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L’Agenzia non può rivendicare l’esistenza di decadenze prescritte per la sola fase amministrativa (come per la presentazione di dichiarazioni integrative). Il contribuente ha diritto di provare nel processo che l’Agenzia è in errore. Ricorso accolto Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “l'inapplicabilità in sede giudiziaria delle decadenze prescritte per la sola fase amministrativa, con la conseguenza che il contribuente può opporsi, in detta sede, alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria; - oggetto del contenzioso tributario è infatti l'accertamento circa la legittimità della pretesa impositiva, quand'anche fondata sulla base di dati forniti dal contribuente; - è agevole rilevare che in tal caso non si verte in tema di dichiarazione integrativa ex art. 2 cit., onde non può escludersi il diritto del contribuente a contestare il provvedimento impositivo, allegando le circostanze, quali anche errori od omissioni presenti nella dichiarazione, che provano l'insussistenza del credito preteso; - pertanto, ove sia l'Erario ad agire, è nella sede processuale, di impugnazione della cartella di pagamento che liquidi quanto indicato erroneamente in dichiarazione, che il contribuente potrà sempre dar prova dell'errore e ottenere l'annullamento dell'atto impugnato”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 22197 del 5 settembre 2019

Rilevato che:

- La Commissione Tributaria Regionale della Campania ha rigettato l'appello proposto da I. s.p.a. avverso la sentenza della CTP che aveva, a sua volta, respinto il ricorso della società avverso la cartella esattoriale notificatale, a seguito di controllo automatizzato, per l'omesso pagamento dell' IVA 2007; - avverso la sentenza, depositata il 28.10.2013, I. propone ricorso per cassazione affidato a un unico motivo; l'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;

Considerato che:

- con l'unico motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell'art. 13 d. Igs. 471 del 1997, per avere la CTR erroneamente ritenuto precluso il ravvedimento operoso della contribuente, esercitato tramite la presentazione di una dichiarazione integrativa anteriore al ricevimento dell'avviso di irregolarità; - il motivo è fondato, anche se per ragioni di diritto diverse da quelle dedotte dalla ricorrente; - va premesso che ciò che unicamente si evince dalla lettura della sentenza impugnata è che la cartella dedotta in giudizio è stata notificata ad I. per l'omesso versamento del debito Iva risultante dalla dichiarazione 2008 (relativa all'anno 2007) e che la società ha tardivamente presentato una dichiarazione in rettifica; - non v'è traccia in sentenza delle ragioni sottese alla pretesa tributaria né dei motivi per i quali la società vi si è opposta; - ciò precisato, va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che, in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, come nel caso di specie, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d'imposta successivo (Sez. U, Sentenza n. 13378 del 30/06/2016; conf. Sez. 5, Ordinanza n. 11507 del 11/05/2018; già in precedenza Sez. 5, Sentenza n. 373 del 13/01/2016 e Sez. 5, Sentenza n. 19537 del 17/09/2014, per la quale solo l'istanza di rimborso può essere proposta anche oltre il termine di presentazione della dichiarazione del periodo d'imposta successivo); - tuttavia, sempre con la citata sentenza n. 13378/016, le S.U. hanno comunque chiarito che la natura giuridica della dichiarazione fiscale quale mera esternazione di scienza, il disposto dell'art. 10 dello Statuto del contribuente- secondo cui i rapporti fra contribuente e fisco sono improntati al principio di collaborazione e buona fede- il principio di capacità contributiva, nonché il diverso piano sul quale operano le norme in tema di accertamento e riscossione, comportano l'inapplicabilità in sede giudiziaria delle decadenze prescritte per la sola fase amministrativa, con la conseguenza che il contribuente può opporsi, in detta sede, alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria; - oggetto del contenzioso tributario è infatti l'accertamento circa la legittimità della pretesa impositiva, quand'anche fondata sulla base di dati forniti dal contribuente; - è agevole rilevare che in tal caso non si verte in tema di dichiarazione integrativa ex art. 2 cit., onde non può escludersi il diritto del contribuente a contestare il provvedimento impositivo, allegando le circostanze, quali anche errori od omissioni presenti nella dichiarazione, che provano l'insussistenza del credito preteso; - pertanto, ove sia l'Erario ad agire, è nella sede processuale, di impugnazione della cartella di pagamento che liquidi quanto indicato erroneamente in dichiarazione, che il contribuente potrà sempre dar prova dell'errore e ottenere l'annullamento dell'atto impugnato; - la CTR che, con motivazione scarna e scarsamente comprensibile, si è limitata ad accertare che dal quadro VL della dichiarazione presentata da Item il 16.1.2010 risultano importi diversi da quelli esposti nella dichiarazione 2008 e che la dichiarazione integrativa è stata presentata oltre i termini previsti dalla legislazione vigente, senza compiere alcun ulteriore approfondimento, ha dunque violato il su enunciato principio; - la sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio della causa, per un nuovo esame, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2019.

 

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