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Stazioni di servizio: quali sono i controlli fiscali per le attività di commercio al dettaglio di carburante

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Stazioni di servizio: quali sono i controlli fiscali per le attività di commercio al dettaglio di carburante

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Avviare un’attività di commercio al dettaglio di benzina ma anche diesel, gpl, metano o altri combustibili rappresenta una fonte di reddito pressoché certa, anche se richiede un elevato investimento iniziale.

Sia che si tratti di costruire un impianto da zero, sia che si scelga di prendere in gestione una stazione di servizio già avviata, questa attività presenta pochi rischi a fronte di ricavi potenzialmente elevati.

Nella realtà commerciale esistono distributori di benzina detti premium in quanto affiliati a rinomate società petrolifere ma anche pompe bianche, vale a dire distributori autonomi senza logo, non affiliati alle grandi compagnie.

Aprire un distributore di benzina richiede, oltre ad un importante investimento, anche un grande impegno. Ed infatti l’iter burocratico è molto complesso e richiede insieme al rilascio della licenza petrolifera, della concessione edilizia anche diverse autorizzazioni da parte del Comune, dei Vigili del Fuoco e dell’Asl.

Dal punto di vista commerciale le stazioni di servizio, insieme alla distribuzione di carburante, molto spesso offrono ai clienti vari servizi aggiuntivi quali il lavaggio auto, officina e riparazioni, cambio olio, vendita accessori per auto, ecc. Alcuni, addirittura, prevedono anche dei punti di ristoro, con l'annessione di bar e tabacchi.

Il focus dell’attività, tuttavia, è costituito dalla vendita di carburante che parte dalla stipula dei contratti di fornitura tra le compagnie petrolifere e i gestori delle pompe di benzina. In questi patti vengono contrattualizzate le condizioni di vendita in cui il distributore si impegna a vendere i carburanti ad un prezzo non superiore a quello massimo previsto dalla compagnia oltre a rendere pubblici e trasparenti i prezzi praticati ai clienti.

Dal punto di vista gestionale, inoltre, il titolare della stazione di servizio deve registrare quotidianamente vi è le quantità vendute, rilevate dai contatori posti nelle colonnine di erogazione oltre ad annotare gli acquisti di carburante fatti. Grazie a queste annotazioni è possibile controllare giornalmente le rimanenze di carburante e quantificare le quantità vendute. Tuttavia, non si tratta sempre di dati certi in quanto sono ammesse delle tolleranze sia in aumento che in diminuzione.

Il consumatore, in genere, sceglie dove fare rifornimento di benzina a seconda del prezzo esposto. È questa, infatti, la variabile principale su cui si fonda la convenienza di un distributore rispetto ad un altro. Sotto questo profilo, infatti, il prezzo del carburante è stato da tempo liberalizzato. Ciò significa che i gestori delle stazioni di servizio possono discostarsi dal prezzo di vendita consigliato dalla compagnia e di applicare, in maniera discrezionale, dei prezzi anche più bassi rispetto a quelli raccomandati. E così, è possibile che un gestore applichi una percentuale di sconto maggiore rispetto ad un altro, così variando il suo margine di ricavo.

Stazioni di servizio: quali controlli fiscali

Dal punto di vista fiscale è bene innanzitutto precisare che la vendita di carburanti ed oli minerali è soggetta all’imposizione indiretta mediante il pagamento delle accise. Il distributore è tenuto a conservare insieme ai registri obbligatori ai fini delle imposte dirette ed I.V.A., anche il registro di carico e scarico degli oli minerali in cui viene annotato quotidianamente la quantità di carburante acquistato e venduto. È sulla correttezza di questi registri che spesso prende avvio l’accertamento fiscale teso a calcolare il volume d’affari che ruota attorno all’impianto.

