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Falegnami, parametri e studi di settore: quando gli accertamenti dell'Agenzia sono sbagliati? 3 esempi di casi in cui i falegnami hanno vinto il processo contro l’Agenzia delle Entrate.

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Falegnami, parametri e studi di settore: quando gli accertamenti dell'Agenzia sono sbagliati? 3 esempi di casi in cui i falegnami hanno vinto il processo contro l’Agenzia delle Entrate.

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Sedie, tavoli, mobili di design, oggettistica in legno sono prodotti artigiani in alcuni casi fortemente ricercati.  

Il ritorno alla valorizzazione del lavoro artigiano si denota proprio dalle richieste dei consumatori sensibili, molto più di un tempo, all’arredo di design e desiderosi ad avere in casa dei pezzi unici, realizzati da artigiani del legno.

Molte volte, però, il ricorso ad un falegname avviene per motivi di ordine quotidiano quali la realizzazione di un mobile su misura o la riparazione di uno ancora in buone condizioni che si desidera conservare.

Se fino a qualche tempo addietro si faceva difficoltà a trovare un falegname competente costretto a chiudere battenti per via della crisi economica, negli ultimi tempi si ha un rifiorire di laboratori dove sempre più spesso i figli riprendono da dove il padre aveva lasciato.

Di recente, piattaforme come Pinterest peraltro hanno fatto la fortuna di molti artisti che lavorano con il legno.

Nella maggior parte dei casi si tratta di strutture a dimensioni ridotte, piccoli laboratori che operano sotto forma di ditte individuali o società di persone.

Inoltre, stando ai recenti studi riferiti a questo settore i falegnami che esercitano la loro attività per conto dei privati e quindi per una clientela commerciale, svolgono la loro impresa in piccoli laboratori dediti alla produzione/lavorazione, disponendo di beni strumentali essenziali e la struttura solo raramente possiede dipendenti o operai diversi dallo stesso titolare. 

Insomma, la realtà italiana dedita al lavoro artigianale del legno è tutta da ricostruire e da valorizzare mentre soltanto in pochi, o comunque una percentuale notevolmente inferiore rispetto ai falegnami che operano per conto dei privati, ha invece il privilegio di operare per conto di grandi aziende.

In tali casi, infatti, non si può parlare di artigiani ma di aziende di falegnameria che sono dirette ad un mercato diverso rispetto ai primi.

Tuttavia, non solo questi ultimi ma anche i piccoli falegnami che operano nelle botteghe artigiane sono oggetto di accertamenti fiscali e verifiche. 

Il dubbio principale (o meglio, l’accusa a volte mossa) è che il falegname artigiano operi in una situazione di inosservanza degli obblighi in materia fiscale.

Questa situazione si verificherebbe quando è difficile stabilire se l’artigiano eserciti la sua attività solo per hobby, pur disponendo di beni strumentali e di un laboratorio magari di sua proprietà e teoricamente non aperto al pubblico, oppure in verità eserciti una vera e propria attività di impresa. 

Quando poi il piccolo artigiano esercita regolarmente la sua attività ad attirare l’attenzione dei verificatori è anche il suo fatturato. Se quest’ultimo si discosta, sia in positivo che in negativo, rispetto alle medie degli studi di settore ecco allora che l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate si potrebbe porre sull’artigiano (e far nascere una verifica dell’Agenzia delle Entrate). L’obiettivo finale è trovare il modo per tassare il contribuente che si ipotizza abbia commesso delle infrazioni o si sia sottratto al pagamento dei tributi.

Ed ancora, ad essere passato in rassegna qualsiasi aspetto che possa essere indice di un comportamento contrario ai doveri fiscali e quindi evasivo: movimenti bancari considerati sospetti, imposte non versate, tenore di vita, disponibilità di beni e case.

Sono queste alcune delle fattispecie in cui l’artigiano è costretto a doversi difendere in corso di contenzioso tributario per dimostrare l’infondatezza della pretesa tributaria, così come è avvenuto nei seguenti casi.

Comm. Trib. Reg. per la Calabria, sentenza n. 234 del 03 marzo 2015

Relativamente alla rilevanza da attribuire agli studi di settore in questa vicenda la CTR calabrese è stata chiamata ad affrontare il ricorso di un falegname avvinto ad un avviso di accertamento basato su questi parametri e relativo ad un presunto maggior reddito non dichiarato.

A tal proposito i giudici hanno precisato che l’accertamento tributario standardizzato fondato sugli studi di settore rappresenta un sistema di presunzioni semplici, che non contiene indizi gravi, precisi e concordanti i quali non possono semplicemente desumersi dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto ai parametri stabili ma presuppone necessariamente un contraddittorio col contribuente. In caso contrario ne consegue la nullità dell’accertamento.

D’altro canto il contribuente deve dimostrare con ogni mezzo i motivi che comportano l’esclusione della sua impresa dai parametri applicati dall’Agenzia delle Entrate o comunque le caratteristiche particolari della sua impresa economica nel periodo considerato.

I Giudici hanno poi puntualizzato che è necessario considerare le condizioni concrete di ogni singola realtà aziendale analizzata come, nel caso di specie, il fatto che il falegname a causa di un infortunio si era assentato dal lavoro così ridimensionando la sua attività lavorativa.

Per tutti questi motivi hanno dichiarato la nullità dell’avviso dando ragione al falegname.

Comm. Trib. Reg. della Liguria, sentenza n. 6/13/2007

Sempre con riferimento alla valorizzazione del singolo caso concreto, la CTR della Liguria ha affrontato il caso di un falegname il quale, a seguito di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, era stato raggiunto da una serie di avvisi di accertamento relativi a redditi di impresa non dichiarati e ricavi a fini IVA non versata. Ciò in quanto, a parere degli accertatori egli esercitava abusivamente, all’interno di un laboratorio adeguatamente attrezzato di sua proprietà, l'attività di falegname senza osservare alcun obbligo previsto in materia fiscale. 

La CTR ha invece accolto il ricorso del contribuente dichiarando l’illegittimità degli avvisi in quanto lo stesso aveva dimostrato di svolgere l’attività di falegname in modo occasionale e senza che la stessa avesse i requisiti di continuità tipici di un’attività di impresa.

Il contribuente aveva, infatti dimostrato di aver cessato l’attività e di aver successivamente svolto dei lavori artigiani solo per hobby, così come confermato dai ridotti consumi di energia elettrica e dalla vetustà delle attrezzature in suo possesso.

Corte di Cassazione, sentenza n. 9858 del 13 maggio 2016

Infine, relativamente al presunto mancato pagamento dei tributi, la Cassazione con questa sentenza ha affrontato il ricorso di una falegnameria relativamente al mancato versamento della parte variabile della TIA, la tariffa di igiene ambientale, oggi sostituita dalla TARI e dovuta al Comune ove ha sede l’attività.

I giudici di Piazza Cavour, analogamente ai giudici di merito, hanno precisato che la quota variabile TIA non fosse dovuta dalla falegnameria in quanto nelle superfici adibite alla produzione non erano stati accertati, né dimostrati dal Comune, rifiuti urbani o assimilati. 

Dal canto suo l’impresa aveva provato di prodotto rifiuti speciali occupandosi a proprie spese dello smaltimento.

 

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