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L’Agenzia presumeva guadagni in nero sulla base di presunti acquisti di olio extravergine. In realtà, i maggiori acquisti non vi erano mai stati. Avviso annullato. Agenzia condannata a pagare le spese. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “non sussiste il denunciato vizio di omessa pronuncia (e la assorbente pronuncia di in fondatezza esonera dalla verifica dell'inammissibilità del motivo, per come eccepita da parte controricorrente), atteso che la CTR ha dato conto del motivo di appello in ordine al quale la pronuncia è ritenuta omessa, evidenziando l'errore dei verificatori ed affermando che le maggiori quantità d'olio vergine acquistato dalla società contribuente sono in realtà inesistenti”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 3608 del 7 febbraio 2019

RILEVATO CHE

1. con sentenza n. 30/15/11 del 10/05/2011 la CTR della Puglia respingeva l'appello proposto dalla Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 97/21/10 della CTP di Bari e accoglieva parzialmente l'appello incidentale proposto dalla A. s.n.c. di B. (d'ora in poi solo B. s.n.c.) e dai singoli soci di quest'ultima, GB. e AC.;

1.1. la menzionata sentenza della CTP di Bari aveva riunito i quattro ricorsi separatamente proposti dalla società contribuente e dai singoli soci avverso tre avvisi di accertamento relativi all'anno d'imposta 2005 - con i quali erano stati accertati, con riferimento alla B. s.n.c., maggiori ricavi e maggiori costi a fini IRAP ed IVA, e con riferimento ai soci un maggior reddito da partecipazione a fini IRPEF e relative addizionali - e li aveva parzialmente accolti, riducendo la pretesa di maggiori ricavi e confermando il riconoscimento di maggiori costi;

1.2. avverso la sentenza della CTP le parti proponevano appello principale (l'Agenzia delle entrate) ed incidentale (la B. s.n.c. e i singoli soci) davanti alla CTR, la quale rigettava il primo ed accoglieva parzialmente il secondo osservando, per quanto ancora interessa in questa sede, che: a) la ricostruzione dei movimenti di magazzino effettuata dai verificatori e su cui si fondavano gli avvisi di accertamento era «viziata da un consistente errore nella rilevazione delle quantità acquistate di olio di oliva vergine», le quali erano in realtà di poco superiori a quelle dichiarate in ragione dell'erronea contabilizzazione di olio di altro tipo, nonché «dalla mancata quantificazione di perdite di prodotto per cali naturali e sfridi», perdita che era stata completamente ignorata e che, del resto, non era contestata nella misura indicata dalla società contribuente; b) non convinceva, altresì, il recupero a tassazione di interessi attivi di mora, calcolati ai sensi del d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, rispetto alla quantificazione in minor misura operata dalla B. s.n.c., atteso che «nessuna disposizione esclude che le parti possano rinunciare agli interessi di mora o pattuirli in misura inferiore a quella stabilita dalla norma»;

2. l'Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

3. la società contribuente resisteva con controricorso.

CONSIDERATO CHE

1. con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle entrate deduce la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia, nonché l'omessa o, comunque, insufficiente ed illogica motivazione, in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 4 e 5, cod. proc. civ.; 1.1. più specificamente, la difesa erariale lamenta, da un alto, che la CTR non si è pronunciata su di un motivo di appello, con il quale si è evidenziato che l'errore sulla qualità di kg 105.940 dell'olio acquistato dalla società contribuente (extravergine anziché vergine) è idoneo a produrre comunque maggior reddito evaso; dall'altro, che i giudici di appello hanno omesso la motivazione o motivato in maniera illogica: a) sulle ragioni per cui quei kg 105.940 di olio extravergine non sono idonei a determinare maggiori componenti positivi di reddito, come rilevato dall'Ufficio; b) sulla applicazione dei cali di peso del prodotto, per cui residuerebbe in ogni caso un eccesso di giacenza; c) sulla circostanza che sono stati comunque accertati acquisti in nero per kg 26.430 di olio;

2. il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile;

2.1. sotto il primo profilo, va evidenziato che non sussiste il denunciato vizio di omessa pronuncia (e la assorbente pronuncia di in fondatezza esonera dalla verifica dell'inammissibilità del motivo, per come eccepita da parte controricorrente), atteso che la CTR ha dato conto del motivo di appello in ordine al quale la pronuncia è ritenuta omessa, evidenziando l'errore dei verificatori ed affermando che le maggiori quantità d'olio vergine acquistato dalla società contribuente sono in realtà inesistenti, trattandosi di olio di altro tipo;

2.2. sotto il secondo profilo, invece, il vizio motivazionale dedotto si appalesa inammissibile;

2.3. secondo la giurisprudenza di questa Corte, «il ricorso per cassazione - per il principio di autosufficienza - deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicché il ricorrente ha l'onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l'indiretta riproduzione» (così Cass. n. 14784 del 15/07/2015; conf. Cass. n. 18679 del 27/07/2017; cfr., altresì, Cass. n. 16147 del 28/06/2017; Cass. n. 11482 del 03/06/2016);

2.4. nel caso di specie, con riferimento a tutte le questioni sollevate con la contestazione di vizio motivazionale, l'Agenzia delle entrate si è limitata ad allegare al ricorso introduttivo i processi verbali di constatazione e l'avviso di accertamento, senza trascriverne i punti rilevanti ai fini dei vizi lamentati e senza nemmeno indicarli con specifico riferimento agli atti allegati, con conseguente palese difetto di autosufficienza del ricorso, peraltro denunciato anche dalla parte controricorrente;

3. con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione dell'art. 2697 cod. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziandosi che la CTR avrebbe accertato i pretesi cali, sfridi e perdite solo sulla base della contabilità sociale, senza che la società contribuente abbia fornito una specifica prova sul punto;

4. il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi;

4.1. diversamente da quanto affermato dalla difesa erariale, la CTR non ha ritenuto di prendere per buoni i cali indicati dalla società contribuente, ma ha unicamente ritenuto l'inattendibilità dell'accertamento in quanto l'Ufficio non avrebbe in alcun modo considerato tali cali, nella misura indicata dalla B. s.n.c. o, comunque, nella diversa misura ritenuta applicabile;

5. con il terzo motivo di ricorso si contesta la violazione dell'art. 5, comma 1, del d.Ig.s. n. 231 del 2002 in quanto la CTR ha ritenuto applicabile un saggio di interessi minore indipendentemente dalla prova di uno specifico accordo tra le parti, così come previsto dalla norma;

6. il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi;

6.1. la CTR in realtà ha ritenuto infondato il recupero a tassazione proprio assumendo la sussistenza di un diverso accordo tra le parti sulla misura degli interessi, così come consentito dalla disposizione richiamata dalla ricorrente, sicché ha fatto corretta applicazione di quest'ultima;

7. in conclusione, il ricorso va rigettato e l'Agenzia delle entrate va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore della lite dichiarato di euro 331.259,50.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 7.800,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del quindici per cento e agli accessori di legge. Così deciso in Roma il 04 ottobre 2018.

 

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