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Corte di Cassazione, Sez. 5,
Sentenza n. 4847 del 24 febbraio 2020
I FATTI DI CAUSA
Con la sentenza sopra detta la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. stacc. di Catania, confermando quella di primo grado, ha rigettato il ricorso proposto da S.M.A. s.p.a. avverso il silenzio - rifiuto opposto dall'Agenzia delle Entrate alla domanda di rimborso della somma di € 1.790.653,00, pari al 90% delle imposte versate in qualità di sostituto d'imposta negli anni 1990, 1991 e 1992, e fondata sull'ordinanza 2057 del 21 dicembre 1990 del Ministro per il coordinamento della protezione civile emessa in occasione degli eventi sismici verificatisi nelle province di Catania, Siracusa e Ragusa il 13 e il 16 dicembre 1990.
La Commissione Tributaria Regionale ha giustificato la sua decisione negando la legittimazione soggettiva del sostituto d'imposta e ritenendo la domanda della ricorrente inammissibile al momento della sua proposizione, quando il rapporto tributario era già definito.
Ricorre per la cassazione di questa sentenza la S.m.a. s.p.a., deducendo due motivi.
Resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce «violazione del combinato disposto degli artt. 38 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e 18 e 19 lett. f), d.lgs. n. 546/1992, in relazione all'art. 360, n. 3 cod. proc. civ.», avendo la sentenza negato al sostituto d'imposta legittimazione alla domanda di rimborso.
Con il secondo motivo deduce «violazione dell'art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dell'art. 1, comma 665, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, in relazione all'art. 360, n. 3 cod. proc. civ.», avendo la sentenza affermato, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, l'inapplicabilità al caso di specie dell'art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Nel controricorso l'Agenzia ripropone l'eccezione di tardività dell'istanza di rimborso, siccome presentata oltre il termine previsto dall'art. 38 DPR 602/'73. Va preliminarmente trattata questa eccezione, che è logicamente pregiudiziale alle altre questioni.
Essa è manifestamente infondata, alla luce dello ius supeveniens costituito dalla I. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, ultima parte, che ha espressamente stabilito che il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del d.l. 31 dicembe 2007, n. 248, e quindi dal 1^ marzo 2008 (Cass., 18205/2016; Cass. 21090/2019).
Essendo qui pacifico che l'istanza di rimborso fu presentata il 22 febbraio 2008, l'eccezione si rivela priva di fondamento.
Il primo motivo è, per quanto concerne il principio di diritto applicato, fondato.
La legittimazione diretta del sostituto d'imposta a domandare la restituzione di ritenute indebitamente versate, a norma dell'art. 38, 2° comma, del D.P.R. 602/'73, è largamente riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte.
Anzi, le questioni che sono state per lo più sottoposte alla Corte sono quelle inverse, riguardanti la legittimazione diretta del sostituito alla domanda di rimborso (Cass., n. 4291 del 2018; Cass., 14406 del 2018; cass., 17472/2017) e i rapporti fra le azioni autonomamente proposte dal sostituito o dal sostituito (Cass., 1433/2000; Cass. 14911/2007).
Senza ignorare un precedente di questa sezione in senso contrario (Cass., 18925/'16) l'orientamento della parte maggioritaria della giurisprudenza è coerente con il profilo giuridico del sostituto d'imposta, che come tale non è il rappresentante legale del c.d. sostituito (nel caso in esame, i dipendenti che operarono in sedi aziendali comprese nel territorio interessato agli eventi sismici siciliani del 1990), ma obbligato direttamente e in proprio "al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili..." e che è anche legittimato ad intervenire nel procedimento di accertamento dell'imposta (art. 64, co. 3, DPR 600/'73).
Agendo in nome e per conto proprio, il fatto che gli effetti economici dei suoi pagamenti si trasferiscano sui sostituiti (nei confronti dei quali ha diritto di rivalsa) è circostanza che non può avere effetto giuridico in questa sede, essendo estranea al rapporto fra il sostituto e l'Ente impositore (le relative controversie non appartengono neppure alla giurisdizione tributaria: Cass., Sez. u., 16833/2017).
Tanto puntualizzato, dallo status di legittimato in proprio del sostituto d'imposta consegue - in questa peculiare materia - che il problema sotteso alla controversia riguarda la fondatezza della domanda alla luce del generale divieto di aiuti di Stato per gli enti economici, quale è sicuramente la società per azioni ricorrente.
