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L’allevatore dovette abbattere il 75% degli animali a causa di emergenza sanitaria, ma l’Agenzia delle Entrate non volle considerare la circostanza a giustificazione del reddito. Confermato l’annullamento dell’avviso emesso sugli studi di settore.

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Estratto: “I motivi sono inammissibili in quanto censurano una valutazione operata dal giudice del merito che, con motivazione congrua e logica, ha considerato gli elementi forniti dal contribuente a giustificazione del reddito dichiarato e consistenti, in particolare, su situazioni metereologiche caratterizzate da siccità con conseguente danno alle riserve vegetative ed al patrimonio zootecnico, e su una grave emergenza sanitaria che aveva procurato l'abbattimento di ben settecentocinque capi di bestiame. Tali circostanze sono state valutate dal giudice del merito e costituiscono prove fornite dal contribuente in ottemperanza all'onere dedotto dall'attuale ricorrente. Il giudizio su tali prove e la loro valutazione non sono censurabili in sede di legittimità se, come nel caso in esame, logicamente e congruamente motivati”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 11059 del 19 aprile 2019

Rilevato che

con sentenza n. 149/25/11 pubblicata 1'8 settembre 2011 la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia ha confermato la sentenza n. 482/05/2007 della Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento con la quale era stato accolto il ricorso proposto da B. avverso l'avviso di accertamento n. RXXX emesso nei suoi confronti dall'Agenzia delle Entrate e relativo ad IRPEF ed altro per l'anno d'imposta 2004 e con il quale erano stati considerati ricavi non dichiarati e quantificati in base a studi di settore, quale reddito di impresa derivante da attività di allevamento di bestiame e qualificato invece dal contribuente come agrario in assenza dei requisiti di legge; che la Commissione Tributaria Regionale ha motivato la propria decisione considerando l'illegittimità dell'accertamento basato esclusivamente sugli studi di settore, senza considerare le deduzioni del contribuente che aveva giustificato il reddito dichiarato con una prolungata siccità che aveva compromesso le riserve vegetative determinando anche rilevanti danni all'intero settore zootecnico, e con le emergenze sanitarie che avevano causato l'abbattimento di settecentocinque capi di bestiame nell'azienda; che l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato a due motivi; che B. ha resistito con controricorso;

considerato che con il primo motivo si lamenta violazione di legge per erronea e falsa applicazione dell'art. 39 d.P.R. 600/73 in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ. con riferimento all'accertamento fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti che comportano l'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, con conseguente legittimità del ricorso agli studi di settore, e del calcolo del reddito fondato sul numero dei capi di bestiame, sulla quantità di latte potenzialmente ottenibile dagli ovini e caprini, e sulla quantità di lana ottenibile dalla tosatura delle pecore, mentre il contribuente si era limitato a generiche deduzioni sui motivi di riduzione dell'attività; con il secondo motivo si deduce insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.; che i due motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto riguardano entrambi la motivazione fondata su giustificazioni fornite dal contribuente e ritenute sufficienti dal giudice del merito al fine di contrastare le presunzioni dell'amministrazioni fondate sugli studi di settore.

I motivi sono inammissibili in quanto censurano una valutazione operata dal giudice del merito che, con motivazione congrua e logica, ha considerato gli elementi forniti dal contribuente a giustificazione del reddito dichiarato e consistenti, in particolare, su situazioni metereologiche caratterizzate da siccità con conseguente danno alle riserve vegetative ed al patrimonio zootecnico, e su una grave emergenza sanitaria che aveva procurato l'abbattimento di ben settecentocinque capi di bestiame. Tali circostanze sono state valutate dal giudice del merito e costituiscono prove fornite dal contribuente in ottemperanza all'onere dedotto dall'attuale ricorrente. Il giudizio su tali prove e la loro valutazione non sono censurabili in sede di legittimità se, come nel caso in esame, logicamente e congruamente motivati. Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in € 1.400,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi e spese generali nella misura forfettaria del 15% e accessori di legge. Roma 14 febbraio 2019

 

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