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Corte di Cassazione, Sez. 5,
Sentenza n. 34576 del 30 dicembre 2019
FATTI DI CAUSA
Con atto del 12.2.2008 CeF S.p.A. LeF acquistava, per il prezzo di euro 1650.000, 00, da EK, MM e RM un locale autorimessa per cederlo in locazione finanziaria alla I.P.D.L S.r.l..
L'Agenzia delle entrate notificava ai contribuenti un avviso di rettifica e liquidazione con il quale accertava in euro 2.090.400,00 il valore del cespite, assumendo l'incongruenza del valore dichiarato dalle parti.
CeF S.p.A. impugnava l'atto impositivo, eccependo il difetto di motivazione e l'incongruità del valore accertato.
La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con sentenza n. 83 del 2012, accoglieva il ricorso, rilevando il difetto di motivazione dell'atto impugnato. L'Agenzia delle entrate proponeva appello, che veniva accolto dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, con sentenza n. 284/48/12, ritenendo l'insussistenza dell'eccepito difetto di motivazione dell'avviso di accertamento, nel quale veniva fatto riferimento all'ubicazione centrale dell'immobile, alla sua consistenza, alla destinazione, nonché ai valori del mercato immobiliare a destinazione.
CeF Spa LeF ricorre per cassazione, svolgendo tre motivi. L'Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
CeF Spa. ha depositato, con memoria, la sentenza n. 364/32/13 della Commissione Tributaria Regionale della Campania con attestazione di passaggio in giudicato, rilevando, ai sensi dell'art. 1306 c.c., la sussistenza di effetti vincolanti favorevoli nel presente giudizio, in quanto condebitrice nel rapporto obbligatorio di imposta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
l. Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per inosservanza dell'obbligo di specificità del motivi di appello, in violazione dell'art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992 e, più in generale, dell'art. 342 c.p.c., in relazione all'art. 360 comma l, n. 3, c.p.c., in quanto l'eccezione di inammissibilità dell'appello proposta dall'Agenzia delle entrate per inosservanza dell'obbligo di specificità dei motivi non è stata accolta dal giudice del merito, non essendo sufficiente, diversamente da quanto precisato in sentenza, che l'atto di appello consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate, ma è necessario che le ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente grado di specificità, unendo alla parte volitiva dell'appello una parte argomentativa che contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, con la conseguenza che, se da un lato il grado di specificità dei motivi non può essere stabilito in via generale ed assoluta, dall'altro lato esso esige pur sempre che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell'appellante, volte ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime.
2.Con il secondo motivo si censura lc1 sentenza impugnata denunciando omessa pronuncia in violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 comma l, n. 4, c.p.c .
La società ricorrente denuncia che con l'appello l'Agenzia delle entrate aveva contestato la carenza di motivazione rilevata dai giudici di primo grado, richiamando gli artt. 7 della l. n. 241 del 1990 e 4 del d.lgs. n. 32 del 2001 (che ha introdotto nel corpo dell'art. 52 del d.P.R. n. 131 del 1986, il comma 2- bis), omettendo, in modo fuorviante, di riportarne i testi completi. Sul punto, ancorchè sollecitato dalla
difesa della ricorrente mediante trascrizione, nelle proprie controdeduzioni all'appello dell'ufficio, dei testi completi delle dette norme per le quali l'atto a suo tempo impugnato non poteva che essere annullato, il giudice del gravame avrebbe omesso ogni statuizione.
3.Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge, nonché insufficiente ed erronea motivazione in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., atteso che la motivazione dell'avviso di accertamento sarebbe assolutamente generica e incompleta, priva di ogni riferimento a cespiti analoghi compravenduti nel triennio precedente, ovvero al reddito netto di cui l'immobile sarebbe idoneo a produrre. Si lamenta che il tessuto argomentativo del giudice del gravame, nel quale sarebbe dato ravvisare la completa inosservanza delle norme citate, presenterebbe lacune, incoerenze ed incongruenze tali da impedire l'individuazione del criterio logico posto a fondamento della sentenza impugnata.
Il riferimento all'ubicazione centrale, alla consistenza ed alla destinazione dell'immobile ed ai valori di mercato a disposizione dell'Ufficio, non soddisferebbero l'obbligo di motivazione di cui al citato art. 51, comma 3, d.P.R. 131 del 1986. 4. I primo motivo è infondato.
Questa Corte, con indirizzo condiviso, ha affermato che la mancanza o l'assoluta incertezza dei motivi specifici dell'impugnazione, i quali, ai sensi dell'art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, determinano l'inammissibilità del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora il gravame contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi essere ricavati, anche per implicito, dall'intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni. Ciò in quanto nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell'appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall'art. 53, comma l, del d.lgs. n. 546 del 1992, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all'art. 14 disp. p rei. c.c., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l'accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell'atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l'effettività del sindacato sul merito dell'impugnazione (Cass. n. 707 del 2019; Cass. n. 20379 del 2017).
Ne consegue che non può affermarsi l'inammissibilità dell'appello per avere l'Ufficio riproposto gli argomenti già svolti nel giudizio di primo grado, considerato che essi si ponevano in contrasto con le statuizioni della sentenza impugnata e ne costituivano implicita critica, tenuto conto che non è in contestazione che l'atto di appello consentiva di individuare le statuizioni concretamente impugnate.