La Commissione UE, con la decisione del 14/08/2015, C(2015) 5549 final (che il giudice nazionale deve attuare anche mediante disapplicazione di norme contrastanti; conf. Cass., n. 22377/2017 e n. 29905/2017, cit.), ha stabilito all'art. 1 che "Le misure di aiuto di Stato in oggetto (L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 90, e successive modifiche e integrazioni; L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 363, e successive modifiche e integrazioni; L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1011, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 109, e successive modifiche e integrazioni; D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 6, comma 4-bis e 4-ter, e successive modifiche e integrazioni; L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 28, e successive modifiche e integrazioni; e tutti gli atti esecutivi pertinenti previsti dalle leggi sopraccitate), che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l'Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell'art. 108, par. 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, sono incompatibili con il mercato interno".
E' fatta salva l'ipotesi che si tratti di un "aiuto individuale" che "al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014", ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti c.d. de minimis (art. 2 dec. cit.), o che, "al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione dell'articolo 1 del regolamento (CE) n. 994/98" (sull'applicazione degli artt. 92 e 93 - ora 87 e 88- del Trattato a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontati), "o da ogni altro regime di aiuti approvato", ma "fino a concorrenza dell'intensità massima prevista per questo tipo di aiuti" (art. 3 dec. cit.). Secondo la Commissione UE "una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sé aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perché il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un'attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perché il beneficio individuale è in linea (con) il regolamento de minimis applicabile oppure perché il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esenzione)" (§ 134 dec. cit.)." "Una volta assodato lo svolgimento di un'attività economica (commerciale o professionale che sia) da parte del contribuente, il medesimo giudice di merito è tenuto a verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (artt. 2 e 3 dec. cit.), "tenendo conto, in specie, che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale Part. 92, n. 1 TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un'eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell'irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza" (Cass., n. 22377/2017, cit.; conf. n. 29905/2017, cit.). In difetto, il giudice di merito deve valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la ridetta decisione della Commissione UE, fanno ritenere comunque compatibili gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell'art. 107, par. 2, lett. b) TFUE, ovvero che si tratti di "aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale" (§ 150, lett. b), dec. cit.), sempre che sussista "un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l'aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame" (§ 136 dec. cit.).
Il che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell'area colpita dalla calamità naturale al momento dell'evento, e che sia evitata una sovra-compensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l'importo compensato da altre fonti (assicurative o da altre misure di aiuto; § 148 dec. cit.).
Inoltre, per il rispetto del principio de minimis, non basta che l'importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell'UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l'ammontare massimo totale dell'aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. sez. lav., 09/06/2017, n. 14465).
Nella specie, mancando agevolazioni concesse e da recuperare, è il contribuente stesso che, avendo assolto a suo tempo all'intera imposizione fiscale, chiede il rimborso dell'eccedenza versata rispetto al dovuto in applicazione dell'art. 6, commi 4-bis e 4-ter, d.l. 29/11/2008, n. 185. Il che comporta che alcune verifiche fattuali, ora richieste dalla decisione della Commissione (come la circostanza che l'aiuto per importi e arco temporale sia in linea con il regolamento de minimis), influiscono sulla valutazione finale della domanda (§§ 134, 136, 148, 150 lett. b) dec. cit.).
Ovviamente l'onere di provare le suddette circostanze incombe al soggetto che invoca il beneficio.
Tuttavia, l'applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla decisione della Commissione UE 14.8.2015, C (2015) 5549 final (sopravvenuta in pendenza del giudizio di appello), e la sua diretta incidenza sulla decisione della lite, nel determinare la cassazione della sentenza delle commissione regionale, consentono l'esibizione, in sede di rinvio, degli ulteriori documenti necessari per l'accertamento di quei fatti che, in precedenza, non erano indispensabili ai fini della decisione, ma che ora costituiscono il presupposto per l'applicazione della nuova regola giuridica dell'UE (Cass.,n. 22377/2017, cit.; conf. n. 29905/2017, cit.).
Il ricorso va, pertanto, accolto nei termini sopra enunciati, con cassazione della sentenza in relazione al motivo accolto e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, in diversa composizione, cui è demandato di procedere a nuovo esame in conformità ai superiori principi di diritto, osservando la decisione della Commissione UE del 14/08/2015 e le indicazioni della Corte di giustizia del 15/07/2015, e di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. L'accoglimento del primo motivo, ancorché per ragioni diverse da quelle dedotte, assorbe il secondo.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Roma, 10 ottobre 2019
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