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Corte di Cassazione, Sez. 5,
Ordinanza n.25283 del 9 ottobre 2019
rilevato che:
MM di YW ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell'Abruzzo, in epigrafe, con la quale è stato dichiarato inammissibile l'appello da essa proposto avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale dell'Aquila;
il giudice di appello ha premesso, in punto di fatto, che: l'Agenzia delle dogane aveva notificato a YW, titolare della ditta individuale MM di YW, due avvisi di rettifica e due atti di irrogazione delle sanzioni, con i quali aveva proceduto alla revisione della dichiarazione di importazione atteso il notevole scostamento di valore rispetto a quello rilevato per merci importate similari aventi medesima voce doganale e stessa provenienza;
avverso i suddetti atti la contribuente aveva proposto ricorso che era stato rigettato dalla Commissione tributaria provinciale dell'Aquila;
avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello la contribuente, nel contraddittorio con l'Agenzia delle dogane;
la Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo ha dichiarato inammissibile l'appello; in particolare ha precisato che: l'appellante aveva notificato l'atto di appello a mezzo servizio postale, ma mediante plico raccomandato con busta, anziché senza busta, sicchè, ai fini della valutazione della tempestività dell'impugnazione, doveva farsi riferimento non alla data di spedizione, ma a quella di ricezione; poiché dall'avviso di ricevimento risultava che il ricorso in appello era stato ricevuto dall'Agenzia delle dogane il 25 febbraio 2015, lo stesso risultava notificato oltre il termine di cui all'art. 327, cod. proc. civ.;
avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso MM di YW affidato a due motivi di censura;
si è costituita l'Agenzia delle dogane depositando controricorso;
il Pubblico Ministero ha depositato in data 11 marzo 2019 memoria con la quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso;
considerato che:
con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, per avere ritenuto che, avendo la parte notificato il ricorso in appello mediante servizio postale con plico in busta chiusa, ai fini della verifica della tempestività dell'impugnazione doveva farsi riferimento alla data di ricezione dell'atto, piuttosto che a quella di spedizione;
il motivo è fondato;
questa Corte ha ripetutamente affermato che nel processo tributario "la regola secondo cui la notificazione a mezzo posta si perfeziona, per il notificante, alla data di spedizione dell'atto, anzichè a quella della sua ricezione da parte del destinatario, trova applicazione anche nell'ipotesi in cui la spedizione avvenga in busta anzichè in piego, come previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 20, comma 2;
poichè, infatti, la prescrizione relativa all'invio in piego è volta esclusivamente a conferire certezza in ordine all'individuazione dell'atto notificato, ove nessuna contestazione sia sollevata dal destinatario circa l'effettiva corrispondenza tra l'atto contenuto nella busta e l'originale depositato ai sensi dell'art. 22, non vi è ragione di discostarsi dalla predetta regola, che costituisce espressione di un principio generale applicabile anche al processo tributario" (Cass. n. 915 del 2006, n. 15309 del 2014; Cass. civ., 21 marzo 2018, n. 7011); ne consegue l'accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo motivo, relativo a questione non esaminata dal giudice del gravame attesa la decisione sulla inammissibilità dell'appello, e conseguente cassazione della sentenza e rinvio alla Commissione tributaria regionale, anche per la liquidazione delle spese di lite;
P.Q.M.
La Corte: accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
Così deciso in Roma, addì 17 aprile 2019.
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