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Non si valuta l’inerenza (o meno) di un costo sulla base della congruità (o meno) del prezzo pagato. Ricorso accolto.

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Estratto: “il principio dell'inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito di impresa, ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all'esercizio dell'attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità, anche solo potenziale o indiretta, in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull'inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo (…) in tema di IVA, il principio di inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d'impresa”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 14941 del 31 maggio 2019

Fatto

1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio sez. staccata di Latina, veniva accolto l'appello proposto dall'AGENZIA DELLE ENTRATE, e riformata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Latina (in seguito, CTP) n. 354/08/2007, avente ad oggetto un avviso di accertamento con il quale è stata rettificata la dichiarazione presentata dalla società G. S.R.L. ai fini IVA relativamente all'anno di imposta 2004.

2. La società impugnava l'avviso avanti alla CTP, tra l'altro, per difetto di motivazione dell'avviso di accertamento e infondatezza nel merito della ripresa, ed indebita ripresa di spese di costruzione di due individuati fabbricati, ritenute non inerenti ai fini IVA e detratte; il ricorso veniva accolto nella ritenuta nullità dell'avviso di accertamento per carenza di motivazione e prove sottese alla ripresa.

3. L'Agenzia proponeva appello affermando la legittimità dell'accertamento, cui controdeduceva S. S.R.L., quale incorporante della G. S.R.L. (in seguito, la contribuente), depositando memorie illustrative; la CTR accoglieva l'impugnazione, disattendendo l'argomentazione dei giudici di prime cure sulla carenza di motivazione dell'atto, e ritenendo nel merito fondata la ripresa. 4. Contro la sentenza d'appello, la contribuente propone ricorso per Cassazione affidato a tre motivi, che illustra con memoria, cui resiste l'Agenzia con controricorso.

Diritto

5. Con il primo motivo, si censura la nullità della sentenza, inesistenza o mera apparenza della motivazione, per violazione degli artt.36 comma 2 n.4 del d.lgs. n. 546/1992, 132 comma 2 n. 4 c.p.c. e 118 comma 1 disp. att. c.p.c. ai fini degli artt. 62 del d.lgs. n.546/1992 e 360 primo comma nn.3 e 4 c.p.c. in quanto inidonea ad esprimere la ratio decidendi in merito alle singole riprese.

6. Il motivo è infondato. Va premesso che può utilmente affermarsi l'inesistenza della motivazione solo in caso di sua fisica assenza (Cass. 29 aprile 2008 n.10839; Cass. 1 settembre 2006 n. 18948), e ciò è escluso sin dalla lettura del motivo nel caso di specie, in quanto si denuncia la presenza di una motivazione seppure ritenuta inidonea. Ciò detto, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che sussiste il vizio di motivazione apparente quando essa risulta fondata su una mera formula di stile, riferibile a qualunque controversia, disancorata dalla fattispecie concreta e sprovvista di riferimenti specifici, del tutto inadeguata a rivelare la "ratio decidendi" e ad evidenziare gli elementi che giustifichino il convincimento del giudice e ne rendano dunque possibile il controllo di legittimità, ovvero caratterizzata da un "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e da "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (Cass. Sez. Un. 7 aprile 2014, n.8053).

7. Nel caso di specie la motivazione della sentenza gravata, quanto al merito della ripresa, è sufficientemente articolata circa la ritenuta indebita detrazione IVA, avendo la CTR riassunto gli elementi in fatto ("(...) la realizzazione di due palazzine da adibire a uffici direzionali e di servizi"), sussunto la fattispecie nella pertinente previsione di legge (l'art. 109 D.P.R. n.917/1986), e motivato in diritto circa l'antieconomicità del costo rispetto alle prestazioni rese dalla società a cui erano stati affidati i lavori di appalto. Tanto basta per escludere anche la motivazione apparente, in quanto non si tratta di irriducibile inconciliabilità delle affermazioni, né di motivazione obiettivamente incomprensibile e nemmeno disancorata dalla fattispecie concreta, come confermato dal fatto che la ratio è oggetto dei restanti analitici motivi di ricorso e, dunque, è stata compresa e impugnata nello specifico.

