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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 4041 del 12 febbraio 2019
RILEVATO CHE:
- l'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata il 24 novembre 2010, che, in accoglimento dell'appello proposto dalla E. - Società Consortile s.c.a.r.l., ha dichiarato nullo l'avviso di accertamento con cui, relativamente agli anni 2002 e 2003, erano stati rideterminate l'i.r.pe.g., l'i.ra.p. e l'i.v.a. dovuta e recuperate le imposte non versate; - dall'esame della sentenza impugnata si evince che la ripresa fiscale muove dal disconoscimento del diritto di dedurre costi dichiarati e di detrarre la relativa i.v.a. esposta relativamente a servizi di consulenza assicurativa resa in favore degli associati al consorzio;
- dall'esame della sentenza impugnata si evince che la Commissione provinciale aveva parzialmente accolto il ricorso della società contribuente, limitatamente alla misura delle sanzioni irrogate con distinto atto di contestazione;
- il giudice di appello ha accolto il gravame della contribuente, in considerazione dell'idoneità della documentazione prodotta a dimostrare la sussistenza dei requisiti per la deduzione dei costi e la detrazione dell'i.v.a. assolta; - il ricorso è affidato a due motivi; - resiste con controricorso il Fallimento della E. s.c.ar.l. (così modificata la denominazione della società contribuente), nelle more intervenuto, il quale deposita memoria ai sensi dell'art. 380 bis.1 c.p.c.;
CONSIDERATO CHE:
- con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle Entrate denuncia la nullità della sentenza per violazione dell'art. 36, nn. 3 e 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in ragione della sua «incomprensibilità», in quanto priva dell'indicazione degli elementi necessari per individuare l'oggetto della controversia, i termini della contrapposizione tra le parti, le questioni devolute in fase di appello e le ragioni di fatto e di diritto della decisione;
- il motivo è infondato; - la sentenza impugnata, seppur redatta in modo estremamente sintetico, consente di individuare il thema decidendum, consistente nella sussistenza del diritto della contribuente alla deduzione dei costi sostenuti per la prestazione di servizi di consulenza assicurativa rese in favore dei propri consorziati e del diritto alla detrazione della relativa i.v.a. assolta, le ragioni poste dall'Amministrazione finanziaria a fondamento del disconoscimento di tali diritti, ravvisate nella inidoneità della documentazione acquisita a dimostrare la certezza del costo e l'effettività delle operazioni, i motivi del gravame, risolventesi nella censura alla valutazione del materiale probatorio effettuata dal giudice di primo grado, nonché le ragioni in fatto e in diritto della decisione, ravvisate nella accertata esecuzione delle prestazioni e del relativo sostenimento dei costi allegata dalla contribuente;
- con il secondo motivo la ricorrente deduce l'insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo, individuato nella ritenuta inerenza dei costi in oggetto;
- evidenzia che la decisione di primo grado aveva respinto, in parte qua, il ricorso della società contribuente in ragione della mancanza di prova dell'inerenza dei costi fatturati dalla E.B., società che avrebbe prestato i servizi di consulenza assicurativa, all'attività della contribuente medesima e che il giudice di appello aveva ritenuto deducibili i costi senza considerare che quest'ultima non aveva fornito alcun elemento di prova in merito ad un effettivo nesso di inerenza, il quale doveva escludersi in ragione del contrasto di interessi tra le due società, a seguito dello scorporo dell'attività di brokeraggio il suo affidamento alla E.B.;
- il motivo è inammissibile, in quanto, da un lato si risolve, in una censura della complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, cui è contrapposta la propria diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti;
- tale censura non può trovare ingresso in questa sede in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa (cfr. Cass. 28 novembre 2014, n. 25332; Cass., ord., 22 settembre 2014, n. 19959);
- dall'altro, il motivo investe la mancata considerazione di fatti, individuati nei rapporti esistenti tra le due società, che non appaiono tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento è fondato e da rendere la ratio decidendi priva di base (cfr. Cass., ord., 26 giugno 2018, n. 16812; Cass., ord., 28 settembre 2016, n. 19150);
- infatti, lo scorporo dell'attività di brokeraggio da quelle precedentemente esercitate dalla contribuente e il suo affidamento alla E.B. non conduce necessariamente ad un accertamento di non inerenza delle prestazioni rese da quest'ultima rispetto all'attività della contribuente medesima, committente delle stesse;
- pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto; - le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 10.000,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge. Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 15 novembre 2018.
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