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Corte di Cassazione, Sentenza 24 febbraio 2017, n. 4801.
Fatti di causa
Il Tribunale di La Spezia, in composizione monocratica, con sentenza n. 734/2012, pronunciando sull’opposizione agli atti esecutivi proposta, nei confronti di Equitalia Centro s.p.a., già Equitalia Cerit s.p.a., da M.C.S. s.r.l., e proseguita dopo la declaratoria di insolvenza dalla curatela fallimentare, dichiarava l’improcedibilità del procedimento esecutivo promosso ex art. 72 bis d.P.R. n. 602 del 1973 e condannava l’Agente della riscossione alla restituzione, in favore della parte opponente, delle somme percepite dai terzi pignorati, pari a complessivi € 65.157,42, oltre accessori e spese di lite.
Osservava il Giudice adito che l’opposizione avverso il pignoramento presso terzi eseguito da Equitalia Cerit s.p.a., per non avere ricevuto la contribuente rituale notifica, ai sensi degli artt. 25 e 26 d.P.R. n. 602 del 1973, della cartella di pagamento presupposta, era fondata in quanto l’Agente della riscossione non aveva assolto l’onere della prova, su di lui incombente, ed a fronte della dedotta inesistenza della notificazione della cartella esattoriale, avrebbe dovuto produrre in giudizio l’estratto di ruolo e tutti gli atti dell’esecuzione, come previsto dall’art. 57, comma 2, d.P.R. n. 620 del 1973 (ndr art. 57, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973).
Preso atto che, a seguito della dichiarazione di fallimento della società M.C.S., ogni azione esecutiva nei confronti della debitrice non poteva essere iniziata o proseguita, ai sensi dell’art. 51 L.F., dovendo il preteso credito di Equitalia Cerit s.p.a. essere accertato nell’ambito della procedura concorsuale, ai sensi dell’art. 52 L.F., il Tribunale concludeva nel senso che la domanda di restituzione proposta dalla società in bonis con l’originario ricorso in opposizione davanti al G.E., il quale aveva pure disposto la sospensione della esecuzione, era non soltanto ammissibile, ma meritava accoglimento, inserendosi i pagamenti eseguiti dai terzi pignorati in una procedura esecutiva illegittima, per il mancato rispetto delle norme disciplinanti l’esecuzione esattoriale, e che la conseguente condanna dell’Agente della riscossione al pagamento delle somme percepite, era commisurabile a quanto risultante dall’estratto di conto corrente bancario versato in atti dalla curatela del Fallimento, oltre interessi legali dalla data di ciascun bonifico.
Per la cassazione della sentenza, Equitalia Centro s.p.a. propone ricorso straordinario ex art. 111 c.p.c., affidato a tre motivi, cui resiste il Fallimento M.C.S. s.r.l., con controricorso.
Ragioni della decisione
Va preliminarmente rilevata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per intempestività dell’impugnazione, per essere stato consegnato l’atto all’Ufficio Postale per la notificazione il 28/1/2013, mentre la sentenza del Tribunale di La Spezia risulta notificata “a mani del ricorrente”, nel domicilio eletto, presso lo studio dell’avv. B.C., il 27/11/2012, con conseguente superamento del termine c.d. breve, di giorni sessanta, di cui all’art. 325 c.p.c., secondo l’intimato Fallimento scadente il 26/1/2013 (sabato).
Il decorso del termine d’impugnazione breve di cui all’art. 325 c.p.c. , comma 2, il solo che si applica alle impugnazioni straordinarie, non include il dies a quo, in applicazione del principio fissato dall’art. 155 c.p.c., comma 1, e nel caso di specie esso va esattamente fatto iniziare il 28/11/2012, per cui alla data del 28/1/2013, allorché il plico contenente il ricorso per cassazione venne consegnato per la notifica all’Ufficio Postale di Verona, esso non era interamente decorso, andando a scadere proprio il suddetto giorno (lunedì).
Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., co. 1, n. 3, la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 51 L.F. giacché il Tribunale di La Spezia ha ritenuto applicabile, nella fattispecie in esame, il divieto delle azioni esecutive dei creditori del fallito, a tutela del rispetto del principio della par condicio creditorum, senza considerare che l’indicata disposizione si riferisce alle esecuzioni pendenti alla data di dichiarazione del fallimento, mentre la speciale procedura prevista dall’art. 72 bis d.P.R. n. 620 del 1973 (ndr art. 72 bis d.P.R. n. 602 del 1973) deve ritenersi conclusa ove sia intervenuto il pagamento diretto, da parte del terzo pignorato, all’Agente della riscossione, della somma dovuta dal debitore esecutato, ovvero sia inutilmente decorso il termine di giorni quindici dalla notifica dell’atto di pignoramento. Evidenzia parte ricorrente che lo stesso giudice di primo grado, nella impugnata sentenza, ha dato atto che il pagamento dei terzi pignorati era stato eseguito prima della dichiarazione di fallimento della società M.C.S., intervenuta il 6/7/2009, in particolare, quanto alla Cassa di Risparmio di La Spezia s.p.a., in data 3/7/2008, nonché, quanto a C. s.p.a., in data 15/7/2008, in entrambi i casi con i fondi disponibili sui conti correnti della società debitrice.
Il motivo è infondato.
La questione posta dalla ricorrente trova soluzione nella giurisprudenza di questa Corte, in tema di procedura di riscossione coattiva a mezzo ruolo, secondo cui << l’ordine di pagamento diretto rivolto dall’agente della riscossione, ai sensi dell’art. 72 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, configura un pignoramento in forma speciale, che inizia con la notificazione dell’atto al debitore esecutato e al terzo pignorato – per l’effetto assoggettato agli obblighi del custode ex art. 546 c.p.c. – e si completa con il pagamento da parte di quest’ultimo>> (Cass. n. 2857/2015; 20294/2011).
E’ stato evidenziato, infatti, che I’ ordine di pagamento rivolto al terzo dal concessionario, oggi agente della riscossione, che dà l’avvio ad un’espropriazione forzata dei crediti vantati dal debitore verso i terzi secondo un procedimento semplificato, compendia in sé un atto di pignoramento funzionalmente preordinato all’espropriazione, produce gli effetti conservativi ordinari del pignoramento, nei confronti del debitore esecutato, ed impone, al terzo pignorato, gli obblighi (art. 546 c.p.c.) propri del custode.
L’esito fisiologico di siffatto procedimento di espropriazione – cioè la soddisfazione della pretesa tributaria – è ovviamente subordinato alla collaborazione del terzo pignorato, << tanto è vero che se questo non ottemperi (per qualsivoglia ragione, fondata o meno) all’ordine di pagamento, il concessionario, oggi agente della riscossione, non può che ricorrere al pignoramento nella forma ordinaria dell’art. 543 c.p.c. ed il procedimento si svolge secondo le norme del codice di proceduta civile >>, mentre qualora detto ordine sia spontaneamente adempiuto da parte del terzo, la vicenda espropriativa si completa, poiché i suoi effetti sono equiparabili a quelli dell’esecuzione dell’ordinanza di assegnazione di cui all’art. 533 c.p.c.<< determinando non solo e non tanto il trasferimento del diritto di credito dal debitore esecutato all’agente della riscossione procedente, con l’estinzione del credito del terzo pignorato nei confronti dell’esecutato, quanto piuttosto l’immediato effetto satisfattivo che consegue alla riscossione delle somme dovute. >>(Cass. n. 2857/2015 citata).
Per quanto esposto le conclusioni, sul punto, del Tribunale di La Spezia, si appalesano corrette in quanto, com’è pacifico in atti, la dichiarazione di fallimento della società M.C.S. risale al 6/7/2009 ed i pagamenti dei terzi pignorati all’Agente della riscossione sono intervenuti il 3/7/2008, quanto alla Cassa di Risparmio di La Spezia, ed il 15/7/2008, quanto a C..
In entrambi i casi, quindi, si tratta di pagamenti antecedenti l’apertura della procedura concorsuale, non effettuati in violazione del principio della par condicio creditorum (art. 56 L.F.), avendo comportato l’immediata estinzione dei debiti della società, soltanto successivamente dichiarata insolvente.
Vero è che la prosecuzione della procedura esecutiva individuale deve ritenersi preclusa a seguito della declaratoria di insolvenza della società debitrice, per il divieto di previsto dall’art. 51 L.F. e per il disposto dell’ art. 87 d.P.R. n. 602 del 1973, norma che consente al concessionario, agente della riscossione, di presentare ricorso di fallimento e di insinuarsi al passivo del fallimento o del concordato preventivo, ma da ciò non consegue che le somme pagate dai terzi pignorati debbano ritenersi, per ciò solo, di pertinenza della curatela.
