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La c.d. lista Falciani contiene presunte informazioni e dati relativi a diversi conti correnti detenuti presso l'HSBC di Ginevra, acquisite in modo illecito dall'ex dipendente Hervè Falciani.
La lista nel corso degli ultimi anni è stata oggetto di numerose controversie tributarie, peraltro, la giurisprudenza non ha adottato un orientamento univoco in materia.
Tieni conto che numerose sentenze hanno dichiarato, fra l'altro, la non utilizzabilità della lista tenuto conto della sua natura non lecita.
Ma adesso, dai un'occhiata a questi 3 esempi (tra tanti altri) di sentenze in cui i giudici hanno dato ragione ai contribuenti:
1) Con la sentenza n. 33893/2019 la Corte di Cassazione pronunciandosi sul ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate, ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti dando ragione alla contribuente.
Il processo traeva origine da tre avvisi di accertamento a seguito di verifica indotta da parte dell'amministrazione finanziaria francese (in forza degli strumenti previsti dalla direttiva n. 77/799/CEE del 19 dicembre 1977 e della Convenzione Italia-Francia contro le doppie imposizioni del 5 ottobre 1989, di una lista - c.d. lista Falciani - di detentori di investimenti e disponibilità finanziarie in Svizzera, presso la HSBC Private Bank di Ginevra- tra i quali erano individuati la controricorrente ed il coniuge) - che avevano effettuato movimentazioni all'estero soggette agli obblighi di monitoraggio fiscale di cui all'art. 4 del d.l. n. 167/1990 convertito nella l. 227/1990.
La controricorrente proponeva ricorso avverso gli avvisi davanti alla CTP di Reggio Emilia, la quale, respingeva le censure della contribuente;
Invece la CTR dell'Emilia Romagna accoglieva gli appelli proposti dalla contribuente.
L'Agenzia delle Entrate aveva quindi proposto ricorso davanti alla Corte di Cassazione affidato a due motivi.
Con il primo motivo di ricorso l'Ufficio aveva denunciato violazione e/o falsa applicazione degli art. 2727 e 2729 cod. civ. 7 e 8 della Direttiva 77/799/CEE, art. 27 della n. 20/1992 in relazione all'art. 360, comma 1, n.3, c.p.c., nella parte in cui la CTR, pur avendo ritenuto legittimo l'utilizzo della documentazione proveniente dall'Autorità francese, aveva tuttavia escluso che le informazioni dalla stessa desumibili fossero suscettibili di integrare presunzioni, gravi, precise e concordanti.
Con il secondo motivo l'Ufficio aveva lamentato violazione e/o falsa applicazione dell'art. 12 del d.l. n. 78/2009, dell'art. 4 del d.l. n. 167/1990 e 44 del DPR n. 917/1986 (Tuir) in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 del c.p.c., laddove attribuendo alla disciplina natura sostanziale, nella parte in cui essa prevede l'utilizzo, nel metodo di accertamento, di una presunzione legale relativa, la CTR aveva escluso in ognuna delle sentenze impugnate l'applicabilità del citato art. 12.
La Corte ha dichiarato infondati i motivi dell’ Agenzia delle Entrate, in particolare, dando seguito all'indirizzo già espresso in materia (in particolare in Cass. n. 2662/2018) e affermando come “La presunzione legale relativa di evasione introdotta (…) dall'art. 12, comma 2, del d.l. n. 78/2009 non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura procedimentale”, precisando come non incide meramente sul metodo di accertamento.
LE CONCLUSIONI DEI GIUDICI
Secondo la Corte “la CTR (...) non ha malamente o falsamente escluso il valore indiziario (…) della c.d. lista Falciani, quanto all'esistenza presso la banca svizzera di capitali non dichiarati dalla contribuente, che potessero intendersi costituiti con redditi non dichiarati, prestando anzi espressa adesione all'indirizzo interpretativo (...) inaugurato proprio riguardo a casi riguardanti la c.d. lista Falciani, secondo cui “In tema di accertamento tributario, è legittima l'utilizzazione di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche acquisito in modo irrituale, ad eccezione di quelli la cui inutilizzabilità discende da specifica disposizione di legge e salvi i casi in cui venga in considerazione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale”.
La Corte di Cassazione pronunciandosi sul ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate, ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti, dando ragione alla contribuente e condannando l'Ufficio al pagamento delle spese.
2) Ancora, la Corte di Cassazione con sentenza n. 32591/2019 si è pronunciata sul ricorso proposto da un contribuente contro l'Agenzia delle Entrate.
Il ricorso del contribuente aveva ad oggetto la sentenza con la quale la CTR del Veneto, confermando la sentenza in primo grado, aveva ritenuto legittimo l'avviso di accertamento relativo all'anno di imposta 2004, notificatogli a seguito a verifica con la quale si dava atto del rinvenimento sulla persona del contribuente, di quattro fogli attestanti la detenzione all'estero di disponibilità finanziarie legittimanti (si riteneva) la rideterminazione del reddito in via sintetica ai sensi dell'art. 38 del DPR n. 600/1973.
