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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 26013 del 15 ottobre 2019
Rilevato e considerato:
1. che con l'impugnata sentenza la Regionale della Lombardia confermava la prima decisione che aveva respinto il ricorso promosso da M. a r.l. avverso un avviso di accertamento che, per quanto rimasto di interesse, recuperava IVA 2004;
2. che con l'opposto avviso l'ufficio riteneva che i premi sugli acquisti riconosciuti dai fornitori alla contribuente, la quale fungeva da centrale acquisti per i consorziati, premi che a fine d'anno venivano ribaltati sui consorziati che emettevano fattura, erano da reputarsi mere cessioni di denaro fuori campo IVA, ai sensi dell'art. 3, comma 3, lett. a) d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, con la conseguente indetraibilità dell'imposta;
3. che la Regionale, respinta l'eccezione della contribuente secondo cui la tardiva costituzione dell'ufficio in primo grado avrebbe dato luogo alla sua inammissibilità, stabiliva nel merito che poiché la corresponsione dei premi era stata pattuita in modo «incondizionato», in mancanza di contraria prova, atteso che a questo riguardo non potevano avere rilievo accordi orali, i ridetti premi dovevano andare considerati semplici cessioni di denaro fuori campo IVA; e che, infine, non essendovi incertezza normativa, le sanzioni non potevano essere disapplicate ai sensi dell'art. 6, comma 2, d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472„ come invece aveva in subordine chiesto la contribuente;
4. che la contribuente ricorreva per tre motivi, anche illustrati da memoria; che l'ufficio resisteva con controricorso; che il Pubblico Ministero chiedeva l'accoglimento del ricorso; 5. che con il primo motivo di ricorso, imprecisamente formulato in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la contribuente rimproverava alla Regionale di aver erroneamente respinto la preliminare eccezione di inammissibilità della costituzione dell'ufficio in primo grado, in quanto avvenuta oltre il termine ex lege stabilito, con la conseguente violazione degli art. 23 e 32 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546; 5. che il motivo è infondato perché, come correttamente osservato dalla Regionale, la tardiva costituzione non comporta l'inammissibilità della stessa; e, questo, perché la tardiva costituzione può eventualmente soltanto comportare la sanzione processuale del divieto di produzione documentale e quella del divieto di sollevare eccezioni non rilevabili ex officio (Cass. sez. trib. n. 2925 del 2010; Cass. sez. trib. n. 18962 del 2005);
6. che con il secondo motivo, formulato non solo in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. applicabile ratione temporis, ma anche per violazione dell'art. 2, comma 3, lett. a) e degli artt. 19, 20, 21 e 56 d.p.r. n. 633 cit., la contribuente lamentava che la Regionale non avesse valutato che i premi, i cosiddetti bonus, erano in realtà riconosciuti a corrispettivo di rilevanti acquisti ovvero a corrispettivo di attività di promozione dei prodotti acquistati, come invero sarebbe stato dimostrato dalle trascritte clausole contrattuali; e, questo, concludeva la contribuente, al di là della ininfluente «dicitura» contenuta nelle fatture, nelle quali compariva il termine «incondizionato»;
6. che il motivo, nella parte in cui la contribuente addebita alla Regionale di non avere esposto le ragioni per cui dovevano giudicarsi irrilevanti, ai fini del possibile riconoscimento dell'onerosità dei bonus, le trascritte clausole contrattuali, nelle quali i premi venivano causalmente riferiti per es. ad attività promozionali, è fondato sotto il profilo dell'insufficiente motivazione; a cui deve anche aggiungersi, sotto il medesimo profilo, l'ulteriore distonico riferimento che la Regionale ha fatto ad accordi orali che, per come apoditticamente affermato in sentenza, appare irrelato e quindi incomprensibile (Cass. sez. I n. 12967 del 2018);
7. che la cassazione della sentenza sullo specifico punto comporta l'inammissibilità del terzo motivo, il quale censura la dipendente questione dell'applicabilità o meno delle sanzioni.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso ai sensi di cui in motivazione; cassa l'impugnata sentenza; rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che, in altra composizione, dovrà decidere la controversia e regolare le spese di ogni fase e grado. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2019.
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