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Le attività svolte dalle scuole guida sono incentrate prevalentemente nella diffusione dell’educazione stradale, l’istruzione e la formazione dei conducenti di tutti i tipi di veicoli a motore, quali auto, autocarri, autobus e imbarcazioni. La finalità è quella di far conseguire al cliente un titolo abilitativo alla guida, ovvero una patente di guida.
Accanto alla tradizionale attività di insegnamento alla guida, le autoscuole offrono ai clienti anche il supporto nel disbrigo di tutte le pratiche connesse, quali le diverse certificazioni, il pagamento dei bolli, le visite mediche, la procedura amministrativa per il rilascio del c.d. foglio rosa, la prenotazione degli esami teorici e pratici, e qualsiasi altra incombenza da svolgere con gli Uffici della Motorizzazione Civile. Il cliente, così, non si preoccuperà di alcun adempimento burocratico, demandando all’autoscuola la gestione della pratica relativa al suo esame di guida. Diversamente, nel caso dei privatisti che non si rivolgono ad un’autoscuola, sarà l’esaminando ad occuparsi di tutto ed il rapporto avverrà direttamente con la Motorizzazione Civile.
In sostanza, un cliente si iscrive ad una scuola guida per seguire un corso di istruzione teorico-pratica propedeutico al rilascio della patente desiderata e per essere seguito in tutto il suo percorso.
L’avvio di un'autoscuola quale attività di impresa richiede, al di là dell’investimento finanziario e del possesso di diversi requisiti di idoneità, anche il rilascio di un’autorizzazione da parte delle province.
Le attività didattiche oltre che i corsi pratici di guida vengono svolti da insegnanti teorici ed istruttori pratici in possesso della idoneità riconosciuta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti previo rilascio di un attestato di qualifica professionale.
Nella realtà italiana le autoscuole sono costituite per lo più da imprese individuali a conduzione familiare, o comunque da imprese di piccole dimensioni con l’impiego di pochi collaboratori, anche esterni alla struttura.
Dal punto di vista amministrativo le scuole guida, accanto a tutta la documentazione obbligatoria non fiscale che devono tenere, come il registro di iscrizione degli allievi, il registro delle lezioni teoriche, le schede per l’ammissione all’esame di teoria, all’esame di guida, ecc. devono osservare numerosi adempimenti fiscali.
Innanzitutto, sotto il profilo dell’IVA, è bene chiarire che le lezioni svolte per il conseguimento della patente ricadono tra le operazioni esenti dall’imposta. Inoltre, sempre con riferimento alle prestazioni didattiche, le autoscuole non devono emettere alcun documento fiscale.
Al contrario, per tutte le altre attività svolte, comprese quelle di disbrigo pratiche automobilistiche, le scuole guida devono emettere il relativo documento fiscale, esempio scontrino o ricevuta fiscale, ed assoggettare le prestazioni al regime Iva ordinario. Infine, tra le prestazioni erogate compaiono anche le visite mediche effettuate per il rilascio o il rinnovo delle patenti che devono essere assoggettate ad Iva e devono essere fatturate al cliente il quale può esercitare il diritto alla detrazione delle spese mediche sostenute.
Autoscuole ed accertamenti fiscali
Anche le scuole guida, come qualsiasi altra attività di impresa, sono destinatarie di accertamenti e verifiche fiscali mirate a rintracciare eventuali ricavi occultati.
Le indagini, in particolare, sono dirette a controllare il volume d’affari conseguito ed a ricostruire l’ammontare complessivo delle prestazioni eseguite e, di conseguenza, dei relativi corrispettivi.
Nella maggior parte dei casi i controlli svolti nelle autoscuole partono dai riscontri tra il numero di allievi iscritti e le scritture contabili. Tuttavia, è bene precisare che non sempre questi parallelismi portano a risultati attendibili. Infatti, capita che non tutti gli iscritti ad un corso per conseguire una patente lo portano a termine, decidendo di interromperlo in corso d’opera, pur avendo versato i corrispettivi per l’iscrizione iniziale e i bolli per il foglio rosa.
Altra pratica adottata dagli accertatori è quella di verificare il numero di lezioni di guida svolte, basandosi sul chilometraggio medio per singola lezione, sul numero di istruttori presenti e sulla durata media di ogni singola lezione. Così facendo si arriverebbe a determinare il numero effettivo di lezioni pratiche svolte, anche sulla base del costo medio applicato ad ogni lezione.
Quello che viene trascurato, in queste fasi, potrebbe essere, oltre a garantire un contraddittorio con il titolare dell’autoscuola che può chiarire e precisare i punti controversi, anche il fatto che le auto usate per le esercitazioni sono spesso ad uso promiscuo. Ciò significa che oltre per le lezioni pratiche vengono anche usate per scopi privati dell’imprenditore. È evidente che in tali casi sarebbe iniquo calcolare il numero di lezioni svolte basandosi esclusivamente sul chilometraggio riscontrato.
Ed ancora, altro elemento che viene considerato durante gli accertamenti e che non può costituire un dato attendibile ed uguale per tutti è quello del ricarico medio per patente. Si ritiene, infatti, che una percentuale bassa di ricarico sia indice di prestazioni non contabilizzate. Una percentuale elevata, al contrario, sarebbe indice di personale impiegato in nero o di costi non contabilizzati.
