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Corte di Cassazione, Sez. 5
Sentenza n. 11052 del 19 aprile 2019
FATTI DI CAUSA
P. s.p.a. impugnò due atti di contestazione notificati dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, con cui erano state irrogate sanzioni amministrative per l'errata classificazione di merci importate dall'estero nell'anno 2010, in dipendenza della diversa tipologia dei materiali utilizzati rispetto a quanto indicato nella dichiarazione doganale. Respinta l'impugnazione in primo grado, P.s.p.a. propose appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria, che lo accolse, con sentenza depositata il 6 luglio 2016, osservando che la classificazione delle merci importata in Italia dall'appellante era risultata corretta, alla luce della informazione tariffaria vincolante (ITV) rilasciata successivamente all'importazione dalla medesima amministrazione doganale. Avverso la detta sentenza, l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste con controricorso P. s.p.a.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli lamenta violazione dell'art. 12, par. 2, del Regolamento CEE del Consiglio n. 2913/1992 (Codice doganale comunitario), poiché erroneamente il giudice di merito avrebbe valutato la condotta dell'importatrice sulla base della decisione contenuta nella informazione tariffaria vincolante (la c.d. ITV), nonostante fosse risultata applicabile soltanto alle operazioni successive al suo rilascio.
1.1. Il motivo è infondato.
È vero infatti che, ai sensi dell'art. 12, par. 2, del Codice doganale comunitario, l'informazione tariffaria vincolante (ITV) rilasciata dall'amministrazione «è obbligatoria per l'autorità doganale soltanto in relazione alle merci per le quali le formalità doganali sono state espletate in data posteriore alla comunicazione dell'informazione da parte di detta autorità». Nella vicenda che ci occupa, tuttavia, la commissione tributaria regionale non ha inteso applicare erroneamente la suddetta norma, bensì ha ritenuto - con un accertamento in fatto, qui non sindacabile - che le merci importate dalla P. rispettassero esattamente la classificazione dichiarata in dogana (quali «oggetti da tasca o da borsetta con superficie esterna di materie tessili»), proprio in forza di quanto attestato dalla successiva ITV emessa su sua richiesta dall'autorità doganale ai sensi dell'art. 12 del Codice. Dunque, corretta si mostra la decisione impugnata nella parte in cui ha annullato le sanzioni amministrative applicate all'importatrice, per una violazione doganale che - alla luce di quanto accertato in fatto dal giudice di merito - non risultava commessa dall'importatrice attraverso la dichiarazione doganale di cui si discorre.
2. Con il secondo motivo assume la nullità della sentenza per motivazione apparente, ex art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c. avendo il giudice di merito affermato l'esistenza di controlli preventivi di laboratorio richiesti dall'importatrice, giammai espletati.
2.1. Il motivo resta inammissibile per difetto di interesse, avuto riguardo al rigetto delle doglianze, avverso la parte della motivazione su cui si regge autonomamente la decisione impugnata.
3. Le spese seguono la soccombenza. Essendo la ricorrente una amministrazione dello Stato esonerata dal versamento del contributo unificato, va escluso per la predetta l'obbligo di versare dell'ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso principale, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012 (Cass. 29/01/2016, n. 17789).
P.Q.M.
Respinge il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese generali al 15% e agli accessori di legge. Così deciso in Roma, il 3 aprile 2019.
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