Ed infatti, il Tribunale fonda l’accoglimento della domanda di restituzione della somma in oggetto su altri argomenti, avendo affermato non già che trattasi di pagamenti inefficaci, ai sensi dell’art. 44 L.F., ma che i pagamenti direttamente eseguiti dai terzi pignorati si inseriscono in una procedura esecutiva illegittima, per essere stato violato l’art. 57, comma 2, d.P.R. n. 620 del 1973 (ndr art. 57, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973), stante la mancata produzione in giudizio dell’estratto di ruolo e di tutti gli atti dell’esecuzione, comprese le cartelle di pagamento, come previsto dalla norma.
Con il secondo motivo Equitalia Centro s.p.a. deduce, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c.e 2697 c.c., giacché il Tribunale, erroneamente, non ha ritenuto “fatto pacifico e non contestato” la sussistenza del credito azionato in via esecutiva dall’Agente della riscossione, essendosi le doglianze della società contribuente circoscritte alla dedotta irritualità della notifica delle cartelle di pagamento poste a fondamento dell’opposto atto di pignoramento, essendosi la discussione processuale incentrata soprattutto sulla valenza probatoria della documentazione versata in atti, in copia fotostatica e non in originale o in copia conforme, con riferimento alle relate di notifica delle cartelle esattoriali ed ai relativi avvisi di ricevimento, per cui, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, non era affatto necessaria la produzione dell’estratto di ruolo o di altra documentazione.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 148 e 149 c.p.c., 26 d.P.R. n. 602 del 1973, 2697 c.c., giacché il Tribunale avrebbe dovuto considerare che oggetto della prova a carico dell’Agente della riscossione è la relazione di notificazione compilata dall’ufficiale di riscossione o dal messo notificatore e l’avviso di ricevimento della raccomandata inviata al contribuente, in ipotesi di utilizzo del servizio postale, dimostrazione che, nel caso di specie, era stata offerta con la produzione in giudizio di “copia di 28 relazioni di notifica” delle cartelle di pagamento.
Le censure contenute nei suesposti motivi di ricorso – che possono essere scrutinati congiuntamente in quanto strettamente connessi – sono infondate per le ragioni di seguito precisate.
Giova premettere che l’intervento del giudice, non previsto nello speciale procedimento di cui all’art. 72 bis più volte menzionato, è stato richiesto dalla società M.C.S. mediante la proposizione, innanzi al Tribunale di La Spezia, dell’opposizione agli atti esecutivi – domanda così qualificata dal Giudice adito – che la curatela fallimentare ha proseguito al solo fine di far dichiarare l’estinzione – rectius la nullità derivata – dei pignoramenti presso terzi, e della consequenziale pronuncia restitutoria, sulla base della dedotta mancanza di prova della rituale notifica delle cartelle di pagamento presupposte, non conosciute dalla contribuente, incombendo il relativo onere sull’Agente di riscossione.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in materia di riscossione coattiva di crediti tributari, << l’ammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 57, primo comma, lett. b), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dipende dall’atto impugnato e non dal vizio dedotto, sicché, mentre il contribuente non può impugnare dinanzi al giudice ordinario la cartella di pagamento o l’avviso di mora, la cui cognizione è riservata al giudice tributario, può proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il pignoramento, oltre che per vizi suoi propri, anche per far valere la nullità derivata, conseguente all’omessa notificazione degli atti presupposti e, cioè, della cartella di pagamento o dell’intimazione ad adempiere >> (Cass. n. 92246/2015).
Il processo esecutivo inizia con la notificazione dell’ordine al terzo di pagare direttamente al concessionario – agente della riscossione, e con l’opposizione agli atti esecutivi avverso il pignoramento, eseguito ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 72 bis – nella forma particolare introdotta dal D.L. n. 203 del 2005, convertito nella L. n. 248 del 2005 – tale primo atto dell’ esecuzione si assume viziato, nel caso di specie, per omessa notificazione delle cartelle di pagamento di cui alle “28 relazioni di notifica” prodotte in giudizio.
Ad avviso del Tribunale, si tratta di documenti che “nulla dicono in ordine alla natura del credito ed al contenuto della cartella di pagamento notificata”, donde la necessità di produrre in giudizio l’estratto di ruolo e tutti gli atti dell’esecuzione, come previsto dall’art. 57, comma 2, d.P.R. n. 620 del 1973 (ndr art. 57, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973), per porre così il giudice in condizioni di accertare la natura tributaria o meno ai fini dell’ammissibilità dell’esecuzione (in relazione all’art. 29, co. 2, D.Lgs. 26/2/1999 n. 46) nonché il regolare adempimento degli obblighi di cui all’art. 26 d.P.R. 602/1973.
