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Confermata l’erroneità della tassazione proporzionale (rivendicata dall’Agenzia delle Entrate). La Corte rigetta l’impugnazione dell’Agenzia condannando quest’ultima alle spese. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “la sentenza che, in accoglimento dell'opposizione allo stato passivo, riconosca la natura privilegiata di un credito fatto valere nella procedura fallimentare, ed ammesso in via chirografaria dal giudice delegato, è soggetta ad imposta di registro in misura fissa” (…) si sono allineati i giudici di appello con il precisare che "l'eventuale circostanza che il provvedimento di ammissione allo stato passivo non sia stato sottoposto ad imposta non può comportare l'applicazione della stessa ad un diverso provvedimento che si è limitato ad attuare, ad un credito già ammesso, una diversa graduazione di privilegio".

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 32604 del 12 dicembre 2019

Premesso che:

1. l'Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza emessa dalla commissione tributaria regionale della Sicilia il 10 dicembre 2012, n.291/18 con cui è stato affermato che la decisione in forza della quale, in accoglimento di un'opposizione proposta dalla B. s.a. allo stato passivo di un fallimento, è stata riconosciuta natura privilegiata al credito già ammesso in chirografo, è soggetta ad imposta di registro in misura fissa e non in misura proporzionale in quanto detta decisione "incide soltanto sulla qualità del credito determinando soltanto un mutamento della sua posizione nella graduatoria delle stato passivo";

2. a motivo del ricorso, l'Agenzia delle Entrate sostiene che la sentenza sia illegittima per violazione o falsa applicazione dell'art.8, comma 1, lett.c) e lett. d) della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n.131 e dell'art.37 del medesimo d.P.R.;

3. la società B. resiste con controricorso, illustrato con memoria;

considerato che:

1. questa Corte, come del resto ricordato dalla commissione regionale, aveva già statuito che "la sentenza che, in accoglimento dell'opposizione allo stato passivo, riconosca la natura privilegiata di un credito fatto valere nella procedura fallimentare, ed ammesso in via chirografaria dal giudice delegato, è soggetta ad imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell'art. 8, comma primo, lettera d), della parte I della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n.131: essa, infatti, incide esclusivamente sul profilo qualitativo del credito, determinando un mutamento della sua posizione nella graduatoria dello stato passivo, in quanto l'ammontare ed il titolo, che rappresentano gli unici aspetti rilevanti ai fini dell'imposta in esame, risultano già determinati per effetto del decreto di ammissione; d'altronde, essendo quest'ultimo assoggettato ad imposta in misura proporzionale, ai sensi dell'art.8, comma primo, lettera c), di detta tariffa, l'applicazione della medesima disposizione, ovvero di quella di cui all'art. 9 della tariffa, alla sentenza in questione, comporterebbe una duplicazione o una triplicazione dell'imposta, in contrasto con i principi costituzionali di eguaglianza, capacità contributiva e difesa giurisdizionale, oltre che con la funzione dell'imposta di registro, che nella specie assume la natura di corrispettivo per il servizio complesso della registrazione". La Corte è poi tornata ad esprimersi, in senso conforme, con le sentenze n.14146 del 05/06/2013 e n.21310 del 18/09/2013. Né può dirsi, con la ricorrente, che tale statuizione sia condizionata al fatto che il decreto di ammissione sia stato effettivamente assoggettato ad imposta (fatto che, stando alla ricorrente, non sarebbe, nel caso, avvenuto). La tesi contrasta infatti con la chiara lettera della riportata sentenza della Corte laddove è rilevato che la sentenza in oggetto "incide esclusivamente sul profilo qualitativo del credito, determinando un mutamento della sua posizione nel concorso, in quanto l'ammontare ed il titolo, che rappresentano gli unici aspetti rilevanti ai fini dell'imposta in esame, risultano già determinati per effetto del decreto di ammissione". A questo decisivo rilevo si sono allineati i giudici di appello con il precisare che "l'eventuale circostanza che il provvedimento di ammissione allo stato passivo non sia stato sottoposto ad imposta non può comportare l'applicazione della stessa ad un diverso provvedimento che si è limitato ad attuare, ad un credito già ammesso, una diversa graduazione di privilegio"; 2. il motivo di doglianza è infondato e il ricorso deve essere rigettato; 3. le spese seguono la soccombenza;

PQM

rigetta il ricorso; condanna l'Agenzia delle Entrate a rifondere alla società B. spa le spese del giudizio di legittimità, liquidate in C 7000,00, oltre spese forfetarie e accessori di legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 ottobre 2019.

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