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Cassazione. L’inammissibilità del ricorso è dichiarabile solo in casi estremi, in cui sia davvero giustificata. Il ricorso introduttivo non era inammissibile.

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Estratto: “le previsioni di inammissibilità, proprio per il loro rigore sanzionatorio, devono essere interpretate in senso restrittivo, limitandone cioè l'operatività ai soli casi nei quali il rigore estremo è davvero giustificato; ciò anche tenendo presente l'insegnamento fornito dalla Corte Costituzionale, con particolare riguardo al processo tributario, secondo il quale le disposizioni processuali tributarie devono essere lette in armonia con i valori della «tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 17533 del 28 giugno 2019

Rilevato che:

La società C. s.r.l. impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di I. l'avviso di accertamento con il quale l'Agenzia delle Entrate determinava, in relazione all'anno d'imposta 2004, maggiore imposta ai fini I.V.A., imposta di registro e sanzioni riferiti al valore dell'avviamento commerciale derivante dal contratto di cessione di azienda intercorso tra la stessa società e la I. s.r.l. L'Agenzia delle Entrate, costituitasi in giudizio, eccepiva, in via preliminare, l'inammissibilità del ricorso perché notificato in copia, anziché in originale, come previsto dall'art. 22, comma 1, del d.lgs. n. 546/1992, e per mancanza di autenticazione, da parte dei difensori, della firma apposta dal legale rappresentante della società in calce al ricorso; nel merito, replicava che dagli accertamenti eseguiti era emerso che la società I. s.r.l. aveva concluso con la contribuente un contratto verbale di cessione di azienda. I giudici di primo grado dichiaravano inammissibile il ricorso ed avverso la decisione interponeva appello la società contribuente. La Commissione regionale rigettava l'appello, rilevando la sussistenza della violazione di cui all'art. 22 del d.lgs. n. 546/1992, dato che risultava depositato l'originale del ricorso e spedita copia dello stesso all'Ufficio, e che il mandato alle liti non risultava autenticato dai soggetti rappresentanti ed era privo di data, come il ricorso, in violazione degli artt. 18, comma 4, e 22, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 546/1992. Osservava, inoltre, che la società contribuente a sostegno delle proprie ragioni aveva prodotto copia delle scritture private datate 10 marzo 2003 e 10 gennaio 2004 attestanti la cessione dei domini e della clientela dalla I. s.r.l. alla S. s.a.s., le quali, tuttavia, non essendo regolarmente registrate e risultando prive di data certa, non avevano alcun valore giuridico

Ricorre per la cassazione della suddetta sentenza la società C. s.r.I., con tre motivi. L'Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione.

Considerato che:

1. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 18, comma 4, e 22, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la ricorrente assume che i giudici di appello, confermando la statuizione della sentenza di primo grado, hanno erroneamente ritenuto che l'errore compiuto nella esecuzione della notificazione diretta ex art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 546/1992, spedito all'Ufficio in copia, anziché in originale, e depositato presso la segreteria della Commissione provinciale in originale, anziché in copia, costituisce causa di inammissibilità del ricorso. 1.1. La censura è fondata. 1.2. Come è stato chiarito da questa Corte (Cass. n. 21170 del 31/10/2005), l'errore compiuto dalla contribuente non è causa di inammissibilità del ricorso, ma costituisce mera irregolarità. Infatti, le previsioni di inammissibilità, proprio per il loro rigore sanzionatorio, devono essere interpretate in senso restrittivo, limitandone cioè l'operatività ai soli casi nei quali il rigore estremo è davvero giustificato; ciò anche tenendo presente l'insegnamento fornito dalla Corte Costituzionale, con particolare riguardo al processo tributario, secondo il quale le disposizioni processuali tributarie devono essere lette in armonia con i valori della «tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità» (Corte Costituzionale nn. 189 del 2000 e 520 del 2002). Il regime dell'inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio tributario va individuato nel quinto comma dell'art. 22 del d.lgs. n. 546/1992 («ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l'esibizione degli originali degli atti e dei documenti di cui ai precedenti commi»), il quale stabilisce una sorta di possibile causa di esclusione della sanzione dell'inammissibilità (da intendersi quale vera e propria extrema ratio) quando vi sia modo di accertare la sostanziale regolarità dell'atto e l'osservanza delle regole processuali. In particolare, con riferimento alla previsione di cui all'art. 22, comma 1, del d.lgs. n. 546/1992, riguardante la attività di consegna del ricorso in originale all'Ufficio finanziario e di deposito della copia, attestata come conforme dalla parte, presso la Segreteria della Commissione, non si può far discendere l'inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio dalla eventuale irregolarità che abbia avuto ad oggetto tale procedura - come nel caso di specie in cui l'ordine procedimentale risulta esattamente "rovesciato", con la consegna della copia (anziché dell'originale) all'Ufficio e il deposito dell'originale (anziché della copia conforme) presso l'organo giurisdizionale. I principi sopra richiamati sono stati ribaditi da questa Corte anche con pronunce successive (Cass. 6391 del 2006; Cass. n. 29394 del 2008; Cass. 15444 del 2000), per cui anche questo Collegio intende confermare che il ricorso introduttivo del procedimento di primo grado non può considerarsi inammissibile qualora il contribuente abbia errato nella esecuzione della notifica ex art. 16, terzo comma, del d.lgs. n. 546/1992, spedendo all'Ufficio la copia, anziché l'originale, e depositando nella segreteria della Commissione provinciale l'originale, anziché la copia, del ricorso.