In particolare, i giudici regionali, ponevano in rilievo come la pretesa fiscale scaturiva dal verbale del 10 luglio 2008 redatto dall'Ufficio Dogane di Como e che l'Ufficio in sede d'appello aveva fatto riferimento alla nuova verifica del 25 novembre 2010 nel corso della quale era stata esibita al contribuente una scheda riportante informazioni di presunti detentori di disponibilità finanziarie presso la Banca HSBC Private bank di Ginevra (c.d. Lista Falciani) tra i quali figurava lo stesso contribuente.
Con il primo motivo di ricorso il contribuente aveva denunciato l'omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio (art. 360, comma 1, n. 5): nell'atto di appello aveva fatto presente che la Guardia di Finanza aveva eseguito una verifica integrativa nei suoi confronti nel mese di novembre 2010 nel corso della quale era stata gli era stata esibita una scheda riportante informazioni di presunti detentori di disponibilità finanziarie presso la Banca HSBC Private bank di Ginevra (c.d. Lista Falciani) tra i quali figurava lo stesso contribuente; aveva quindi chiesto informazioni all'istituto di credito il quale aveva risposto che “Il saldo di USD 3.559.925 risalente al dicembre 2005 si riferisce in realtà, ad eccezione degli incrementi periodici dovuti esclusivamente ad investimenti finanziari, a disponibilità di capitale depositati presso il nostro istituto già dal 1997 e che da quell'anno non ci sono stati incrementi di capitale dovuti a versamenti e/o ad operazioni equipollenti”; aveva successivamente prodotto la ricostruzione della banca che smentiva la ricostruzione del reddito ma la Commissione Regionale aveva omesso totalmente la motivazione sul punto.
Pertanto, la Corte di Cassazione ha dichiarato fondato il primo motivo di ricorso (rigettato il secondo, e assorbiti gli altri) ed ha cassato la sentenza impugnata.
3) La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia si è pronunciata con la sentenza n. 11/10/13 in merito all’utilizzabilità della Lista Falciani.
Il processo traeva origine dalla verifica fiscale avente origine dalla trasmissione da parte della Guardia di Finanza di dati e relative notizie riguardo ad alcuni contribuenti italiani inseriti nella lista dei detentori di disponibilità presso la banca HSBC e veniva contestata ad contribuente italiano la mancata compilazione del quadro RW relativamente al periodo d'imposta 2006.
Il contribuente aveva proposto ricorso eccependo: l'illegittimità dell'atto, in quanto per la determinazione del reddito erano stati utilizzati dati e documenti acquisiti irritualmente (…) contenuti nella c.d. lista Falciani acquisita dallo Stato francese dietro corrispettivo in denaro pagato ad un soggetto fornitore terzo”; la non utilizzabilità della Lista Falciani, considerato come si trattava di “ documenti acquisiti con procedure illegittime per il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico di soggetti terzi e di appropriazione indebita di dati personali”; “ la non genuinità dei documenti utilizzati privi di riscontro e di attestazione di conformità ad originale da parte delle autorità francesi”.
I giudici di primo grado hanno accolto il ricorso del contribuente tenendo in considerazione il decreto di archiviazione del GIP di Pinerolo, il quale aveva disposto l'archiviazione del procedimento a carico del contribuente e la distruzione dei dati illecitamente acquisiti.
Così, L'Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso avverso la decisione di primo grado, già favorevole al contribuente, ma la CTR ha respinto il ricorso in appello dell’Agenzia ribadendo come “ non vi è dubbio che i documenti in questione siano stati formati attraverso la raccolta illegale di informazioni, trattandosi di files contenuti in un sistema informatico riservato nel quale il Falciani si è abusivamente introdotto contro la volontà di chi aveva diritto di escluderlo integrando così secondo il più recente e condivisibile orientamento giurisprudenziale il reato di cui all'art. 615-ter c.p. e il reato di appropriazione indebita aggravata di documenti ai sensi dell'artt. 846 e 61 n. 11 c.p.” e per questi motivi i giudici d'appello si sono pronunciati sulla non utilizzabilità degli stessi nel processo.
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Questo sono solo 3 esempi di sentenze che hanno dato ragione ai contribuenti con riguardo alle informazioni contenute nella c.d. lista Falciani, tuttavia le variabili da considerare sono molte di più. Per approfondire puoi ricercare tra le tante sentenze e ricorsi pubblicati sul nostro sito o chiedere l'intervento di un avvocato tributarista esperto proprio in questi temi, per trovare la soluzione migliore possibile in relazione al tuo personale caso.
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