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Estratto: “(...) la sentenza non dubita che, a fronte della prospettazione di elementi indiziari da parte dell'ufficio in caso di fatture reputate inerenti ad operazioni soggettivamente inesistenti, spetti al contribuente l'onere di dimostrare la correttezza dell'operazione; anzi, la sentenza ha proceduto a valutare gli elementi di prova all'uopo offerti da G.”.

Estratto: (...) sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una "frode carosello"), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell'ipotesi in cui l'acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo”.

Estratto: “riguardo ai profili concernenti l'accertamento Irpef e Irap per l'anno 2006, vi è da osservare che in tema di imposte sui redditi, ai sensi dell'art. 14, comma 4 bis, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (nella formulazione introdotta con l'art. 8, comma 1, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in legge 26 aprile 2012 n. 44), che opera, in ragione del precedente comma 3, quale jus superveniens con efficacia retroattiva in bonam partem, sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una "frode carosello"), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell'ipotesi in cui l'acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo (Cass. 17 dicembre 2014, n. 26461)”.

Estratto: “ci si duole dell'omessa valutazione ed attento esame delle prove documentali che, a dire del contribuente, avrebbero dimostrato l'oggettiva esistenza delle operazioni, tra le quali le lettere di vettura internazionali (CMR) inerenti la consegna delle vetture dal fornitore estero non direttamente al contribuente ma alle due società intermediarie. Di conseguenza, il ricorrente sindaca anche l'aspetto relativo alla decisione della CTR circa il mancato assolvimento dell'onere probatorio gravante in capo al contribuente. 3.1. La doglianza, ammissibile nei termini di cui innanzi, è fondata non essendosi la CTR confrontata con la detta documentazione ed avendo anzi posto a base della decisione proprio la mancanza di documentazione di transito e di consegna delle autovetture dal fornitore estero alle società interposte e da queste alla contribuente”.

Estratto: “la CTR non ha fatto corretta applicazione del descritto criterio di riparto dell'onere della prova, tra Amministrazione finanziaria e contribuente, in quanto, senza prima verificare se l'Ufficio avesse dimostrato, anche per presunzioni, che la società acquirente era a conoscenza o avrebbe dovuto conoscere, con la diligenza qualificata richiesta all'imprenditore, che l'operazione s'iscriveva in un'evasione fiscale, ha posto contra legem a carico della cessionaria il peso di dimostrare di avere agito in assenza di una simile consapevolezza”.

Estratto: “dalla lettura della motivazione della impugnata sentenza ("sono proprio le modalità - la cui illustrazione, si badi, è del tutto assente nel corpo della decisione - attraverso le quali si sono realizzate le operazioni commerciali, che palesano la carenza di buona fede da parte del contribuente"), infatti, non è dato cogliere quali siano gli elementi (anche, per quanto detto, di carattere presuntivo) valorizzati dalla C.T.R. onde giungere alla conclusione della consapevolezza, ad opera della S., di partecipare ad una frode carosello; - che l'impugnata decisione debba essere, pertanto, cassata”.

Estratto: “fondato il profilo della censura de qua che concerne l'IRAP, dovendosi dare seguito all'ulteriore principio di diritto per il quale «In tema di accertamento, il cd. "raddoppio dei termini", previsto dall'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, non può trovare applicazione anche per l'IRAP, poiché le violazioni delle relative disposizioni non sono presidiate da sanzioni penali» (Cass. n. 10483 del 03/05/2018)”.

Estratto: “questa Corte ha precisato che, ai fini delle imposte sui redditi, a norma della legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4 bis, nella formulazione introdotta con il decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, comma 1, (convertito con la L. 26 aprile 2012, n. 44), l'acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti (non utilizzati direttamente per commettere il reato) anche per l'ipotesi in cui sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che, a norma del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità”.

Estratto: “la giurisprudenza della Corte di Giustizia svaluta completamente la forza probatoria dei fatti addotti dall'Agenzia in ordine ai rapporti "dell'emittente" con il Fisco che pertanto non possono supportare la legittimità degli atti impugnati; quanto alla deduzione dell'Agenzia, su cui molto si è dilungata, sia in sede di motivazione degli atti impugnati che in sede di controdeduzioni, che la Ricorrente non potesse non rendersi conto, sulla base della sua esperienza commerciale, che i prezzi praticati "dall'emittente" fossero palesemente fuori mercato e che tale particolare avrebbe dovuto farlo insospettire in ordine all'origine dei beni compravenduti, appare del tutto infondata; invero la Ricorrente ha provato con dettagliata consulenza tecnica non contestata dall'Agenzia che i prezzi dei comparabili "spuntati" con "l'emittente" erano perfettamente in linea con i prezzi di mercato e, dunque, l'ammontare degli stessi non poteva certo essere sintomatico di una situazione di soggettiva inesistenza "dell'emittente".

Estratto: “Correttamente l'appellante lamenta che la CTP non ha valutato le argomentazioni prospettate in punto conoscibilità della frode e non ha offerto una risposta al quesito circa il comportamento che avrebbe dovuto tenere per rendersi conto che l'effettivo cedente era diverso dal fatturante. Le circostanze evidenziate nella sentenza che richiama quelle indicate nell'avviso di accertamento e sopra richiamate nelle controdeduzioni dell'appellata Agenzia non sono significative. Non assume particolare rilievo la circostanza che la società cartiera fosse priva di magazzino talché la merce era spedita direttamente dai fornitori comunitari al destinatario, atteso che è frequente nella realtà imprenditoriale che operino ditte che effettuano ingrosso senza magazzino e come tali iscritte alla Camera di Commercio. D'altra parte la C. s.r.l. non aveva certo i poteri investigativi della Guardia di Finanza grazie ai quali è stata accertata la frode né aveva il dovere di effettuare verifiche sulla effettiva esistenza di strutture operative della ditta fornitrice”.

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