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Corte di Cassazione, Sez. 6
Ordinanza n. 19449 del 18 luglio 2019
Rilevato che:
- Con sentenza n. 1462/1/17 depositata in data 12 ottobre 2017 la Commissione tributaria regionale della Liguria accoglieva l'appello proposto dall'Associazione sportiva dilettantistica T. avverso la sentenza n. 321/1/16 della Commissione tributaria provinciale di Imperia che aveva rigettato il ricorso della contribuente relativo all'avviso di accertamento II.DD. e IVA 2010 a seguito dell'esclusione dell'applicazione all'associazione del regime agevolativo di cui alla legge n.398/91;
-Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l'Agenzia delle entrate deducendo due motivi. La contribuente resiste con controricorso.
Considerato che:
-Con il primo motivo di ricorso - dedotto ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. -, l'Agenzia ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 36 d.lgs. n. 546 del 1992 per motivazione apparente, riducendosi la motivazione della CTR ad una mera petizione di principio circa la presenza dei requisiti per la fruizione del regime fiscale agevolativo;
- Va preliminarmente scrutinata e disattesa l'eccezione di inammissibilità formulata in controricorso, in quanto la censura appare ben sussunta nel paradigma del n. 4 dell'art. 360, primo comma, cod. proc. civ. in relazione alla deduzione di motivazione apparente, in luogo del n. 5 della medesima previsione, dal momento che, secondo l'Agenzia, la motivazione non sarebbe sorretta da un iter argomentativo comprensibile; il mezzo di impugnazione è nondimeno infondato. La Corte reitera l'insegnamento secondo cui «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da "error in procedendo", quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232);
- Nel caso di specie, la motivazione della CTR individua l'oggetto della ripresa a tassazione, ricostruisce in fatto in modo succinto il contenuto del processo e dell'appello, e rende una motivazione in risposta imperniata sull'assolvimento dell'onere della prova dei presupposti del beneficio da parte della contribuente sulla base dell'attività svolta («L'attività praticata (...) è quella di organizzare le corse automobilistiche a favore dei propri associati») e del finanziamento («Nella fattispecie risulta che gli unici proventi della società sono stati realizzati con la pubblicità e le quote degli iscritti. Dalle scritture contabili non risulta inoltre che i proventi abbiano superato la quota prevista dalla legge (...)»). Tanto basta per escludere la mera apparenza della motivazione, essendo l'iter argomentativo pienamente comprensibile e rapportato ai fatti ed elementi di prova della fattispecie concreta;
-Con il secondo motivo di ricorso - dedotto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. -, la contribuente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt.148 TUIR e 2697 cod. civ.per aver la CTR erroneamente ritenuto dimostrata l'esistenza dei presupposti per la fruizione del beneficio;
-Preliminarmente, va esaminata e accolta l'eccezione svolta dalla contribuente di erronea sussunzione, con conseguente inammissibilità del motivo. Infatti, in relazione alla deduzione di errata articolazione della motivazione circa l'esistenza dei presupposti per la fruizione del beneficio (cfr. pp. 7 e 8 del ricorso in particolare), doveva essere censurata ai sensi del n. 5 dell'art.360, comma primo, cod. proc., e non del n. 3 in quanto non vi si fa questione della non corretta applicazione del canone di riparto dell'onere della prova, ma di erronea valutazione di ciò che è sufficiente ai fini del riconoscimento del regime fiscale privilegiato alla contribuente. Tuttavia, anche riqualificato ai sensi del n.5, il motivo è inammissibile, alla luce nella nuova formulazione del paradigma in questione. Va infatti rammentato che: «Nella nuova formulazione dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., il sindacato di legittimità sulla motivazione è ridotto al "minimo costituzionale", restando riservata al giudice del merito la valutazione dei fatti e l'apprezzamento delle risultanze istruttorie, ma la Corte di cassazione può verificare l'estrinseca correttezza del giudizio di fatto sotto il profilo della manifesta implausibilità del percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilità delle conseguenze e, pertanto, può sindacare la manifesta fallacia o non verità delle premesse o l'intrinseca incongruità o contraddittorietà degli argomenti, onde ritenere inficiato il procedimento inferenziale ed il risultato cui esso è pervenuto, per escludere la corretta applicazione della norma entro cui è stata sussunta la fattispecie» (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 16502 del 05/07/2017 - Rv. 644818 - 01); all'evidenza, la motivazione, nei passaggi già sopra richiamati in relazione al primo motivo non si colloca al di sotto del minimo costituzionale sindacabile ai sensi del nuovo n.5;
- Al rigetto del ricorso segue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza. La Corte dà atto che, in presenza di soccombenza della parte ammessa a prenotazione a debito, ai sensi dell'art. 1 comma 17 della legge 24.12.2012 n.228 (legge di stabilità 2013), per effetto del presente provvedimento non sussistono i presupposti per il versamento dell'ulteriore contributo unificato di cui all'art.13 comma 1-bis D.P.R. n.115/2002, testo unico spese di giustizia
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente alla rifusione alla controricorrente delle spese di lite, liquidate in Euro 4.100,00 per compensi, oltre Spese generali 15%, Iva e Cpa. Così deciso in Roma il 17 aprile 2019.
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