5. Il secondo e terzo motivo di ricorso vanno decisi congiuntamente per connessione logica.
A tale riguardo, va esaminato l'eccepito effetto espansivo del giudicato favorevole relativo alla sentenza n. 364/32/13 della Commissione Tributaria Regionale della Campania che ha annullato l'avviso di rettifica e liquidazione n. 20081T00228600 oggetto del presente giudizio.
Lo stesso atto impositivo è stato impugnato, infatti, da CeF.
L'eccezione è fondata. Emerge dai fatti di causa che, con atto notarile TG del 12.2.2008, i sigg. KE, MM e MR vendevano a CeF S.p.A. l'immobile sito in Napoli, alla via S. Maria della Neve n. 67, per il prezzo dichiarato in atto di euro 1.650.000. L'Agenzia delle Entrate notificava a CeF ed ai venditori l'avviso di rettifica e liquidazione n. 20081 T002286000 con il quale rettificava il valore dell'immobile compravenduto, elevandolo da euro 1.650,000 ad euo 2.090.400,00.CeF S.p.A. con
memoria ha dedotto che il suddetto avviso, oggetto anche del presente procedimento, era stato impugnato dai venditori sigg. KE, MM e MM innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che, con sentenza n. 82 del 2012, annullava l'atto impositivo.
La decisione, appellata dall'Agenzia delle Entrate, veniva confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania con la sentenza n. 364/32/13. La società contribuente ha depositato copia della decisione con attestazione di passaggio in giudicato, invocando l'applicazione dell'art. 1306 c.c., atteso che con la pronuncia i giudici di appello hanno annullato l'avviso di rettifica e liquidazione n. 20081T002286000.
Orbene, dalla piana lettura della sentenza n. 364/32/13 si rileva che l'avviso di liquidazione è stato annullato per difetto di motivazione.
La ricorrente ha invocato nel presente giudizio il giudicato favorevole ai coobbligati in solido, che avevano autonomamente impugnato l'atto.
Osserva il Collegio che il tema dei limiti soggettivi del giudicato tributario è stato discusso con riguardo all'applicabilità dell'istituto della solidarietà tributaria dell'art. 1306, comma 2, c.c., che consente al condebitore di opporre al creditore il giudicato intervenuto nel giudizio tra creditore ed un altro condebitore. Ai sensi dell'art. 1306 c.c. "la sentenza, pronunciata tra creditore ed uno dei debitori in solido non ha effetto contro gli altri debitori".
Tale norma riflette il principio secondo cui la sentenza vale solo tra le parti del processo. In deroga a tale principio, il secondo comma dell'art. 1306 c.c. prevede che i debitori, che non hanno partecipato al processo, possono opporre al creditore la sentenza favorevole ottenuta da altro condebitore (salvo che sia fondata su ragioni personali). Si richiama, in proposito, il costante indirizzo di legittimità, in base al quale: "in tema di solidarietà tributaria, in virtù del limite apportato dal comma 2 dell'art. 1306 c.c. al principio enunciato dal I comma, il debitore che non ha partecipato al giudizio può opporre al creditore la sentenza a sé favorevole, salvo che essa sia fondata su ragioni personali al condebitore ne cui confronti è stata emessa e salvo che nei suoi confronti si sia formato un altro giudicato di segno diverso, trovando in tal caso l'estensione degli effetti favorevoli del giudicato ostacolo nella preclusione maturatasi con l'avvenuta definitività della sua posizione" (Cass. n. 16560 del 2017; Cass. n. 3204 del 20 18).
La Corte, con ordinanza n. 2540 l del 2015, ha statuito che: "In tema di solidarietà tributaria, l'eccezione di estensione del giudicato favorevole intervenuto nei confronti del condebitore solidale per ragioni non meramente personali può essere proposta nel corso del giudizio di legittimità a condizione che si sia formato dopo la conclusione del processo di appello e che la parte provveda a dedurre tempestivamente i fatti "nuovi" sopravvenuti, sicchè l'eccezione è preclusa, e il motivo di impugnazione è inammissibile, se il giudicato sia intervenuto nelle 1 more del giudizio di appello senza tempestiva deduzione in quella sede " Nel caso in esame il giudicato è intervenuto successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione.
Nella fattispecie, sebbene l'annullamento dell'atto impositivo sia stato pronunciato nei confronti delle altre parti contraenti, non vi è dubbio che di esso possa giovarsi, ex art. 1306 comma 2, c.c., anche l'odierna società acquirente, attinta da un titolo di responsabilità solidale; ciò sul presupposto che con la sentenza della Commissione Tributaria Regionale n. 364/32/13, passata in giudicato, è stato annullato lo stesso atto impositivo per cui si procede con il presente giudizio.
Va del resto considerato come l'annullamento in questione sia intervenuto non per ragioni personali della parte venditrice, ma per il fatto obiettivo del vizio di motivazione dell'atto impugnato e della omessa indicazione dei parametri per i quali è stato rilevato un maggior valore del terreno.
7. In definitiva, la Corte accoglie il secondo, il terzo motivo di ricorso e rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., accoglie il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente.
Le spese di lite di ogni fase e grado vanno interamente compensate tra le parti, stante il sopravvenire in corso di causa del suddetto giudicato di annullamento dell'atto impugnato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso e rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente.
Compensa le spese di lite di ogni fase e grado.
Così è deciso, in Roma, il 4 luglio 2019.
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