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Estensione degli effetti favorevoli del giudicato ai coobbligati: quali limiti? I giudici della Corte di Cassazione rigettano il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate

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Estratto: “Il principio - che opera indiscutibilmente anche in materia tributaria (da ultimo Cass. n. 303 del 2019, cit.), atteso che il processo tributario è un processo costitutivo rivolto all'annullamento di atti autoritativi incontra, peraltro, due limiti: a) il giudicato non può esser fatto valere dal coobbligato nei cui confronti si sia direttamente formato un giudicato (cfr. Cass. n. 19580 del 17/09/2014; Cass. n. 28881 del 09/12/2008; secondo Cass. n. 14814 del 05/07/2011 e Cass. n. 7255 del 04/08/1994, che ribadiscono il medesimo principio, la norma opera sul piano processuale, sicchè la sua applicazione, in favore del condebitore d'imposta, non trova ostacolo nell'inerzia di questi, la quale inerisce al rapporto sostanziale e non è equiparabile al giudicato (così anche Cass. n. 2231 del 30/01/2018 e Cass. n. 3105 del 01/02/2019); b) il condebitore non deve avere partecipato al giudizio in cui il giudicato si è formato, altrimenti operano le preclusioni proprie del giudicato, con la conseguenza che la mancata impugnazione da parte di uno o di alcuni dei debitori solidali, soccombenti in un rapporto obbligatorio scindibile, qual quello derivante dalla solidarietà, determina il passaggio in giudicato della sentenza nei loro confronti.”

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Corte di Cassazione, Sez. 5,

Ordinanza n. 33520 del 17 dicembre 2019

                                                                   FATTO

Ritenuto che:

Con sentenza nr 114/2012 la CTR di Roma rigettava l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la pronuncia della CTP di Frosinone con cui, nell'ambito del giudizio di impugnazione della cartella di pagamento nr XXX 20080005413910/001 relativa al recupero di una imposta complementare di registro nella misura di 1/3 ex art 56 DPR 131/1986, accoglieva il ricorso dei contribuenti P.A. e B. E..

Il Giudice di appello, condividendo il ragionamento del primo giudice, riteneva corretto applicare ai ricorrenti il giudicato favorevole emesso nei confronti del coobbligato in solido P. R. nei riguardi del quale l'avviso era stato annullato secondo la regola dell'art 1306 c.c..

Avverso tale pronuncia ('Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato al un solo motivo cui resistono con controricorso P.A. e B. E.

DIRITTO

Considerato che:

Con l'unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art.1306 c.c. ) in relazione all'ar. 360 comma I nr 3 c.p.c..

L'Agenzia delle entrate critica il ragionamento seguito dalla CTR laddove ha esteso gli effetti del giudicato favorevole ottenuto da P. R. agli altri cobbligati, già destinatari di un giudicato autonomo pronunciato sul medesimo avviso di rettifica e liquidazione.

Osserva, infatti, che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, gli effetti favorevoli del giudicato nei confronti degli odierni controricorrenti non si sarebbero potuti estendere nei loro confronti in quanto già destinatari di un giudicato autonomo pronunciato sul medesimo avviso di rettifica, che era stato definito con una pronuncia di rito.

Il ricorso è infondato.

Occorre ricordare che, normalmente, la sentenza emessa tra il creditore ed uno dei condebitori non ha effetto nei confronti degli altri condebitori (art. 1306 c.c., comma 1), sempre che questi ultimi non abbiano partecipato al giudizio (Cass. n. 23422 del 2016, cit.). Tuttavia, in deroga alla previsione dell'art. 1306 c.c., commi 1 . e 2, consente al condebitore estraneo alla sentenza emessa tra il creditore ed altro condebitore, di avvalersene secundum eventum litis ove la stessa sia passata in giudicato (Cass. n. 12766 del 19/06/2015; Cass. n. 9577 del 19/04/2013; Cass. n. 8816 del 01/06/2012), non sia fondata su ragioni personali del debitore (per un'ipotesi di integrazione delle ragioni personali si veda, ad es., Cass. n. 25890 del 23/12/2015) e sia stata sollevata tempestivamente la relativa eccezione (Cass. n. 21170 del 19/10/2016; Cass. n. 25401 del 17/12/2015).

Il principio - che opera indiscutibilmente anche in materia tributaria (da ultimo Cass. n. 303 del 2019, cit.), atteso che il processo tributario è un processo costitutivo rivolto all'annullamento di atti autoritativi incontra, peraltro, due limiti: a) il giudicato non può esser fatto valere dal coobbligato nei cui confronti si sia direttamente formato un giudicato (cfr. Cass. n. 19580 del 17/09/2014; Cass. n. 28881 del 09/12/2008; secondo Cass. n. 14814 del 05/07/2011 e Cass. n. 7255 del 04/08/1994, che ribadiscono il medesimo principio, la norma opera sul piano processuale, sicchè la sua applicazione, in favore del condebitore d'imposta, non trova ostacolo nell'inerzia di questi, la quale inerisce al rapporto sostanziale e non è equiparabile al giudicato (così anche Cass. n. 2231 del 30/01/2018 e Cass. n. 3105 del 01/02/2019) ; b) il condebitore non deve avere partecipato al giudizio in cui il giudicato si è formato, altrimenti operano le preclusioni proprie del giudicato, con la conseguenza che la mancata impugnazione da parte di uno o di alcuni dei debitori solidali, soccombenti in un rapporto obbligatorio scindibile, qual quello derivante dalla solidarietà, determina il passaggio in giudicato della sentenza nei loro confronti.

Ciò posto la questione giuridica sottoposta all'esame della Corte è quella di verificare se una pronuncia di mera inammissibilità possa generare un giudicato sostanziale.

La risposta è negativa.

La pronuncia di mero rito si è formata a seguito della mancata notifica all'Agenzia delle Entrate del ricorso proposto dagli odierni ricorrenti avverso l'avviso di rettifica e di liquidazione ed è stata per questo dichiarata inammissibile.

La mancata instaurazione del contraddittorio consente / infatti/ la riproposizione delle medesime questioni in un successivo e diverso giudizio.

Non pertinenti pertanto appaiono i richiami operati dall'Agenzia delle entrate a quelle decisioni rese dalla Suprema Corte in tema di inammissibilità della pronuncia per tardiva proposizione del ricorso.

Situazione questa che nasce dall'instaurazione del contraddittorio e quindi da una situazione idonea a generare conseguenze processuali e sostanziali diverse.

Corretta in questo quadro deve ritenersi la decisione della CTR che ha considerato sussistenti le condizioni per l'operatività dell'art 1306 c.c..

- Il ricorso va , perciò, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese che si liquidano in complessive € 4000,00, oltre agli accessori di legge ed al 15% per spese generali.

Roma 24.10.2019

 

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