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Annullato l’avviso di accertamento sottoscritto dal capo dell’area ma non dal capo dell'ufficio. Agenzia non aveva dimostrato che si trattava di soggetto legittimato. Fattispecie in cui veniva contestato utilizzo di false fatture

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Estratto: “in tema d'imposte sui redditi, l'avviso di accertamento, a norma degli artt. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e, nel caso in cui la sottoscrizione non sia quella del capo dell'ufficio titolare, in caso di contestazione, incombe sull'Amministrazione dimostrare il corretto esercizio del potere (Cass., Sez. 5, n. 27871 del 31/10/2018; Sez. 5, n. 24492 del 02/12/2015). Nella specie, essendo stata oggetto di contestazione la sussistenza di delega al funzionario che ha sottoscritto gli avvisi di accertamento, gravava sull'Agenzia delle Entrate l'onere di provare la sussistenza di tale delega; non avendo l'Agenzia delle Entrate adempiuto tale onere, esattamente la C.T.R. ha ritenuto la nullità degli avvisi impugnati”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 5083 del 21 febbraio 2019

FATTI DI CAUSA

1. - La società G. s.n.c. impugnò gli avvisi di accertamento emessi nei suoi confronti dalla Agenzia delle Entrate per gli anni di imposta 2005 e 2006, a seguito di p.v.c. elevato dalla Guardia di Finanza in ragione della indebita deduzione di costi relativi a fatture per operazioni ritenute inesistenti e di costi ritenuti non di competenza o non inerenti. 2. - Il ricorso della contribuente fu rigettato dalla C.T.P. di Alessandria. 3. - Sull'appello proposto dalla società contribuente e in riforma della sentenza di primo grado, la Commissione Tributaria Regionale per il Piemonte accolse il ricorso e annullò gli atti impositivi impugnati. Ritenne la Commissione di secondo grado che gli avvisi di accertamento erano nulli per difetto di sottoscrizione del capo dell'ufficio o di un suo delegato; e che, in ogni caso, era carente la prova della inesistenza delle operazioni di cui alle fatture i cui costi erano stati dedotti. 4. - Per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso l'Agenzia delle Entrate, sulla base di tre motivi. La società G. s.n.c. ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. - Preliminarmente vanno esaminate le deduzioni con le quali la controricorrente sostiene, da un lato, che la sentenza impugnata avrebbe ritenuto fondato il ricorso originario anche con riferimento a vizi formali degli atti impugnati diversi da quelli oggetto di esplicita pronuncia e, dall'altro, che la C.T.R., avendo ritenuto gli atti impugnati nulli per difetto di sottoscrizione del capo dell'ufficio o di un suo delegato non avrebbe poi potuto pronunciare, per difetto di potestas iudicandi, anche sulla fondatezza nel merito della pretesa tributaria. Entrambe le deduzioni della società controricorrente risultano infondate. In ordine al primo punto, va osservato che l'espressione contenuta nella sentenza secondo cui «l’accoglimento di tale motivo assorbe tutti gli altri; e tuttavia in questa sede merita sottolineare che anche ulteriori motivi appaiono fondati anche con riferimento agli altri elementi evidenziati in via pregiudiziale» non può significare che tutti i vizi denunciati dalla società ricorrente siano stati ritenuti sussistenti: sia perché l'espressione «anche ulteriori motivi appaiono fondati» letteralmente non significa che "tutti" gli altri motivi appaiono fondati, ma che appaiono fondati solo "alcuni" di essi; sia perché, non avendo la C.T.R. precisato quali di tali ulteriori motivi sarebbero fondati, alla detta espressione non può riconoscersi che il valore di un mero obiter, privo di incidenza sulla decisione adottata. In ordine al secondo punto, poi, è privo di fondamento l'assunto secondo cui, avendo la C.T.R. ritenuto la nullità degli atti impugnati per difetto di sottoscrizione, essa sarebbe stata priva di potestas iudicandi per pronunciare anche sulla fondatezza nel merito della pretesa tributaria. Il principio giurisprudenziale secondo cui «Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della "potestas iudicandi" in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l'onere né l'interesse ad impugnare; conseguentemente è inammissibile, per difetto di interesse, l'impugnazione con cui si pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta "ad abundantiam" nella sentenza gravata» (Cass., Sez. Un., n. 3840 del 20/02/2007), non è applicabile al caso di specie, perché la C.T.R. non si è affatto spogliata della potestas iudicandi, non avendo adottato una declaratoria di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), ma avendo al contrario deciso nel merito del ricorso originario accertando la sussistenza di una dedotta causa di nullità degli atti impugnati.

2. - Premesso quanto sopra, può passarsi all'esame del primo motivo di ricorso, col quale si deduce (ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) la violazione e la falsa applicazione degli artt. 42 d.P.R. n. 600/1973 e 53 d.lgs. n. 546/1992, per avere la C.T.R. ritenuto la nullità degli atti impugnati per difetto di sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato, nonostante che gli atti fossero stati sottoscritti dal Capo dell'Area accertamento dell'Agenzia delle Entrate, funzionario della carriera direttiva ufficialmente preposto a quell'ufficio. La censura è infondata. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v'è ragione di discostarsi, in tema d'imposte sui redditi, l'avviso di accertamento, a norma degli artt. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e, nel caso in cui la sottoscrizione non sia quella del capo dell'ufficio titolare, in caso di contestazione, incombe sull'Amministrazione dimostrare il corretto esercizio del potere (Cass., Sez. 5, n. 27871 del 31/10/2018; Sez. 5, n. 24492 del 02/12/2015). Nella specie, essendo stata oggetto di contestazione la sussistenza di delega al funzionario che ha sottoscritto gli avvisi di accertamento, gravava sull'Agenzia delle Entrate l'onere di provare la sussistenza di tale delega; non avendo l'Agenzia delle Entrate adempiuto tale onere, esattamente la C.T.R. ha ritenuto la nullità degli avvisi impugnati.

3. - Il rigetto del primo motivo comporta l'assorbimento delle altre censure (relative alla fondatezza nel merito della pretesa tributaria).

4. - Il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna • della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 (cinquemiladuecento) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, addì 21 dicembre 2018.

 

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