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Cos'è lo studio di settore?
È uno strumento con cui l'Agenzia delle Entrate rileva la tipologia di attività esercitata (ad esempio: ristorazione, vendita al dettaglio di bigiotteria, attività degli studi legali, attività di architettura e via discorrendo), il contesto in cui l'attività opera e la capacità di reddito della stessa (sia questa un’impresa o un libero professionista o autonomo).
In questo modo, l'Agenzia ha un parametro da considerare per comprendere quanto ricavi in media una data tipologia di impresa o una data categoria di liberi professionisti.
Cosa succede se i ricavi dichiarati da un contribuente non risultano in linea con lo studio di settore?
Qualora l'Agenzia delle Entrate riscontrasse uno scostamento tra quanto dichiarato dal contribuente e quanto lo stresso avrebbe dovuto guadagnare in base allo studio di settore, l'Agenzia emette un avviso di accertamento che, sulla base dello studio di settore, ricalcola maggiori ricavi e di conseguenza anche maggiori imposte, applicando nel contempo le ingenti sanzioni tributarie.
Esistono altre cause di esclusione dagli studi di settore?
Si. Le ritroviamo principalmente all’interno dell’art. 10, comma 4 della L. 146/1998.
Oltre ai contribuenti che si trovano in un “periodo di non normale svolgimento dell'attività” (come nella sentenza che qui esaminiamo), non può subire accertamenti basati su studi di settore chi:
1. ha iniziato l'attività nel corso del periodo d'imposta;
2. ha cessato l'attività nel corso del periodo d'imposta (anche il periodo che precede l'inizio della liquidazione è considerato periodo di cessazione dell'attività);
3. ha dichiarato ricavi superiori al limite stabilito dallo studio di settore di appartenenza.
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Massima:
Rientra nell'alveo normativo dell'art. 10, comma 4, lett. c), della legge n. 146/1998 - che esclude l'applicabilità degli studi di settore nei confronti di contribuenti che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell'attività - la fattispecie in cui sia pacifico che il contribuente abbia proceduto alla cessione del ramo d'azienda e sia provato che l'attività di liquidazione, intesa come vendita promozionale della merce in magazzino, sia iniziata già nel corso dell'anno precedente la certificazione dell'anormalità, intesa come interruzione dell'attività aziendale. L'attività lavorativa non si trova in una situazione di normale svolgimento, ove sia irrimediabilmente proiettata alla sua cessazione, a maggior ragione se emergente dal bilancio d'esercizio, trovando fondamento nell'insostenibilità economica dell'attività, elemento più che sufficiente a giustificare lo scostamento dallo studio di settore.
Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia Sezione/Collegio 18
Sentenza del 27/02/2017 n. 769
FATTO e DIRITTO
La vicenda riguarda l'avviso di accertamento in epigrafe indicato, relativo all'anno 2009, per maggiori ricavi (e conseguente maggiore Ires, Irap e Iva) derivanti dall'applicazione di studio di settore alla (omissis) s.r.l., società esercente (tra l'altro) l'attività di vendita al minuto di abbigliamento.
In particolare, dallo studio di settore era emerso uno scostamento tra i ricavi dichiarati (euro 2.563.321,00) e quelli di riferimento (euro 2.237.589,00)
Durante la fase di contraddittorio endoprocedimentale, il delta dei ricavi, tenuto conto delle circostanze dedotte dalla società (svolgimento di attività di liquidazione magazzino in vista della cessione del ramo di azienda avvenuta nel luglio 2010), veniva ridotto dall'ufficio da euro 330.732,00 ad euro 227.799,00.
La sentenza di primo grado, facendo applicazione dell'articolo 10, comma 4 lett. C, della legge n° 146/1998 (a mente del quale gli studi di settore non possono applicarsi nei confronti di contribuenti "che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell'attività”), accoglieva il ricorso della contribuente, pur compensando le spese di lite.
Con l'atto di appello l'ufficio contesta il richiamo normativo al menzionato art. 10 assumendo che l'eventuale situazione straordinaria sarebbe al limite riferibile all'anno 2010 e non, invece, all'anno 2009. Rileva, inoltre, che la presenza di una vendita promozionale, pur non integrando la situazione di eccezionalità prevista dalla norma, comunque è stata considerata dall'Ufficio per la rideterminazione in melius del delta dei ricavi accertati.
Ricordava, ancora, che l'avviso di accertamento non si fonda solo sullo studio di settore ma su altri circostanziati elementi (ricavi sulle vendite non coerenti, elevate e non giustificate spese per lavoro dipendente, risultato di esercizio costantemente in perdita dal 2007).
Si costituisce la contribuente insistendo per la presenza di una situazione di non normalità, certificata con la cessione del ramo d'azienda nel 2010 ma già esistente nel 2009, periodo in cui la società si è concentrata sulla liquidazione delle merci presenti in magazzino. Ricorda come già nella nota integrativa al bilancio 2009 fosse indicata la decisione di liquidare il ramo d'azienda causa insostenibilità economica dello stesso.
Contesta puntualmente gli altri indici richiamati dall'ufficio, insistendo sulla natura autoreferenziale dell'accertamento mediante studio di settore che non avrebbe altro supporto probatorio a sostegno.
Contesta il difetto di motivazione dell'atto di accertamento impugnato laddove l'ufficio non aveva motivato in ordine all'eccepita situazione di non normalità economica.
L'appello veniva discusso e deciso nell'udienza del 22 febbraio 2017.
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L'appello va respinto.
Come correttamente statuito dai giudici di prime cure, la fattispecie in esame rientra nell'alveo normativo di cui all'articolo 10, comma 4, lett. C della legge n. 146/98.
Tale normativa esclude l'applicabilità degli studi di settore nei confronti di contribuenti "che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell'attività".
Ora nella fattispecie in esame è pacifico che la contribuente ha proceduto alla cessione de! ramo d'azienda nel luglio 2010 ed è provato che l'attività di liquidazione, intesa come vendita promozionale della merce in magazzino, sia iniziata già nel corso del 2009.
Da ciò conseguente che, se è vero che l'anormalità intesa come interruzione dell'attività aziendale è certificata nel 2010, è altrettanto vero che già nel 2009 l'attività lavorativa non si trovava in una situazione di normale svolgimento, essendo ormai irrimediabilmente proiettata alla sua cessazione.
Cessazione che, come emerge dal bilancio di esercizio 2009, trova fondamento nell'insostenibilità economica dell'attività, elemento più che sufficiente a giustificare lo scostamento dallo studio di settore.
Le spese di lite seguono la soccombenza.
PQM
La Commissione rigetta l'appello.
Condanna l'ufficio al pagamento del!e spese di lite che liquida in euro 2.000,00 oltre accessori.
Milano, 22 febbraio 2017
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