2. Con il secondo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 18, comma 4, e 12, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 546/1992, nonché dell'art. 83, comma 3, cod. proc. civ, per avere la Commissione regionale dichiarato inammissibile il ricorso anche perché il mandato alle liti conferito dalla società ricorrente non recava la autenticazione dei difensori, la procura non risultava conferita in calce al ricorso, ma su foglio separato, e la procura non riportava, come il ricorso, la data. 2.1. Anche il secondo motivo è fondato. 2.2. In ordine alla mancata sottoscrizione della procura da parte dei difensori, questa Corte è ferma nel ritenere che la mancata certificazione, da parte del difensore, dell'autografia della firma del ricorrente, apposta sulla procura speciale in calce o a margine del ricorso costituisce mera irregolarità che non comporta nullità del mandato "ad litem", poiché tale nullità non è comminata dalla legge, né la predetta formalità incide sui requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell'atto - individuabile nella formazione del rapporto processuale attraverso la costituzione in giudizio del procuratore nominato - salvo che la controparte non contesti, con valide e specifiche ragioni e prove, l'autografia della firma non autenticata (Cass. n. 3295 del 11/2/2009; Cass. 27774 del 2011; Cass. n. 24894 del 25/11/2005). Nel caso di specie l'Agenzia delle Entrate non ha sollevato contestazioni in merito all'autografia della firma non autenticata, sicchè il vizio rilevato dalla Commissione regionale non sussiste.

2.3. Quanto, poi, al secondo vizio concernente il rilascio della procura su foglio separato e non in calce al ricorso, va osservato che in tema di contenzioso tributario, l'art. 12 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 non prevede il rilascio di una procura di rappresentanza, ma soltanto, ove la causa sia di valore superiore a euro 2.582,28, la necessità del conferimento, in favore dei soggetti abilitati, di un incarico professionale a prestare assistenza, che può avvenire nelle forme proprie del mandato "ad litem", la cui validità segue le regole generali dettate per il processo civile dall'art. 83 cod. proc. civ., con la conseguenza che la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che però sia congiunto materialmente all'atto cui si riferisce (Cass. n. 29591 del 29/12/2011). Nel caso di specie, la procura è stata scritta su atto aggiunto e spillato al ricorso e, unitamente a questo, spedito all'Ufficio, sicchè risulta rispettato il disposto di cui al comma 3 dell'art. 83 cod. proc. civ.

2.4. Relativamente, inoltre, alla mancanza di data sia nella procura che nel ricorso, va confermato il principio secondo cui «la data non costituisce uno degli elementi essenziali del ricorso, il quale, in quanto atto per il quale è prescritta la notificazione, acquista l'efficacia processuale solo nel giorno in cui è stato notificato»; con riguardo alla data di rilascio della procura, va richiamato il principio secondo il quale la mancanza di data nella procura apposta a margine o in calce al ricorso non ne determina l'inammissibilità ove la procura stessa sia stata trascritta, come nel caso di specie, nella copia notificata del ricorso, atteso che la posteriorità del suo rilascio rispetto alla sentenza impugnata si ricava dall'intima connessione con l'atto al quale accede, in cui la sentenza è menzionata, mentre la sua anteriorità rispetto alla notifica si desume dal contenuto della copia notificata del ricorso, così da risultare con certezza che essa è stata conferita in data anteriore a detta notifica (Cass. n. 8532 del 22/6/2001).

3. Con il terzo motivo, si censura la decisione impugnata per omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dalla presenza di una valida procura al difensore. La ricorrente si duole del fatto che i giudici regionali, nell'analizzare il ricorso, non hanno dato conto della firma del legale rappresentante apposta in calce al ricorso stesso, né l'hanno valorizzata al fine di verificare se sussistesse incertezza in ordine all'effettivo conferimento del potere di rappresentanza ai difensori che hanno sottoscritto il ricorso ed in ordine alla riferibilità, alla società e, per essa, al legale rappresentante, della firma apposta in calce alla procura.

3.1. La fondatezza dei primi due mezzi di ricorso consente di ritenere assorbito il terzo motivo di ricorso.

4. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato che il giudice di appello si sia spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, con la conseguenza che, laddove sono state svolte impropriamente anche argomentazioni sul merito, le stesse sono da ritenere prive di giuridica rilevanza (Cass. Sez. U., n. 24469 del 30/10/2013; Cass. n. 17004 del 20/8/2015; Cass. n. 30393 del 19/12/2017).

 4. In conclusione, accolti il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Molise, in diversa composizione, per il riesame del merito della controversia, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, dichiara assorbito il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria regionale del Molise, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità

 

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