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Confermato il diritto al rimborso della contribuente. Diversamente da quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate non vi era stata nessuna decadenza. Agenzia delle Entrate rimborserà le spese del processo. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “alla luce del radicato e condiviso indirizzo di questa Corte, riaffermato anche di recente (ex multis: Cass. 15/03/2019, n 7389; 11/05/2018, n. 11507; 30/10/2018, n. 27583; 28/11/2018, n. 30769), sulla scia dei princìpi espressi dalle Sezioni unite (Cass. Sez. Un 30/06/2016, n.13378) che, occupandosi del tema del decidere, hanno chiarito che: «In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d'imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria»

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 28352 del 5 novembre 2019

Fatti di causa 

La Commissione tributaria regionale della Calabria, sez. staccata di Reggio Calabria (d.ora in poi, per brevità C.T.R.), rigettando l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate, confermava la decisione di primo grado di accoglimento dell'impugnazione, proposta dalla B. S.p.A., del diniego di rimborso Ires e Irap degli anni 2007, 2008 e 2009. A sostegno della decisione il Giudice di appello riteneva che l'istanza di rimborso potesse essere presentata anche oltre il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi del periodo di imposta successivo. Per la cassazione della sentenza l'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso fondato su unico motivo cui resiste, con controricorso, la Società.

Ragioni della decisione

1 Con l'unico motivo -rubricato:violazione e falsa applicazione dell'art.2, commi 8 e 8 bis, del d.P.R. 22 luglio 1998 n.322 e dell'art.38, comma 1, del d.P.R. 602/73 con riferimento all'art.360, comma 1, c.p.c. punto 3- la ricorrente, premesso in fatto che la Società aveva presentato, in data 10 maggio 2012, istanze di rimborso aventi a oggetto Ires e Irap degli anni di imposta 2006, 2007, 2008 e 2009 e che il diniego era stato motivato dall'essere le istanze fondate su dichiarazioni integrative tardive, in violazione dell'art.2, comma 8 bis del d.P.R. n.322/98, ha dedotto l'errore perpetrato dalla C.T.R. nell'interpretazione delle norme del d.P.R. n.322/1998 e del d.P.R.n.602/73.

1.1 In particolare, secondo la prospettazione difensiva, nelle ipotesi, quali quella in esame, "in cui la rettifica della dichiarazione in diminuzione non attiene a una mera ripetizione di somme indebitamente versate all'Erario ma passa per una precedente operazione di risistemazione della base imponibile" varrebbero esclusivamente i termini previsti dal comma 8 bis dell'art.2 del d.P.R. n.322 del 1998.

2 La censura è infondata alla luce del radicato e condiviso indirizzo di questa Corte, riaffermato anche di recente (ex multis: Cass. 15/03/2019, n 7389; 11/05/2018, n. 11507; 30/10/2018, n. 27583; 28/11/2018, n. 30769), sulla scia dei princìpi espressi dalle Sezioni unite (Cass. Sez. Un 30/06/2016, n.13378) che, occupandosi del tema del decidere, hanno chiarito che: «In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d'imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria». Con la citata sentenza si è, in particolare, chiarito che: "Il sistema appare poi equilibrato a seguito dell'inserimento del comma 8 bis, comma aggiunto dall'articolo 2 del D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435 - che ha consentito al contribuente, a decorrere dall'1/1/2002, di correggere errori od omissioni che si risolvano in suo danno (cd. in bonam partem), apprestando per lo stesso una tutela distinta dalla domanda di rimborso e dai rimedi esperibili in sede giurisdizionale. La dichiarazione "integrativa" suddetta - per la stessa funzione alla stessa attribuita dalla norma - viene a saldarsi con la originaria dichiarazione presentata, modificando "ora per allora" il contenuto delle voci reddituali indicate. [...] Il sistema normativa creatosi a seguito dell'introduzione dei commi 8 e 8 bis consente quindi di distinguere, nell'ambito dello stesso articolo 2, i limiti e l'oggetto delle rispettive dichiarazioni integrative. [...] Gli errori o omissioni in danno del contribuente possono [...] essere emendati non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, portando in compensazione il credito eventualmente risultante. [...] Il diverso campo applicativo delle norme in materia di accertamento (D.P.R. n. 600/1973, D.P.R. 322/1998) rispetto a quelle relative alla riscossione (D.P.R. 602/1973) comporta la necessaria distinzione tra la dichiarazione integrativa di cui all'art. 2 comma 8 bis e il diritto al rimborso di cui all'art. 38 del dpr 602/1973. D'altra parte l'introduzione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, non è stata accompagnata da alcuna modifica dello specifico regime dei rimborsi e la stessa lettera della norma non è per nulla incompatibile con l'autonomia del suddetto regime. L'ultimo periodo del comma 8 bis, nell'affermare che "L'eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 11), evidenzia la specificità funzionale della dichiarazione integrativa confortando, nel contempo, l'esclusiva incidenza su di essa e sui relativi effetti del termine di decadenza per essa predisposto. [...] Ne consegue che ove il contribuente opti per la presentazione della istanza di rimborso di cui all'art. 38 cit., verrà introdotto un autonomo procedimento amministrativo (in cui la istanza di parte costituisce l'atto di impulso della fase iniziale) del tutto distinto dalla attività di controllo automatizzato - formale ed in rettifica - originato dalla mera presentazione della dichiarazione fiscale". 1.2 Nel caso concreto, la C.T.R. ha fatto corretta applicazione di tali principi, riconoscendo il diritto della contribuente a chiedere il rimborso, (ex art. 38, cit.) delle somme versate in eccesso, a prescindere dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione integrativa. 

1.3 Può, quindi, ribadirsi la regola di diritto (già enunciata da Cass. Sez Trib. 19002 del 16/07/2019; in termini Cass. 14044 del 23/05/2019; id.n. 7389 del 15/03/2019) secondo cui l'emenda o la ritrattazione contenuta nella dichiarazione integrativa (ex art. 2,COmma 8-bis), che si salda con l'originaria dichiarazione presentata, da un lato, e l'istanza di rimborso (ex art. 38), da proporre entro 48 mesi, nel caso d'inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento (con specifico riferimento alla materia del contendere), dall'altro, lambiscono piani diversi del rapporto d'imposta tra Amministrazione finanziaria e contribuente e costituiscono due opzioni concorrenti, e non alternative, che l'ordinamento tributario offre all'interessato, a seconda che egli si attivi nel campo applicativo dell'accertamento fiscale (la dichiarazione integrativa) o nel diverso ambito della riscossione dei tributi (l'istanza di rimborso).

2 In conclusione, pertanto, il ricorso va rigettato e l'Agenzia delle entrate, soccombente, va condannata alla refusione in favore della controricorrente delle spese processuali liquidate, sulla base del valore della controversia e dell'attività difensiva spiegata, come in dispositivo.

P.Q.M. 

Rigetta il ricorso; condanna l'Agenzia delle entrate alla refusione, in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi euro 5.600,00 oltre euro 200 per esborsi, rimborso forfetario spese nella misura del 15% e accessori di le gg e. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione Civile, il 19 settembre 2019.

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