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Presunzione di distribuzione di utili alla socia minoritaria. Non vi erano prove né documentali né indiziarie. Ricorso dell’Agenzia inammissibile. Confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “La CTR, come anticipato, ha però accolto il ricorso della contribuente affermando che «non v'è prova documentale che la sig.ra M. abbia partecipato alla distribuzione degli utili extra bilancio, né sussistono elementi obiettivamente apprezzabili idonei a pervenire, anche in via presuntiva, a tali conclusioni: la posizione di socia minoritaria (20%) e il non aver rivestito cariche sociali inducono a ritenere che l'altro socio Amministratore (nel frattempo divenuto latitante) gestisse la società come cosa propria senza rendere l'attuale appellante effettivamente partecipe della gestione». 5.6. La decisione della CTR si fonda su un fatto che non è contestato dall'Ufficio, il quale obietta il malgoverno della presunzione di matrice giurisprudenziale sopra indicato. 5.7. Così facendo, però, l'Ufficio, deduce un fatto diverso da quello positivamente affermato dalla sentenza impugnata, del quale chiede sostanzialmente il riesame nel merito. Ciò che in fin dei conti viene sollecitata in questa sede è la rivalutazione del fatto storico incontestabilmente affermato (la mancata percezione, da parte della contribuente, degli utili extra-bilancio) mediante la allegazione di una presunzione semplice. 5.8. Ne consegue che il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 6622 del 7 marzo 2019

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L'Agenzia delle Entrate, articolando un solo motivo, ricorre per la cassazione della sentenza n. 81/03/2011 del 21/04/2011 (dep. il05/05/2011) della CTR dell'Umbria che, accogliendo l'appello della sig.ra M., ha annullato l'avviso di accertamento n. XXX con il quale l'Ufficio aveva rettificato la dichiarazione dei redditi relativa all'anno di imposta XXX, attribuendole un reddito di capitale non dichiarato costituito da utili extrabilancio derivanti dalla sua partecipazione alla società «P. S.r.l.».

2. Resiste con controricorso la M. che chiede il rigetto del ricorso dell'Ufficio e contestualmente propone ricorso incidentale condizionato articolando due motivi.

3. La ricorrente ha depositato anche una memoria in vista dell'odierna camera di consiglio.

4. La M. deteneva il 20% del capitale sociale della «P. il residuo 80% era detenuto dall'amministratore unico, sig. PM. Nei confronti della società, nel frattempo dichiarata fallita, l'AE aveva accertato induttivamente un reddito imponibile, mai dichiarato, di € 800.000,00 per l'anno di imposta 2004 e di € 1.300.000,00 per l'anno di imposta 2005, con conseguente attribuzione ai soci, ai sensi dell'art. 47, comma 1, d.P.R.. n. 917 del 1986, degli utili di esercizio, quantificati, quanto alla M., in misura percentualmente corrispondente alla sua partecipazione al capitale, pari a € 160.000,00 per l'anno 2004 e a € 260.000,00 per l'anno 2005. La CTR, nel ribadire la legittimità degli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società, ha accolto il ricorso della M. osservando che non v'è prova della sua partecipazione alla distribuzione degli utili extra-bilancio, in considerazione della sua partecipazione minoritaria e del fatto che il socio di maggioranza (resosi latitante) aveva gestito la società come una cosa propria senza renderne partecipe la socia. Inoltre, quest'ultima aveva dimostrato di avere avuto la disponibilità di somme derivanti dalla pregressa alienazione di immobili di sua proprietà in grado, in uno con il mantenimento dei figli da parte del padre, di consentirle di sostenere le spese che il proprio reddito modesto non avrebbe permesso, così da escludere la rilevanza indiziaria anche di questo argomento. Quanto all'anno di imposta 2004, la CTR ha dato atto dell'inesistenza del relativo contenzioso in conseguenza dell'annullamento, in autotutela per vizio di incompetenza, dell'avviso di accertamento emesso nei confronti della società.

5.11 ricorso dell'Agenzia delle Entrate.

5.1. Con unico motivo l'Agenzia delle Entrate eccepisce, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 41 e 41-bis, d.P.R. n. 600 del 1973, 2729 e 2697 cod. civ., e la falsa applicazione degli artt. 41 e 42, d.P.R. n. 917 del 1986, secondo la formulazione applicabile "ratione temporis".

5.2.11 ricorso è inammissibile.

5.3. Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base azionaria, in caso di accertamento di utili non contabilizzati, opera la presunzione di attribuzione "pro quota" ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria e la dimostrazione che i maggiori ricavi sono stati accantonati o reinvestiti» (Sez. 5, n. 24534 del 18/10/2017, Rv. 645914 - 01; Sez. 6-5, n. 18032 del 24/07/2013, Rv. 628447 - 01). Tale principio «non viola il divieto di presunzione di secondo grado, poiché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati nei confronti della società, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale» (Sez. 5, n. 7174 del 16/05/2002, Rv. 554490 - 01; Sez. 5, n. 14006 del 22/09/2003, Rv. 567059 - 01; Sez. 5, n. 9519 del 22/04/2009, Rv. 607815 - 01; Sez. 5, n. 29605 del 29/12/2011, Rv. 620179 - 01; Sez. 6-5, n. 25271 del 28/11/2014, Rv. 633519 - 01; Sez. 5, n. 15824 del 29/07/2016, Rv. 640622 - 01).

5.4. Nel caso di specie, la ristretta base sociale non è oggettivamente in discussione, trattandosi di società il cui capitale sociale era detenuto dalla M. nella misura del 20% e dall'altro socio nella misura dell'80%.

5.5. La CTR, come anticipato, ha però accolto il ricorso della contribuente affermando che «non v'è prova documentale che la sig.ra M. abbia partecipato alla distribuzione degli utili extra bilancio, né sussistono elementi obiettivamente apprezzabili idonei a pervenire, anche in via presuntiva, a tali conclusioni: la posizione di socia minoritaria (20%) e il non aver rivestito cariche sociali inducono a ritenere che l'altro socio Amministratore (nel frattempo divenuto latitante) gestisse la società come cosa propria senza rendere l'attuale appellante effettivamente partecipe della gestione».

5.6. La decisione della CTR si fonda su un fatto che non è contestato dall'Ufficio, il quale obietta il malgoverno della presunzione di matrice giurisprudenziale sopra indicato.

5.7. Così facendo, però, l'Ufficio, deduce un fatto diverso da quello positivamente affermato dalla sentenza impugnata, del quale chiede sostanzialmente il riesame nel merito. Ciò che in fin dei conti viene sollecitata in questa sede è la rivalutazione del fatto storico incontestabilmente affermato (la mancata percezione, da parte della contribuente, degli utili extra-bilancio) mediante la allegazione di una presunzione semplice.

5.8. Ne consegue che il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente assorbimento di quello incidentale condizionato.

5.9. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito quello incidentale. Condanna l'Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese sostenute nel grado dalla contribuente che liquida in complessivi C 3.500,00, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26/09/2018.

 

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