8. Con il secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 19 comma 1 del D.P.R. n.633/1972 ai fini dell'art. 62 del d.lgs. n. 546/1992 e dell'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., per aver la CTR ritenuto l’IVA indebitamente detratta per assenza di inerenza in quanto eccessiva, dal momento che la previsione di legge richiamata non ammetterebbe alcun giudizio di congruità sul valore dei beni e servizi acquistati dal soggetto passivo per la propria attività imprenditoriale. Con il terzo motivo si lamenta l'omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio relativamente al medesimo rilievo IVA quale vizio di motivazione ai fini dell'art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., per essere insufficienti gli elementi in base ai quali la CTR ha ritenuto eccessivo il ricarico addebitato dall'appaltatore E1. SRL rispetto al costo dei lavori a sua volta a lei addebitato dal subappaltatore E2 SRL, in relazione alla edificazione di due manufatti per conto della contribuente.

9. I motivi, strettamente connessi e da trattarsi congiuntamente in quanto afferiscono alla medesima ripresa, sotto i due angoli della violazione di legge e del vizio motivazionale, sono fondati. La Corte ha di recente affermato come in tema di imposte sui redditi delle società, il principio dell'inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito di impresa, ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all'esercizio dell'attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità, anche solo potenziale o indiretta, in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull'inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo (Cass. 11 gennaio 2018 n.450). Infatti, in tema di IVA, il principio di inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d'impresa ed esprime una correlazione tra costi ed attività in concreto esercitata, traducendosi in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo (Cass. 17 luglio 2018 n.18904).

10. Da ultimo, va anche considerato che la giurisprudenza di questa Corte talvolta utilizza l'antieconomicità ai fini dell'individuazione di elementi indiziari ai fini dell'individuazione del diritto alla detrazione. Tuttavia, questo può avvenire purché l'antieconomicità sia manifesta e macroscopica: "In tema di IVA, non è consentito all'Amministrazione rideterminare il valore delle prestazioni e dei servizi acquistati dall'imprenditore escludendo il diritto alla detrazione, salvo che dimostri l'antieconomicità manifesta e macroscopica dell'operazione, tale da assumere rilievo indiziario di non verità della fattura o di non inerenza della destinazione del bene o servizio all'utilizzo per operazioni assoggettate ad IVA: in detta ipotesi, spetta al contribuente provare che la prestazione del bene o servizio è reale ed inerente all'attività svolta." (Cass. 30 gennaio 2018 n.2240).

11. Orbene, nel caso in esame, è stata riscontrata una complessiva e non meglio precisata "sproporzione", posta dall'Amministrazione a fondamento della ripresa, secondo un ragionamento condiviso dalla CTR. Infatti, le spese di costruzione di fabbricati sarebbero state, si legge in sentenza, "ritenute non inerenti in quanto eccessive rispetto alle prestazioni rese dalla società interposta". In particolare, è stato ritenuto sproporzionato quanto pagato dalla contribuente ad una società commerciale, la E1. SRL, riconducibile alla medesima proprietà, la quale ha a sua volta dato in appalto a terzi, il subappaltatore E2. SRL, la costruzione dei due manufatti. Tuttavia, in questa generica affermazione della CTR non si rinvengono elementi neppure presuntivi sufficienti per poter affermare che si tratti di una antieconomicità con le caratteristiche richieste dal canone giurisprudenziale sopra richiamato, ossia manifesta e macroscopica e, sotto questi profili, la decisione merita di essere rimeditata.

12. In conclusione, in accoglimento del secondo e terzo motivo di ricorso, disatteso il primo, la sentenza impugnata dev'essere cassata, con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili accolti, oltre che per il regolamento delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte: accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, disatteso il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili accolti, e per il regolamento delle spese di lite. Così deciso in Roma, il 22 maggio 2018.

 

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