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L’Agenzia, se vuole irrogare la sanzione, deve provare che la violazione è stata commessa con coscienza e volontà. Inoltre il contribuente può dimostrare l’errore incolpevole. Respinta la tesi dell’Agenzia. Confermato l’annullamento totale dell’atto.

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Estratto: “(…) occorre che l'azione o l'omissione indicata dalla fattispecie sia volontaria, ossia compiuta con coscienza e volontà, e colpevole, ossia compiuta con dolo o negligenza (cfr. Cass. 17 marzo 2017, n. 6930; Cass. 3 agosto 2012, n. 14030; Cass. 27 luglio 2012, n. 13494)”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 12459 del 10 maggio 2019

RILEVATO CHE:

- l'Agenzia delle dogane e dei Monopoli propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della commissione tributaria regionale del Veneto, depositata il 5 febbraio 2013, di reiezione dell'appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della M. s.p.a. per l'annullamento di atti di irrogazione di sanzioni emesse per infedele dichiarazione di merce in dogana, in relazione alla falsa indicazione dell'origine dei beni;

- dall'esame della sentenza impugnata si evince che gli atti impositivi traevano origine da indagini svolte a livello comunitario dall'OLAF, di concerto con le autorità doganali della Mauritania, nell'ambito della quale era immersa la falsità dei certificati di origine dei beni importati dalla contribuente (polpi congelati), dichiarati nelle rispettive bollette doganali come beneficiari di trattamento daziario preferenziale con aliquota zero, in quanto provenienti da un paese preso in considerazione nell'Accordo di Cotonou;

- il giudice di appello, dopo aver dato atto che i provvedimenti con cui l'Amministrazione finanziaria ha recuperato i dazi non versati erano stati dichiarati legittimi in sede giudiziale, ha confermato la decisione della Commissione provinciale in ordine alla insussistenza dell'elemento soggettivo richiesto per l'applicazione delle sanzioni, avuto riguardo alla garanzia in ordine all'origine Mauritania del pescato offerta dalla società fornitrice e alla apparente veridicità dei certificati di origine dei prodotti importati, nonché all'inapplicabilità delle sanzioni per i casi in cui l'infedeltà della dichiarazione interessi l'origine delle merci; - il ricorso è affidato a tre motivi;

- resiste con controricorso la M. s.p.a.;

CONSIDERATO CHE:

- con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 303, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, 5 e 6, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, e 2697 c.c., nonché dei principi generali sull'onere della prova, per aver la sentenza impugnata escluso che la contribuente fosse punibile con le sanzioni irrogate, in assenza di cause di non punibilità di cui al menzionato art. 6, d.lgs. n. 472 del 1997, pur in assenza della prova dell'impiego della necessaria diligenza professionale nella verifica effettiva della correttezza della condotta dei terzi con il quale ha operato e dai quali provengono le certificazioni utilizzate;

- il motivo è infondato;

- l'art. 303, primo comma, d.P.R. n. 43 del 1973, nella formulazione applicabile al caso in esame, ratione temporis, sanziona chi rende dichiarazioni relative alla qualità, alla quantità ed al valore delle merci destinate alla importazione definitiva che non corrispondano all'accertamento degli Uffici;

- a tal fine, occorre che l'azione o l'omissione indicata dalla fattispecie sia volontaria, ossia compiuta con coscienza e volontà, e colpevole, ossia compiuta con dolo o negligenza (cfr. Cass. 17 marzo 2017, n. 6930; Cass. 3 agosto 2012, n. 14030; Cass. 27 luglio 2012, n. 13494);

- è necessario che l'Amministrazione provi che la condotta sia cosciente e volontaria, ma non anche il dolo o la colpa (o un intento fraudolento) del contribuente, atteso che la norma pone una presunzione di colpa per l'atto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, ponendogli l'onere di provare il contrario, ossia che l'ignoranza dei presupposti dell'illecito sia incolpevole, cioè non superabile con l'uso della normale diligenza (cfr. Cass. 13 settembre 2018, n. 22329; Cass. 3 agosto 2012, n. 14042);

- nel caso in esame, il giudice di appello ha ritenuto che l'errore della contribuente in ordine alla origine della merce importata fosse incolpevole e che le assicurazioni sul punto ricevute dal fornitore e l'apparente veridicità dei documenti presentati, tra cui i certificati di origine, fossero elementi idonei a dimostrare l'uso della diligenza esigibile;

- così motivando, ha fatto corretta applicazione dei richiami principi di diritto, non potendosi escludere che gli elementi di fatti valorizzati possano assumere rilevanza quali indici dell'impiego della normale diligenza;

- con il terzo motivo di ricorso, esaminabile prioritariamente in quanto relativo alla medesima ratio decidendi - ossia, l'assenza di colpevolezza -, l'Agenzia deduce l'insufficiente e carente motivazione su punti decisivi della controversia, per aver la Commissione regionale attribuito rilevanza al numero e al valore delle operazioni commerciali poste in essere, peraltro di entità diverso, rispetto a quanto accertato dall'ufficio, e aver omesso di valutare i profili sostanziali della disposizione sanzionatoria in esame e la sua ratio;

- il motivo è inammissibile;

- infatti, quanto al primo profilo, la sentenza ha desunto la buona fede della contribuente anche dal ritenuto valore «marginale» delle importazioni rispetto al suo fatturato complessivo;

- tale passaggio motivazionale non risulta avere carattere decisivo, in quanto utilizzato solamente al fine di rafforzare quanto già affermato in ordine alla insussistenza dell'elemento soggettivo;

- quanto al secondo aspetto, la censura investe l'applicazione di norme di legge e non già l'apprezzamento di fatti, il quale, peraltro, può essere sindacato in questa sede, attraverso la doglianza di un vizio motivazionale, solo in relazione all'omesso esame di un fatto storico principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, venendo in rilievo l'applicazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., così come riformulato dall'art. 54, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. nella I. 7 agosto 2012, n. 134 (cfr. Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053);

- la resistenza ai motivi di impugnazione proposti della ratio decidendi rappresentata dalla insussistenza dell'elemento soggettivo determina la carenza di interesse in ordine all'esame del secondo motivo di ricorso mediante il quale l'agenzia aggredisce, con il vizio di violazione errata applicazione delle medesime disposizioni di legge di cui al primo motivo, la distinta e autonoma rado decidendi costituita dalla ritenuta inapplicabilità dell'art. 303, d.P.R. n. 43 del 1973 al caso in esame, in quanto tale disposizione sanzionerebbe solamente l'infedele dichiarazione dei dati relativi al valore, alla quantità e alla qualità delle merci e non anche l'infedele dichiarazione dell'origine delle stesse;

- infatti, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l'infondatezza di uno dei motivi rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa agli altri, restanti motivi, atteso che anche se questi ultimi dovessero risultare fondati, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della rado ritenuta corretta (Cass., ord., 11 maggio 2018, n. 11493; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108) - pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto; - le spese processuali del giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 3.000,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% e accessori. Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale dell'8 gennaio 2019.

 

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