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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 32220 del 10 dicembre 2019
Fatti di causa
l'Agenzia delle Entrate emetteva accertamento di maggior reddito nei confronti della società C. Sas, che svolge attività di rivendita di profumi. In applicazione della presunzione di distribuzione dei ricavi tra i soci di una società di persone, ad AC odierna ricorrente, la quale era socia con una partecipazione pari al 57%, mediante gli avvisi di accertamento n. XXX/2008 e n. XXX/2008, relativi agli anni d'imposta 2003 e 2004, veniva contestato un maggior reddito ai fini IRPEF nella misura, rispettivamente, di Euro 136.924,00 e 211.213,00, conseguendone una maggiore imposta di Euro 22.941,00 e 41.529,00 (ric., p. 3).
Nell'accertamento svolto nei confronti della società, l'Amministrazione finanziaria aveva ritenuto "irrisorio" il ricavo dichiarato, pari allo 0,3% per il 2003 ed allo 0,4% per il 2004, e lo aveva ricalcolato nelle percentuali del 19% e del 22%, servendosi degli studi di settore (sent. CTP, n. 306 del 2010, allegata al ricorso).
La società C. aveva proposto ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, che lo aveva accolto, annullando l'atto di accertamento. L'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania era stato dichiarato inammissibile, per difetto di notifica, con sentenza n. 251 del 2013, allegata in atti.
La contribuente impugnava gli avvisi di accertamento ricevuti a titolo personale innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, che li annullava ritenendo sfornita di prova la pretesa erariale. La decisione della CTP era impugnata dall'Agenzia delle Entrate innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania che, con sentenza n. 180, depositata il 23.10.2012, accoglieva il gravame e riaffermava la piena legittimità degli avvisi di accertamento ai fini Irpef notificati alla CA in qualità di socio. Avverso la decisione adottata dalla CTR ha proposto ricorso per cassazione AC, affidandosi a due motivi d'impugnazione. L'Agenzia delle Entrate non si è costituita. La ricorrente ha pure depositato memoria e documentazione.
Ragioni della decisione
1.1. - Con il primo motivo di ricorso la contribuente contesta, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell'art. 5 del Dpr. n. 917 del 1986 e dell'art. 41 del D.Lgs n. 546 del 1992 perché, una volta annullato l'accertamento del maggior reddito conseguito dalla società, non poteva essere attribuito alcun maggior reddito di partecipazione alla socia.
1.2. - Mediante il secondo motivo di impugnazione la ricorrente censura, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., il vizio di motivazione in cui è incorsa la Commissione Tributaria Regionale della Campania, per non aver esaminato il "fatto controverso e decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti", consistente nello stabilire "se la sentenza n. 306/19/10 della CTP di Napoli - che aveva annullato gli avvisi di accertamento della società - fosse o meno idonea a condizionare l'esito del giudizio inerente il reddito consequenziale attribuito ai soci" (ric., p. penultima).
2.1. - Mediante il suo primo motivo di impugnazione la ricorrente contesta la legittimità della decisione assunta dalla CTR perché, a seguito dell'annullamento, disposto dalla CTP, dell'accertamento dei maggiori redditi percepiti dalla società, è venuto meno lo stesso imprescindibile presupposto dell'accertamento di quel maggior reddito che sarebbe conseguito dalla socia, che è oggetto del presente giudizio. La impugnante ha avuto anche cura di allegare alle proprie memorie, depositate in sede di giudizio di legittimità, la copia della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, n. 251 del 2013, la quale ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate ed ha confermato, in conseguenza, l'annullamento dell'accertamento effettuato nei confronti della società C. Sas di C., disposto dalla CTP con sentenza n. 306 del 2010, anch'essa allegata. Neppure ha trascurato, la ricorrente, di depositare copia di attestazione della segreteria della Commissione Tributaria Regionale, mediante la quale si certifica la mancata impugnazione della sentenza n. 251 del 2013 della CTR Campania, ed in conseguenza il passaggio in giudicato dell'annullamento dell'accertamento effettuato nei confronti della società di persone. Invero, il valido accertamento del maggior reddito conseguito dalla società di persone costituisce effettivamente un presupposto imprescindibile della presunzione di distribuzione di tale maggior reddito ai soci (cfr. Cass. n. 13989 del 2019, n. 27895 del 2019; n. 24049 del 2011), di cui l'accertamento notificato ai soci a titolo personale non indichi alcun ulteriore fondamento e, nel caso di specie, l'accertamento effettuato nei confronti della società è stato definitivamente annullato, ed in conseguenza anche l'accertamento relativo al maggior reddito di partecipazione percepito dai soci deve essere annullato. Il motivo di ricorso deve pertanto essere accolto. Completezza suggerisce di evidenziare che il giudizio in esame rivela anche un evidente vizio del contraddittorio, è stata infatti trascurata la ricorrenza di un litisconsorzio necessario. Non ignora questo Collegio che la Suprema Corte ha già affermato che "nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell'esistenza e del contenuto dell'atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: 1) identità oggettiva quanto a causa petendi dei ricorsi; 2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; 3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; 4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici. In tal caso, la ricomposizione dell'unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall'art. 111, comma 2, Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l'osservanza di formalità superflue, perché non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio", Cass. n. 29843 del 2017. Tuttavia, nel caso in esame non è più possibile la trattazione unitaria dei giudizi relativi all'accertamento del maggior reddito conseguito dalla società di persone e degli accertamenti conseguenziali, emessi dall'Amministrazione finanziaria nei confronti dei soci in considerazione del maggior reddito da partecipazione conseguito. In simili circostanze, disporre che il processo ricominci da capo mediante rimessione al giudice di primo grado, essendo però destinato ad una conclusione che risulta già ineluttabilmente segnata, essendo divenuto ormai definitivo, in conseguenza della formazione del giudicato, l'annullamento dell'accertamento disposto nei confronti della società, presupposto necessario degli accertamenti effettuati nei confronti dei soci, appare contrario ai principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, che hanno fondamento costituzionale. Il giudizio può quindi essere definito in sede di legittimità con decisione nel merito, disponendosi l'annullamento anche dell'originario accertamento effettuato nei confronti del socio.
2.2. - Con il secondo motivo di ricorso la contribuente lamenta, in relazione al profilo del vizio di motivazione, la decisione adottata dalla CTR impugnata per non aver esaminato il fatto decisivo e controverso costituito dalle conseguenze dell'annullamento dell'accertamento tributario esperito nei confronti della società, da cui l'accertamento del maggior reddito che si assume conseguito dalla socia dipende. La ricorrente, però, non provvede ad indicare in quali atti processuali la questione sia stata posta, e come sia stata diligentemente coltivata. Ne consegue il vizio di specificità del ricorso, perché questo giudice di legittimità non è posto in condizione di controllare la tempestività e congruità della censura proposta. Il secondo motivo di ricorso risulta, in conseguenza, inammissibile. Deve essere accolto il primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell'art. 384, comma secondo, cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito, annullandosi gli originari atti impositivi. Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso proposto da CA, ed in relazione ad esso cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, annulla gli originari atti impositivi, avvisi di accertamento n. XXX/2008 e n. XXX/2008.
Condanna l'Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di lite in favore della ricorrente, e le liquida in complessivi Euro 1.500,00, oltre 15% per spese generali, ed Euro 200,00 per esborsi. Così deciso in Roma, 1'11 ottobre 2019.
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