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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 27667 del 29 ottobre 2019
Ritenuto che:
- La S. S.n.c. ha impugnato l'avviso di accertamento per l'anno d'imposta 2004 con cui l'Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Lodi, a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, aveva accertato un recupero IRAP pari a C 21.085,00 e IVA pari a C 16.280,00, oltre sanzioni e interessi; - la Commissione tributaria provinciale di Lodi ha respinto il ricorso; - la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l'appello;
- la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi; - l'Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Considerato che:
- con il primo motivo di ricorso si contesta un error in iudicando ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in ordine alla indeducibilità del costo carburante. Parte ricorrente deduce l'erroneità della decisione della Commissione tributaria regionale nella parte in cui, concordando con le valutazioni dell'Ufficio, ha ritenuto che i costi sostenuti per l'acquisto del carburante fossero incerti a causa dell'incompleta compilazione delle relative schede carburante, sulle quali la contribuente non riportava la percorrenza chilometrica di ciascun mezzo utilizzato. Tale irregolarità, secondo quanto dedotto, può considerarsi soltanto formale, essendo possibile desumere con certezza l'ammontare dei costi effettivamente sostenuti, in quanto la documentazione depositata in sede di gravame attesta in modo chiaro e inequivocabile tanto il luogo e la data in cui sono stati effettuati i rifornimenti di carburante, quanto le modalità di pagamento e anche l'ammontare dei costi sostenuti dalla società nel periodo d'imposta considerato, quantificabili in complessivi € 73.961,50, come da scheda riepilogativa già agli atti di causa; - il motivo è infondato; - secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di tributi erariali diretti e di IVA, la possibilità di dedurre le spese per i consumi di carburante per autotrazione e di detrarre dall'imposta dovuta quella assolta per il suo acquisto è subordinata al fatto che le cosiddette "schede carburanti", che l'addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, siano complete in ogni loro parte e debitamente sottoscritte, senza che l'adempimento, a tal fine disposto, ammetta equipollente alcuno e indipendentemente dall'avvenuta contabilizzazione dell'operazione nelle scritture dell'impresa (Cass. 26 settembre 2018, n. 22918; Cass. 18 dicembre 2014, n. 26862); - inconferente risulta il richiamo alla fattispecie del trasporto di cose per conto terzi a cui, ai sensi dell'art. 6 d.P.R. n. 444 del 1997, non si applica la disciplina delle schede carburante, stante il divieto in ambito tributario di applicazione analogica a fattispecie diversa, come quella relativa all'attività di soccorso stradale; - del tutto generico risulta il richiamo all'eccessiva sproporzione dell'accertamento contestato;
- con il secondo motivo di ricorso si deduce un error in iudicando ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. sulla fatturazione per operazioni intracomunitarie. La Commissione tributaria regionale, secondo quanto dedotto, avrebbe ignorato la documentazione prodotta in sede di appello, idonea a provare la natura dei servizi erogati a soggetti comunitari; - il motivo è fondato;
- la Commissione tributaria regionale ha affermato che la contribuente avrebbe omesso di fornire qualsiasi chiarimento in ordine a tali operazioni non imponibili ma, come dedotto dalla società ricorrente e riconosciuto dalla stessa Agenzia delle entrate nel controricorso, è stata allegata in atti la comunicazione IVA attestante i servizi erogati a soggetti comunitari, per cui risulta senz'altro erronea l'affermazione censurata e la relativa documentazione avrebbe dovuto formare oggetto di specifica verifica da parte del giudice del gravame, cui deve demandarsi il relativo accertamento;
- con il terzo motivo di ricorso si prospetta un error in iudicando ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., deducendosi la nullità della sentenza per illegittimità e infondatezza dell'atto di accertamento presupposto. Si evidenzia al riguardo l'assenza di qualsiasi motivazione atta a giustificare la logica del recupero, in violazione dello statuto del contribuente, né si richiama alcuna delle condizioni configurabili che possano aver indotto l'ufficio ad applicare la previsione di cui all'art. 39 d.P.R. n. 600 del 1973; - il motivo è fondato; - la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., Sez. Un., 3 novembre 2016, n. 22232); - nel caso di specie, manca un'adeguata motivazione perché la pronuncia si limita a richiamare l'accertamento del reddito d'impresa ex art. 39 d.P.R. n. 600 del 1973, rinviando del tutto genericamente all'avviso di accertamento effettuato a fronte dell'omessa dichiarazione dei redditi del 2004, mentre è l'Agenzia delle entrate nel suo controricorso che finisce per integrare sul punto la motivazione, richiamando il quadro RF, rigo RF 29, a seguito della dichiarazione inviata tardivamente;
- con il quarto motivo di ricorso si contesta un error in iudicando ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. sulla inerenza dei costi dedotti per l'acquisto di beni, argenteria e orecchini, non inerenti all'esercizio dell'attività aziendale ma effettuati nel rispetto della normativa vigente di cui all'art. 108, comma 2, d.P.R. n. 917 del 1986 e del decreto ministeriale del 19 novembre 2008, che considera inerenti le spese di rappresentanza caratterizzate da gratuità, finalità promozionale di pubbliche relazioni e criteri di ragionevolezza e coerenza; - il motivo è infondato; - in tema di imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d'impresa, il contribuente che intenda contestare il disconoscimento, da parte dell'amministrazione, di spese di rappresentanza ha l'onere di fornire le prove dell'inerenza delle spese medesime all'attività dell'impresa (Cass. 10 febbraio 2012, n. 1946); - nel caso di specie, i costi indicati per l'acquisto di argenteria e orecchini sono senz'altro estranei all'attività di impresa svolta dalla società contribuente, per cui sarebbe stato onere di quest'ultima fornire la prova dell'inerenza alle spese di rappresentanza;
- la sentenza va dunque cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta.
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