del d.p.r. 600/1973", in quanto la Commissione regionale ha ritenuto che la prova contraria potesse essere fornita dal contribuente solo con proventi non tassabili o già tassati, con ritenuta alla fonte, mentre non ha in alcun modo considerato la documentazione prodotta in relazione ai redditi ed alle entrate finanziarie escluse da tassazione tali da giustificare il maggior reddito accertato dall'impresa, soprattutto in relazione agli utili ed ai finanziamenti rimborsati negli anni 2003 e 2004 dalla società M. s.a.s. Deve, invece, utilizzarsi una nozione "ampia" della prova contraria del contribuente, tale da comprendere anche "redditi legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile", come previsto dall'art. 22 del d.l. 78/2010, di natura interpretativa e ricognitiva, pure se applicabile solo per gli accertamenti relativi ai redditi prodotti a partire dal 2009. Di tale tenore è il contenuto di alcune circolari dell'Agenzia delle entrate (circolare del 9-8-2007, n. 49 e del 12-3-2010 n. 12). Né si è svolto il previo contraddittorio con il contribuente.
2. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente si duole della "omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza ex art. 360 n. 5 c.p.c., circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (mancata valutazione delle prove in atti)", in quanto la motivazione della pronuncia della Commissione regionale non si è soffermata sulla disponibilità da parte del contribuente di redditi esenti e disinvestimenti finalizzati a giustificare la sua capacità di spesa, avendo trascurato del tutto gli utili ed i finanziamenti rimborsati al socio negli anni 2003 e 2004 dalla M. s.a.s, oltre alla cessione immobiliare del 2000, i bilanci degli anni 2000/2002 e gli estratti conto bancari. 2.1.1 due motivi, che vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono fondati. Invero, il giudice di merito, a fronte della documentazione fornita dal contribuente, analiticamente indicata nel ricorso in ossequio al principio della autosufficienza, dalla quale, secondo l'assunto del ricorrente, sarebbe derivata la prova che il maggior reddito accertato per gli anni 2003 e 2004 sulla base di indici di capacità contributiva rilevati dall'Ufficio (possesso di auto ed abitazioni) era giustificato dalla disponibilità di capitale accumulato negli anni precedenti, si è limitato a negare la produzione di qualsiasi prova idonea, tranne la vendita di titoli assicurativi, senza supportate tale apodittica statuizione con sufficienti argomentazioni. In particolare, la Commissione regionale non ha tenuto conto dei due prelievi di utili dalla società M. s.a.s., negli anni 2003 e 2004, rispettivamente per € 36.000 ed € 17.000,00, del rimborso del finanziamento alla società nel 2003 per € 11.000,00, della cessione dell'immobile nel 2000. La prova contraria consentita al contribuente, infatti, si spinge sino a considerare anche la ricchezza accumulata negli anni precedenti (Cass., 13 giugno 2013, n. 21994), anche con disinvestimenti e cessioni di fabbricati (Cass., 12 febbraio 2014, n. 3111). Peraltro, per la Suprema Corte il contribuente, che deve fornire la prova contraria, deve dimostrare l'esistenza e l'entità di una pregressa e legittima disponibilità finanziaria, oltre alla durata del possesso della stessa (Cass.Civ., sez. 6, 16 luglio 2015, n. 14885), in quanto l'art. 38 comma sesto d.p.r. 600 del 1973 prevede anche che "l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione". La norma, dunque, chiede qualcosa in più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte) e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (anche Cass.Civ., Sez. 5, 20 gennaio 2017, n. 1510; Cass.Civ., sez. 5, 26 novembre 2014, n. 25104). In tal senso, allora, va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali redditi e della "durata" del relativo possesso. In tal, modo si ancora a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che gli stessi siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell'accertamento sintetico, come per un ulteriore investimento finanziario. In tale ultima ipotesi, infatti, tali ulteriori redditi non sarebbero utili a giustificare le spese o il tenore di vita accertati, che dovrebbero ascriversi, quindi, a redditi non dichiarati.
2.2. Va chiarito, però, che la prova che deve fornire il contribuente non è tipizzata, sicchè può essere data con qualsiasi mezzo idoneo a dimostrare la provenienza non reddituale dell'elemento valutato, tanto che neppure rileva l'eventuale nullità dell'atto dal punto di vista civilistico, sì che è stata ritenuta prova sufficiente la documentazione bancaria, rappresentativa della "sequenza temporale dell'operazione di accredito e poi di quella di addebito degli assegni circolari utilizzati per l'acquisto" (Cass.Civ., 22 marzo 2017, n. 7258; per l'idoneità a dimostrare l'entità e la durata del possesso dei redditi, non il semplice "transito" dei redditi nella disponibilità del contribuente, anche con riferimento all'esibizione degli estratti di conto corrente bancari Cass.Civ., 12214/2017; anche Cass.Civ., 16 maggio 2018, n. 12026 e Cass.Civ., 23 marzo 2018, n. 7389).
3. Il giudice di merito non solo non si è attenuto ai principi di diritto sopra enunciati, ma non ha neppure fornito una motivazione adeguata, tenendo conto di tutti gli elementi probatori addotti dal contribuente, dal contenuto decisivo.
4. Quanto alla violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale, pure adombrata, nel ricorso, si rileva che l'Amministrazione finanziaria è gravata esclusivamente per i tributi "armonizzati" di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, mentre, per quelli "non armonizzati", non essendo rinvenibile, nella legislazione nazionale, una prescrizione generale, analoga a quella comunitaria. Tale obbligo di contraddittorio preventivo ricorre solo ove risulti specificamente sancito, come avviene per l'accertamento sintetico in virtù dell'art. 38, comma 7, del d.P.R. n. 600 del 1973, nella formulazione introdotta dall'art. 22, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, conv. in I. n. 122 del 2010, applicabile, però, solo dal periodo d'imposta 2009, per cui gli accertamenti relativi alle precedenti annualità sono legittimi anche senza l'instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale (Cass., 31 maggio 2016, n. 11283; Cass., 18 aprile 2017, n. 9747).
5. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 20 marzo 2019
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