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Doveva essere esaminata la forza probatoria della perizia giurata che dimostrava che i valori indicati dall’Agenzia delle Entrate non erano congrui. Accolto il ricorso dei contribuenti. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “sulla base di una perizia giurata prodotta in causa i valori venali accertati dall'Ufficio non potevano ritenersi congrui. La questione, comportante la necessità di accertamenti in fatto, non è stata esaminata dai giudici territoriali, che sono pertanto incorsi nella violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, correttamente fatta valere dal ricorrente attraverso la specifica deduzione del relativo "error in procedendo". All'accoglimento del secondo motivo di ricorso conseguono la cassazione della sentenza impugnata”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 31805 del 5 dicembre 2019

FATTO

Con sentenza nr 32/2013 la CTR di Roma respingeva l'appello proposto da MA, MI e MM, nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza della CTP con cui era stata rigettata l'impugnativa dell'avviso di rettifica relativo ad alcuni valori immobiliari riportati nella dichiarazione di successione. Il giudice di appello, condividendo il ragionamento seguito da quello di primo grado, considerava corretto l'operato dell'Agenzia delle Entrate laddove aveva ritenuto non conforme alla normativa di legge il ricorso al criterio della valutazione automatica in presenza di valori dichiarati inferiori a quelli risultanti dalle rendite censite in catasto.

Avverso tale pronuncia propongono ricorso per cassazione MA, MI e MM, affidato a 4 motivi; l'Agenzia ha dichiarato di costituirsi al solo fine della eventuale discussione in udienza.

Con il primo motivo si denunciano la violazione e falsa applicazione dell'art 34, commi 5, 6 e 6 bis ,DIvo 1990 nr 346. I contribuenti criticano la decisione nella parte in cui ha rilevato la non correttezza del valore dei cespiti immobiliari, in quanto considerato inferiore a quello risultante dalla rendita catastale. Osservano i ricorrenti, in particolare, che una tale valutazione è frutto di una lettura "superficiale " delle risultanze processuali. Rilevano, in questa prospettiva, di aver chiarito sin dal primo atto introduttivo che i dati di classamento considerati negli avvisi sub iudice erano stati in precedenza attribuiti dal Comune di X contestualmente alla notifica degli avvisi di liquidazione Ici con cui era stata chiesta, in relazione agli anni 2000-2001-2002 e 2003 la differenza tra l'imposta versata sulla base della rendita presunta e quelle risultanti dalla rendita contestualmente attribuita.

Sottolineano che detti avvisi di liquidazione e di attribuzione di rendita erano stati impugnati dalla de cujus davanti alla Commissione Provinciale di Roma la quale, con sentenze nr 13 e 14 del 2007, aveva annullato i relativi provvedimenti; e che il gravame proposto avverso entrambe le pronunce si era concluso con sentenza di inammissibilità (nr 41/2008) per quanto attiene alla prima decisione, e con l'accoglimento dell'appello (sentenza nr 98/2008) per la seconda, e ciò per aver ritenuto che la contestata attribuzione della categoria A7, anziché A/3, rientrasse nella competenza dell'Agenzia del territorio. I contribuenti evidenziano pertanto che alla data di apertura della successione, risalente al 10.05.2007, e a quella di presentazione della denuncia di successione del 5.6.2008, le rendite risultanti dal catasto non potevano ritenersi valide, in quanto l'atto di attribuzione delle stesse risultava annullato dalle richiamate pronunce, sicchè correttamente il c.d. valore automatico degli immobili veniva dichiarato e calcolato sulla base delle rendite inizialmente proposte in attesa di una valida e definitiva attribuzione.

Con un secondo motivo i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza per omessa pronuncia in violazione dell'art 112 c.p.c. in relazione all'art 360, comma primo, nr 4 c.p.c. Sostengono di aver fatto valere in via subordinata l'erroneità e la non congruità dei valori venali accertati sulla base di una perizia di stima prodotta in causa, ma in relazione alla quale nessuna valutazione era stata espressa dal giudice di appello.

Con un terzo motivo deducono l'omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia. Osservano infatti che anche a voler considerare che, in merito all'eccezione sollevata in via subordinata sulla non congruità dei valori, il Giudice di appello abbia espresso un implicito rigetto, ritengono che una tale decisione sarebbe comunque carente di motivazione.

