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Corte di Cassazione, Sez. 5
Sentenza n. 8106 del 22 marzo 2019
FATTI DI CAUSA
1. La S. s.n.c. di S. e M. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 24 gennaio 2011, di reiezione dell'appello dalla medesima proposta avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il suo ricorso per l'annullamento dell'avviso di accertamento con cui, relativamente all'anno 2003, era stato contestato l'indebita deduzione di costi.
2. Dall'esame della sentenza impugnata si evince che la deduzione oggetto del recupero fiscale aveva ad oggetto la quota di utili attribuita dalla contribuente, in qualità di associante, all'associata P. s.r.I., in forza di un contratto di associazione in partecipazione che sarebbe stato concluso tra le parti, e che l'Ufficio aveva disconosciuto il costo sull'assunto della fittizietà dell'operazione.
2.1. Il giudice di appello, confermando la decisione di primo grado, ha disatteso il gravame, evidenziando che gli elementi probatori raccolti inducevano a ritenere la fittizietà del contratto di associazione e delle conseguenti operazioni connesse alla deduzione fiscale della corresponsione di utili all'associata.
3. Il ricorso è affidato a quattro motivi.
4. Resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate.
5. La ricorrente deposita memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Occorre preliminarmente rilevare che, alla luce degli atti prodotti, il presente giudizio risulta avere ad oggetto la contestazione dell'indebita deduzione di costi, posta a fondamento del recupero sia delle imposte dirette, sia dell'i.v.a., e che lo stesso è stato incardinato, sin dal suo primo grado di giudizio, tra la sola S. s.n.c. di S. e M., quale parte contribuente, e l'Agenzia delle Entrate, senza che, dunque, allo stesso abbiano preso parte i soci illimitatamente responsabili della predetta società. Orbene, è principio consolidato quello per cui l'unitarietà dell'accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all'art. 5, d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci - salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (cfr., per tutte, Cass., sez. un., 4 giugno 2008, n. 14815). Siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria della ricorrente, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Ne consegue che il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 14, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29), ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (cfr., altresì, da ultimo, Cass., ord., 28 febbraio 2018, n. 4580; Cass., ord., 22 gennaio 2018, n. 1472).
1.1. Sebbene non vi sia litisconsorzio necessario nelle cause in materia di i.v.a., qualora l'Agenzia, come nel caso in esame, abbia contestualmente proceduto, con un unico atto, ad accertamenti ai fini delle imposte dirette e i.v.a., fondati su elementi comuni, il profilo dell'accertamento impugnato concernente l'imponibile i.v.a., in quanto non suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae neanch'esso al vincolo necessario del simultaneus processus per l'inscindibilità delle due situazioni (Cass. 30 dicembre 2015, n. 26071; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21340).
1.2. Non vi è, infine, evidenza del fatto che gli avvisi di accertamento siano stati impugnati (anche) da parte di tutti i soci per cui difettano i presupposti per l'ipotetica operatività dell'istituto della riunione.
1.3. Conclusivamente, va dichiarata nella specie la nullità dell'intero giudizio di merito, con cassazione dell'impugnata sentenza e rimessione delle parti avanti al giudice di primo grado, che dovrà disporre l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 14, d.lgs. n. 546 del 1992, procedere ad un nuovo esame dell'impugnazione originaria.
2. Appare opportuno, anche in considerazione del consolidamento del richiamato orientamento giurisprudenziale solo successivamente all'introduzione del ricorso originario, disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese dell'intero giudizio
P.Q.M.
La Corte dichiara la nullità dell'intero giudizio; cassa la sentenza impugnata e dispone la rimessione degli atti alla Commissione tributaria provinciale di Varese, in diversa composizione; compensa integralmente tra le parti le spese dell'intero giudizio. Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2018.
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