Questi controlli, condotti dagli operatori della Guardia di Finanza, si incentrano poi sui prezzi applicati. Come detto la liberalizzazione ha lasciato grande autonomia ai gestori delle pompe di benzina i quali possono applicare prezzi diversi a seconda delle caratteristiche dell’impianto. Infatti, è ovvio che un impianto completamente automatizzato, con tutte le colonnine self-service e senza operatore, applicherà prezzi inferiori rispetto ad un impianto con addetto e con un operatore alla cassa. Per tali ragioni è indispensabile che il controllo fiscale tenga conto di tali caratteristiche e, soprattutto, stabilisca in contraddittorio con il gestore gli sconti applicati alla clientela, al fine di determinare in maniera realistica e credibile la determinazione dei ricavi derivanti dalla vendita di carburante.

Sotto questo profilo, inoltre, sarebbe opportuno valutare la collocazione dell’esercizio commerciale, la varietà e la tipologia dei servizi offerti i quali possono giustificare maggiori sconti rispetto ad altre stazioni di servizio. Ai fini del controllo bisogna, inoltre, considerare le eventuali promozioni commerciali attuate dal gestore oltre al fatto che il carburante può subire delle variazioni a seconda della particolarità del periodo o della stagione.

Ed ancora, possono influenzare la corretta ricostruzione dei ricavi anche un’errata valutazione della concorrenza. La presenza di altre stazioni di servizio nella stessa zona, infatti, può comportare una diminuzione dei prezzi applicati alla clientela. Infine, specie per le stazioni maggiormente redditive e con un grande giro d’affari, le compagnie petrolifere possono concedere dei premi legati al raggiungimento di determinati volumi di vendita che hanno efficacia nell’anno seguente a quello analizzato. Si tratta, insomma, di una serie di aspetti che influenzano la valutazione degli accertatori e che spesso non vengono valutati con attenzione.

L’obiettivo di accertatori e verificatori è, appunto, arrivare a ricostruire il volume d’affari conseguito dalla stazione di servizio, ovvero i ricavi effettivamente conseguiti e non dichiarati ai fini della tassazione. L’accusa è che il gestore abbia svolto delle prestazioni inerenti sia l’erogazione del carburante, sia lo svolgimento degli altri servizi accessori, non contabilizzate. Si pensi, al cambio olio che è ritenuto un piccolo intervento molto ben remunerato, al lavaggio dell’auto o alla vendita degli accessori per auto, tergicristalli, tappeti, ecc.

Proprio la varietà dei servizi offerti andrebbe valutata con grande attenzione visto che i ricavi variano a seconda dell’attività svolta

Altro aspetto critico riguarda, infine, il calcolo della percentuale di ricarico applicata dal gestore della stazione di servizio ai diversi prodotti commercializzati, al di là del carburante, quali oli lubrificanti, liquidi antigelo, ricambi, accessori auto, etc. Ad ognuno di questi beni, infatti, il commerciante ottiene un margine diverso ed applica un diverso ricarico. Questo valore dipende, in primis, dagli accordi raggiunti con la casa produttrice ma anche dalla vendibilità del prodotto, dalla dimensione del distributore, ecc.

Si tratta, in sostanza, di tutte circostanze che devono essere considerate in sede di accertamento avendo cura di assicurare un giusto e doveroso contraddittorio con il gestore della stazione di servizio.

Quando ciò non accade il contribuente si vede costretto ad avviare un contenzioso per contrastare la ricostruzione induttiva dei ricavi, come accaduto nei seguenti casi.

Corte di Cassazione, V Sez. Civile, sentenza n. 10119 del 28/05/2020

Questa vicenda ha riguardato un avviso di accertamento di cui è stata destinataria una contribuente esercente l'attività di vendita al dettaglio di carburante per autotrazione, autolavaggio e vendita accessori auto. Con tale atto, partendo da una ricostruzione induttiva del volume di ricavi, veniva rideterminato un maggior reddito di impresa conseguito dalla stazione di servizio e quindi venivano applicati maggiori imposte ai fini Irpef, Irap ed Iva.