Da ultimo, i contribuenti si dolgono dell'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Osservano infatti come l'indagine relativa al valore di mercato fosse stata sollecitata sin dal primo atto introduttivo, e ribadita nell'atto di appello attraverso la formalizzazione di un preciso motivo rappresentante un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, di cui la CTR aveva omesso ogni esame. Il primo motivo è infondato. Ai fini di un corretto inquadramento della fattispecie occorre muovere dal dato normativo di riferimento. L'art 34 d.lvo 346/1990 prevede al paragrafo 5 che "Non sono sottoposti a rettifica il valore degli immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a settantacinque volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a cento volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sui redditi, né i valori della nuda proprietà e dei diritti reali di godimento sugli immobili stessi dichiarati in misura non inferiore a quella determinata su tale base a norma dell'art. 14. La disposizione del presente comma non si applica per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria.

6. Per i fabbricati dichiarati per l'iscrizione nel catasto edilizio ma non ancora iscritti alla data di presentazione della dichiarazione della successione la disposizione del comma 5 si applica a condizione: a) che la volontà di avvalersene sia espressamente manifestata nella dichiarazione della successione; b) che in allegato alla domanda di voltura catastale, la quale in tal caso non può essere inviata per posta, sia presentata specifica istanza di attribuzione della rendita, recante l'indicazione degli elementi di individuazione del fabbricato e degli estremi della dichiarazione di successione, di cui l'ufficio tecnico erariale rilascia ricevuta in duplice esemplare; c) che la ricevuta, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla presentazione della dichiarazione di successione, sia prodotta all'ufficio del registro, il quale ne restituisce un esemplare con l'attestazione dell'avvenuta produzione. L'ufficio tecnico erariale, entro dieci mesi dalla presentazione dell'istanza di attribuzione della rendita, invia all'ufficio del registro un certificato attestante l'avvenuta iscrizione in catasto del fabbricato e la rendita attribuita; se l'imposta era già stata liquidata in base al valore indicato nella dichiarazione della successione e tale valore risulta inferiore a cento volte la rendita così attribuita e debitamente aggiornata, o al corrispondente valore della nuda proprietà o del diritto reale di godimento, l'ufficio del registro, nel termine di decadenza di cui al comma 3 dell'art. 27, liquida la maggiore imposta corrispondente alla differenza, con gli interessi di cui al comma 1 dalla data di notificazione della precedente liquidazione e senza applicazione di sanzioni.

6-bis. La disposizione del comma 5 si applica inoltre alle unità immobiliari urbane oggetto di denuncia in catasto con modalità conformi a quelle previste dal regolamento di attuazione dell'art. 2, commi 1- quinquies e 1- septies, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, con riferimento alla rendita proposta, alla sola condizione che la volontà di avvalersene sia espressamente manifestata nella dichiarazione di successione" Il D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 34, conferisce all'ufficio del registro, se ritiene che la dichiarazione della successione, o la dichiarazione sostitutiva o integrativa, sia incompleta o infedele, un potere di accertamento in rettifica che nella specie è stato correttamente esercitato. I contribuenti infatti, i quali in sede di dichiarazione avevano manifestato la volontà di avvalersi dei criteri legali di valutazione automatica, erano tenuti sulla base del dato normativo (art 34 comma sesto del menzionato decreto legislativo) ad attenersi ai valori dei cespiti indicati nella classificazione catastale, e non avrebbero potuto fare riferimento alle decisioni sopra richiamate che erano state espresse dalla CTP e dalla CTR nell'ambito di una diversa controversia afferente l'ICI e nei riguardi di un soggetto differente (il Comune) dall'odierna controparte, la quale era rimasta estranea a quel tipo di contenzioso (con conseguente inopponibilità ad essa della relativa decisione di annullamento). Il primo motivo va dunque rigettato.

Relativamente all'ulteriore profilo fatto valere con il secondo motivo del ricorso, va ricordato che il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all'art. 360 c.p.c., n. 4, si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto (Cass 2018 nr 1470). I ricorrenti hanno trascritto le doglianze formulate con il ricorso introduttivo del giudizio - e reiterate nell'appello - in relazione alle ragioni per le quali sulla base di una perizia giurata prodotta in causa i valori venali accertati dall'Ufficio non potevano ritenersi congrui. La questione, comportante la necessità di accertamenti in fatto, non è stata esaminata dai giudici territoriali, che sono pertanto incorsi nella violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, correttamente fatta valere dal ricorrente attraverso la specifica deduzione del relativo "error in procedendo". All'accoglimento del secondo motivo di ricorso conseguono la cassazione della sentenza impugnata e l'assorbimento dei motivi successivi; con il rinvio della causa alla CTR Lazio in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte - accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti il terzo ed il quarto, rigettato il primo; - cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla CTR Lazio in diversa composizione, anche per le spese. Così deciso in Roma, 8.10.2019.

 

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