Dalla sentenza impugnata si evince che l’Agente della riscossione ha inteso provare la ritualità della notifica delle cartelle, che costituiscono il presupposto dell’iscrizione di ipoteca, con la produzione della fotocopia di “28 relazioni di notifica” non accompagnata dall’estratto di ruolo.
Da ciò si evince, inequivocabilmente, che la notifica è avvenuta a norma dell’art. 26, comma 1, prima parte, d.P.R. 602 del 1973, e non mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento.
Dunque, Equitalia Centro s.p.a., nel riferirsi alla produzione dei “referti di notifica delle cartelle” quale unico onere imposto al notificante, ha fatto impropriamente riferimento alla notifica mediante invio di raccomandata, ove la relata di notifica non è prevista, poiché, in tal caso, la notificazione si ha per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, rispondendo tale soluzione al disposto di cui all’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, che prescrive l’onere per l’esattore di conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione di notifica o l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta (Cass. n. 3036/2016; n. 16949/2014).
Nel caso che occupa, viceversa, essendo avvenuta la notifica delle cartelle nelle forme ordinarie e non a mezzo dell’invio di raccomandata, l’Agente della Riscossione avrebbe dovuto produrre copia delle cartelle con la relazione di notifica e non soltanto la relazione di notifica, peraltro, nella specie neppure corredata da un estratto di ruolo, in quanto ciò non consente di provare che la relata afferisca ad una determinata cartella anziché ad un’altra.
Com’è noto, secondo un’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, <<l’estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale, contenente tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria>> (Cass. n. 11141/2015 e n. 11142/2015), precisamente, <<il ruolo è il titolo esecutivo in forza del quale l’agente della riscossione esercita il diritto di procedere in via esecutiva (arg. ex art. 49 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602) e, in quanto posto a base della riscossione coattiva, fornisce il riscontro dei dati indicati nella cartella esattoriale; questa, infatti, in conformità al relativo modello ministeriale, contiene l’indicazione del credito così come risultante dal ruolo, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del D.P.R. n. 602 del 1973 (Cass. n. 24235/2015, in motivazione), ed ancora, << l’estratto del ruolo non è una sintesi del ruolo operata a sua discrezione dallo stesso soggetto che l’ha formato, ma è la riproduzione di quella parte del ruolo che si riferisce alla o alle pretese impositive che si fanno valere nei confronti di quel singolo contribuente con la cartella notificatagli>> (Cass. n. 11111/2015 e n. 11142/2015 cit.).
La decisione impugnata si sottrae alle censure formulate nel ricorso in quanto si è, nella sostanza, uniformata ai suesposti principi di diritto.
Per di più, come evidenziato dall’intimato Fallimento (cfr. pagg. 15 e 16 del controricorso) la società contribuente aveva “espressamente disconosciuto nella propria prima difesa successiva alla produzione (e ciò costituisce circostanza pacifica ed incontestata in atti), la conformità all’originale (perché per definizione non conformi secondo quanto in appresso) dei documenti 1-28 prodotti dall’agente della riscossione, come espressamente riconosciuto dal G.E. nel provvedimento del 16/10/2008 (di sospensione della esecuzione e fissazione del termine per l’instaurazione del giudizio di merito) e mai contestato ex adverso”.
Ne discende la ulteriore questione se Equitalia Cerit s.p.a. avesse dovuto depositare gli originali di detti documenti, a suo tempo prodotti in giudizio con la memoria di costituzione del 18/8/2008, considerato che il disconoscimento, reiterato nei due gradi di giudizio, si traduce, ai sensi dell’ art. 2712 c.c., in una contestazione della conformità della copia stessa all’originale e ne esclude l’utilizzabilità.
Infatti, secondo una condivisibile giurisprudenza di questa Corte, << La produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia dell’atto processuale spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 149 c.p.c., richiesta dalla legge in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio, può avvenire anche mediante l’allegazione di fotocopie non autenticate, ove manchi contestazione in proposito, poiché la regola posta dall’art. 2719 c.c. – per la quale le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia di quelle autentiche, non solo se la loro conformità all’originale è attestata dal pubblico ufficiale competente, ma anche qualora detta conformità non sia disconosciuta dalla controparte, con divieto per il giudice di sostituirsi nell’attività di disconoscimento alla parte interessata, pure se contumace – trova applicazione generalizzata per tutti i documenti (Cass. n. 13439/2012).
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza, sono liquidate come in dispositivo.
Atteso il tenore della decisione, che è di rigetto, può trovare applicazione l’art. 13 comma 1 – quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: ai sensi di tale disposizione, il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto – senza ulteriori valutazioni discrezionali – della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante totalmente soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in € 5.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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