La contribuente eccepiva la nullità dell'avviso di accertamento il quale era stato emesso in mancanza di presupposti, all’esito di un accertamento totalmente induttivo. Inoltre, i giudici delle commissioni tributarie che avevano confermato la legittimità dell’avviso, avevano fornito una motivazione solo apparente al ricorso presentato dalla contribuente.

La Cassazione, al contrario, ha dato ragione alle argomentazioni della contribuente ritenendo insufficienti le motivazioni del giudice di merito. Ed infatti, la sentenza è nulla quando essa non renda noto il ragionamento seguito dal giudice. Per gli ermellini, in sostanza, si trattava di una sentenza con motivazioni del tutto generiche ed astratte, con cui non venivano esaminati i motivi di ricorso della contribuente. Per tali ragioni è stata considerata nulla.

Corte di Cassazione, V Sez. Civile, sentenza n. 9694 del 13/05/2015

Questo contenzioso ha riguardato le contestazioni mosse dall’Agenzia delle Entrate ad una contribuente esercente l'attività di vendita di carburanti e lubrificanti, bar e ristorante accusata di non presentato le dichiarazioni Iva trimestrali e annuali, né di aver assolto l'Iva. Per tali ragioni l’Ufficio rideterminava induttivamente i ricavi basandosi sulle maggiori percentuali di ricarico applicate a carburanti e lubrificanti annotati nei registri UTIF di carico e scarico e sulle bollette di acquisto. Veniva così quantificata l'Iva evasa ed applicati interessi e sanzioni.

Dal suo canto la contribuente reclamava il proprio diritto alla rivalsa e alle detrazioni fiscali, così come era evidente ed ammessa dalla documentazione analizzata dalla Guardia di Finanza.

L’amministrazione finanziaria, invece, le negava questo diritto ritenendo che la stessa non potesse godere delle detrazioni fiscali in quanto non aveva provato di aver eseguito i versamenti, né le imposte detraibili risultavano dalle liquidazioni periodiche. Per l’Agenzia delle Entrate, infatti, non erano sufficienti le sole annotazioni dell'imposta nei registri Utif e degli acquisti.

La Cassazione ha respinto il ricorso promosso dall’Agenzia delle Entrate ritenendolo insufficiente. Ed infatti a parere dei giudici di legittimità l’Ufficio basava la sua pretesa su un presupposto, ovvero la mancata esecuzione dei versamenti da parte della contribuente, che non era stato dimostrato.

Al contrario, i versamenti risultavano tutti annotati e fatturati, come da verbale della Guardia di Finanza dove erano anche stati precisamente indicati nel loro ammontare tutti gli acquisti e le vendite della titolare della pompa di benzina. In sostanza, quest’ultima risultava pienamente in regola con i versamenti, così come risultante dalle fatture attive e passive, registri Iva degli acquisti e corrispettivi, bolle di accompagnamento emesse e ricevute, registri di carico e scarico dei beni viaggianti con relative ricevute fiscali, registri di carico e scarico carburanti.

Comm. Trib. Reg. per il Lazio, sentenza  n. 3280 del 09/06/2015

Infine, il terzo ed ultimo caso riguarda un avviso di rettifica del reddito notificato, all’esito di un controllo fiscale, al titolare di una stazione di servizio relativamente ai costi per accessori e gadget, compresi lubrificanti, fodere per auto e tergicristalli.

L’Agenzia delle Entrate, in questo caso, contestava l’inerenza di tali costi e quindi la loro deducibilità.

La CTR del Lazio con questa sentenza ha fatto chiarezza sul punto precisando che l'Amministrazione finanziaria non può procedere alla rettifica del reddito dichiarato dal titolare di un distributore di carburante se quest’ultimo dimostri che i gadget venduti alla clientela sono inerenti all'esercizio dell'attività. Ed infatti, batterie, oli lubrificanti per auto, accessori per auto sono beni strumentali e connessi all'attività d'impresa nel caso in cui si tratti di una stazione di servizio dedita non solo alla vendita al dettaglio di carburante per autotrazione, ma anche alla vendita di altri accessori connessi.

 

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