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SEQUESTRO DI DENARO CONTANTE A TURISTI O ITALIANI ALLA DOGANA ITALIANA: ANALISI POSSIBILI MOTIVI DI ILLEGITIMITÀ E RESTITUZIONE DELLE SOMME DOPO IL SEQUESTRO Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Se al tuo arrivo all’aeroporto hai subito il sequestro di denaro contante e/o di altri beni perché non sapevi di non poter portare con te in contanti (senza dichiarazione) più di 9.999,99 euro, puoi ancora intervenire, e vi sono casi in cui è possibile ottenere la restituzione integrale o parziale.

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Tieni conto che, inoltre, una specifica dichiarazione ti rende in regola con tale norma e ti permetterà il trasporto e trasferimento di denaro contante anche al di sopra di tale soglia (anche se, ovviamente, la dichiarazione potrebbe dare avvio a separate indagini per ulteriori verifiche sulla provenienza delle somme o quant’altro).

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Di seguito un esempio di caso in cui il contribuente ha ottenuto la restituzione del denaro contante / altri beni sequestrati.

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Si tratta della sentenza di Corte di Cassazione n. 15409/2003, che si è espressa specificando la portata della possibile ignoranza della legge, e se e quando all'autore dell'illecito è ascrivibile, in considerazione della condotta occasionale, un dovere particolare di conoscenza della predetta norma. La Corte ha ritenuto sensibile l'errore commesso da un dipendente di una società per azioni che aveva omesso di dichiarare all'ingresso nel territorio nazionale la detenzione di titoli di credito superiori alla soglia prevista dalla L. n. 227/1990.

In particolare, il contribuente aveva omesso di dichiarare alla dogana il possesso di 14 assegni post-datati di valuta complessiva superiore al limite di legge, ricevuti per conto della società di cui era dipendente.

L'opposizione veniva accolta già in prima istanza con annullamento della stessa sul rilievo della carenza dell'elemento soggettivo dell'infrazione, anche atteso che in tema di illeciti amministrativi doveva trovare analogicamente applicazione la disposizione contenuta nell'art. 5, c.p. e comunque doveva ritenersi scusabile l'errore commesso da contribuente nell'omettere di dichiarare alla dogana l'importazione dei titoli di credito giacché non poteva ragionevolmente pretendersi che egli si informasse maliziosamente sul regime normativo di un'attività da lui svolta occasionalmente, accessoriamente e per conto di altri.

Lo Stato proponeva ricorso per la cassazione della sentenza. In particolare, lo Stato denunciava la nullità della sentenza impugnata, in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., nonché la violazione dell'art.3 del d.lgs. 167/90 e dell'art. 5 c.p., e la contraddittorietà della sentenza.

La Corte di Cassazione rigettava il ricorso, dichiarandolo infondato, precisando l'esclusione dell'elemento soggettivo della violazione affermata nella sentenza, tenuto conto che l'operazione commerciale alla quale si riferivano gli assegni non dichiarati alla dogana si era svolta nel rispetto della normativa fiscale allora vigente; che gli assegni rinvenuti non erano stati occultati; che l'ignoranza della disciplina valutaria era stata determinata dalla notorietà di un generale principio di libera circolazione dei capitali in ambito europeo; e che non era esigibile che il trasgressore si informasse minuziosamente sul regime giuridico di un'attività non riconducibile alle sue specifiche competenze professionali.

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Diverso rispetto al primo tipo di sequestro è quello che può essere fatto da un presunto collegamento con il reato di riciclaggio.

Sul punto è stato specificato che non basta il possesso di una ingente quantità di denaro per provare il riciclaggio e giustificare il relativo sequestro.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 39006/2018, ha in particolare ritenuto che il possesso di una considerevole somma di denaro non sia sufficiente per contestare al possessore il reato di riciclaggio e il conseguente sequestro di contante.

Il procedimento in esame prendeva le mosse dalle indagini cui era stato sottoposto l'imputato per il reato di cui all'art. 648 bis c.p., imputato che, in aeroporto, in procinto di imbarcarsi su un volo per l'estero, veniva trova in possesso di 162.940,00 euro in contanti, contenuti in numerosi pacchetti siglati a penna con nomi e numeri di telefono. La somma veniva sequestrata dalla polizia giudiziaria e il provvedimento convalidato dal Pubblico Ministero.

La difesa presentava istanza di dissequestro della somma chiedendone l'immediata restituzione all'imputato, sostenendo come, quest'ultimo, non poteva ritenersi responsabile del reato di riciclaggio per insussistenza degli elementi da cui poter desumere la provenienza illecita della somma sequestrata.

Il Pubblico Ministero rigettava l'istanza e l'imputato presentava opposizione al Giudice per le Indagini preliminari che, all'esito dell'udienza camerale, lo respingeva.

Quindi, la difesa presentava ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari.

I giudici della Suprema Corte hanno ritenuto fondato il ricorso, rilevando che il decreto di sequestro di cose costituenti il corpo del reato deve essere sorretto da idonea motivazione circa la sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato.

Inoltre, emergeva che per aversi il reato di cui all'art. 648 c.p. è necessaria la commissione di un reato presupposto, costituito da qualsiasi delitto non colposo.

In poche parole, la Corte ha sottolineato come nel caso di sequestro di somme di denaro genericamente collegato ad un fatto di reato, benché non sia necessaria la prova del carattere di pertinenza o di corpo di reato delle cose oggetto del vincolo, deve essere evidenziata la possibilità effettiva, cioè non fondata su elementi astratti ed avulsi dalle caratteristiche del caso concreto della configurabilità di un rapporto di queste con il reato stesso.

Questa decisione delinea i confini per l'emissione e la validità di un decreto di sequestro in materia di riciclaggio: se il reato presupposto non esiste o non risulta minimamente delineato con riguardo ai suoi elementi essenziali, non può trovare giustificazione il provvedimento di sequestro di somme di denaro.

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L'illegittimità del sequestro in considerazione della natura e dell'entità del denaro contante trasportato. In dottrina qualcuno ha sostenuto che il sequestro è illegittimo in considerazione della natura e dell'entità del denaro contante trasportato, quando il relativo valore in euro non risulta agevolmente determinabile all'atto del sequestro medesimo, configurando un'ipotesi di inapplicabilità della limitazione quantitativa.

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Questi rappresentano solo alcuni dei motivi per cui il sequestro di denaro contante e/o di altri beni di valore sopra soglia è da considerarsi illegittimo. Per approfondire puoi ricercare tra le tante sentenze e ricorsi pubblicati sul nostro sito o chiedere l'intervento di un avvocato tributarista esperto proprio in questi temi per trovare la soluzione migliore possibile in relazione al tuo personale caso.

 

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