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Se nella maggior parte dei casi alla commissione di un reato corrisponde una (spesso rilevante) conseguenza sanzionatoria, buone notizie: talvolta, in materia di reati tributari, non tutto è perduto.
Il Legislatore, difatti, offre, con riferimento ad alcune tipologie di infrazioni, la possibilità di scongiurare conseguenze sanzionatorie e, ancora meglio, di sottrarsi alla sottoposizione alle difficoltà e lungaggini che caratterizzano i procedimenti penali.
Tale importante strumento è contenuto nell’art. 13 del D. Lgs. n. 74 del 2000, il quale opera con riferimento a tre specifici reati, nella specie:
- Omesso versamento di ritenute dovute o certificate (mancato versamento di ritenute per un valore superiore ad € 150.000,00 per ciascun periodo d’imposta);
- Omesso versamento di IVA (per valore superiore ad € 250.000,00 per ciascun periodo d’imposta);
- Indebita compensazione.
In tutti questi casi, al malcapitato contribuente si prospettano due possibilità: affrontare il procedimento penale, oppure sfruttare (anche in corner!) la condizione di non punibilità.
Nella specie, la norma in questione specifica che i suddetti reati saranno esenti da pena qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari (comprensivi di sanzioni amministrative e interessi) siano stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti.
Ma non è tutto.
Allo stesso modo, l’Ordinamento offre il medesimo rimedio anche per i reati di cui agli articoli da 2 a 5, in particolare:
- Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti o mediante altri artifici;
- Dichiarazione infedele
- Omessa dichiarazione
In tali casi, però, oltre al pagamento integrale (e conseguente estinzione) del debito tributario entro il medesimo termine (prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado), la norma richiede altresì l’intervenuto ravvedimento operoso, o la presentazione della dichiarazione omessa e solo laddove il ravvedimento o la presentazione si siano verificati prima che l'autore del reato sia venuto formalmente a conoscenza di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali a proprio carico.
Non solo: in conclusione l’art. 13, nel caso in cui al momento dell’apertura del dibattimento di primo grado il contribuente stia sostenendo un pagamento rateizzato ai fini dell’estinzione del debito tributario, consente allo stesso di ottenere dal Giudice un termine pari a tre mesi (prorogabile di ulteriori tre mesi) per la definitiva estinzione dello stesso.
Appare dunque di netta evidenza il ruolo fondamentale che la norma qui analizzata riveste: la sua applicazione, in concreto, comporta la pronuncia, in favore del contribuente, di una sentenza di proscioglimento, liberando dunque lo stesso da tutte le spiacevoli conseguenze derivanti da una condanna (si pensi anche solo all’annotazione della medesima nel Casellario Giudiziale – la meglio conosciuta fedina penale!).
Altro risvolto di non marginale rilievo, inoltre, è riscontrabile nel particolare trattamento riservato ai reati tributari sopra menzionati per quanto riguarda la possibilità di accedere al rito alternativo del patteggiamento, attraverso il quale il Giudice applica una pena concordata dalle parti. Se da un lato il D. Lgs. 74 del 2000 prevede come condizione d’accesso a tale rito l’intervenuta estinzione del debito tributario, la Suprema Corte di Cassazione a più riprese ha chiarito come il contribuente imputato per i reati tributari menzionati dall’art. 13 (e quindi assoggettabili alla condizione di non punibilità di cui all’art. 13), possa senza alcun dubbio accedere al patteggiamento (e quindi godere di un importante sconto di pena) senza che possa incontrare quale condizione necessaria l’intervenuta estinzione del debito tributario (v. Cass. Pen. sez. III n. 10800 del 23 novembre 2018; Cass. Pen. sez. III n. 55498 del 16 ottobre 2018; Cass. Pen. sez. III n. 38684 del 12 aprile 2018).
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