Un’altra vicenda che interessa spesso le autoscuole, a prevalente conduzione familiare, è quella che riguarda la cessione della titolarità d'azienda che generalmente avviene da padre in figlio. In questi casi, il trasferimento si ha dal titolare al cogestore di fatto. Non di rado l’Agenzia delle Entrate ritiene che questi movimenti siano solo un modo speculativo per sottrarre ricchezza all’imposizione fiscale. Tuttavia, in tali circostanze la cessione della titolarità di un'autoscuola dal padre titolare al figlio che lo succede e che di fatto è già cogestore dell’attività costituisce un atto formale di cessione che non ha intenti di speculazione e non determina alcuna movimentazione di ricchezza.
Infine, non mancano i casi in cui l’accusa di occultamento di una parte dei corrispettivi percepiti si basa sullo scostamento rispetto ai parametri stabiliti dagli studi di settore, ora ISA. Quello che non viene detto è che in questi casi spetta all’Agenzia delle Entrate dimostrare l'applicabilità in concreto degli studi di settore e, soprattutto, sconfessare le ragioni fornite dal contribuente. Anche in questi casi le accuse dell’Amministrazione Finanziaria si fondano spesso su indizi generici e poco gravi. Al contrario gli studi di settore richiedono la sussistenza di indizi che siano gravi, precisi e concordanti.
Per tutti questi motivi il contribuente, titolare di un’autoscuola che riceva un avviso di accertamento contenente la rettifica di maggiori ricavi, con conseguenti maggiori imposte che deve corrispondere all’erario, può far valere le sue posizioni solo davanti alle commissioni tributarie.
Questo è quello che è accaduto nei seguenti casi.
Comm. Trib. Reg. della Toscana, sentenza n.106/9/13
Questa vicenda ha preso avvio da un avviso di accertamento relativo ad Iva, Irpef ed Irap dovuta da un’autoscuola. L’Agenzia delle Entrate, nello specifico, contestava l’antieconomicità dell’attività svolta dal contribuente, titolare dell’autoscuola, in quanto basata su una contabilità ritenuta inattendibile.
Avverso l’avviso di accertamento il contribuente ha proposto ricorso davanti alle commissioni tributarie.
Il Giudice di appello ha accolto il ricorso ritenendo che in presenza di una contabilità regolarmente tenuta, come nel caso dell’autoscuola, non poteva trovare applicazione l'accertamento analitico-induttivo svolto dall’Agenzia delle Entrate.
In questo caso, in particolare, l'Amministrazione finanziaria non aveva provato i presupposti indispensabili per l’imposizione fiscale, risultando che il contribuente aveva comunque tenuto una contabilità regolare.
Inoltre, non poteva neppure parlarsi di antieconomicità della gestione visto che era risultato che con i proventi dell’autoscuola vivevano tutti i componenti della famiglia, e precisamente il titolare dell'azienda e i due figli.
A parere dei giudici, in sostanza, l’Agenzia delle Entrate aveva fondato il suo accertamento solo su una presunzione semplice e non aveva fornito ulteriori prove a sostegno della sua richiesta.
Comm. Trib. Reg. della Campania, sentenza n. 6338/17/14
Anche questo caso ha avuto origine da un avviso di accertamento, che, a seguito di verbale di ispezione e basandosi sull’inattendibilità delle scritture contabili pur formalmente regolari di una scuola guida, accertava maggiori ricavi derivanti dall'attività.
La contribuente, titolare dell’autoscuola, immediatamente contestava la correttezza dei calcoli eseguiti dall'Agenzia delle Entrate e presentava ricorso davanti alle commissioni tributarie per accertare l’infondatezza della pretesa tributaria.
La CTR campana accoglieva il suo ricorso dichiarando illegittimo l'atto impositivo. Innanzitutto, secondo i giudici, l’Amministrazione finanziaria non aveva allegato gli atti su cui basava la pretesa tributaria, fra cui il processo verbale di constatazione. L’Ufficio, inoltre, aveva commesso importanti errori di calcolo nell’individuazione delle lezioni pratiche svolte dalla scuola guida.
Al contrario, la contribuente aveva dato prova di tutte le guide effettuate nel corso della sua attività di autoscuola.
Comm. Trib. Reg. per la Lombardia, sentenza n. 2758 del 22/06/2015
Anche questa terza ed ultima vicenda ha preso avvio da un avviso di accertamento mirato alla determinazione di un maggior reddito di impresa conseguito da un'autoscuola. In particolare, in questa circostanza l’accertamento si fondava sulla verifica degli incassi conseguiti dall’attività per il rilascio di patenti.
Il contribuente, dal suo canto, affermava la correttezza delle scritture contabili da lui tenute.
La CTR ha dichiarato illegittimo l’operato svolto dall’Agenzia delle Entrate. quest’ultima, infatti, si era basata su una determinazione induttiva del reddito, anche in presenza di una contabilità tenuta correttamente e, soprattutto, in presenza di ricavi ritenuti congrui agli Studi di Settore.
A parere dei giudici, infatti, non vi erano indizi concreti, certi e concordanti tali da consentire del tutto inattendibili le scritture contabili, così come era stato fatto dall’Amministrazione Finanziaria.
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