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Se il ritardo nella consegna dei documenti non è imputabile al contribuente gli stessi possono essere prodotti anche successivamente, così come possono essere valutati dai giudici. Confermato l'annullamento dell'avviso dell'Agenzia delle Entrate

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Estratto: “secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata e sistematica, il contribuente può sempre contrastare efficacemente i risultati dell'accertamento induttivo con la produzione in giudizio dei documenti che non era stato in grado di esibire in precedenza per causa a lui non imputabile (forza maggiore, fatto del terzo, caso fortuito). La condotta del terzo, che ritarda nella consegna della documentazione non può certo essere imputata al contribuente”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 8645 del 28 marzo 2019

RITENUTO IN FATTO

1. L'Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento, con il metodo "sintetico", ai sensi dell'art. 38 d.p.r. 600/1973, nei confronti di M., per avere effettuato finanziamenti alla F. s.r.I., negli anni 2004- 2006, per la somma di € 880.000,00, poi oggetto di rinuncia, con successivo aumento di capitale per il medesimo importo, con accertamento di un reddito maggiore pari ad € 155.955,28 nel 2005, di cui € 142.660,60 pari a 1/5 degli incrementi patrimoniali relativi agli anni 2004-2006 (pari ad € 713.333,00) e la somma residua per il possesso di autoveicoli ed immobili.

2. Nella motivazione dell'avviso di accertamento si dava atto che il contribuente, dopo aver ricevuto la richiesta di esibizione di documenti, ai sensi dell'art. 32 d.p.r. 600/1973, entro il termine del 30-10-2009, aveva prodotto in ritardo la documentazione attestante il ruolo di mero "fiduciario" svolto dallo stesso, con copia della documentazione contabile attestante il versamento delle somme provenienti dalla P. e P. s.r.I..

3. La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso in relazione all'accertamento del reddito in base agli incrementi patrimoniali, ritenendo sussistente idonea documentazione, proveniente da terzi, e quindi escludendo la colpa dell'M. nel ritardo, per dimostrare la "tracciabilità del finanziamento de quo in modo inequivoco, esaustivo ed inconfutabile", proveniente dalla P. e P. s.r.l. e dalla c. s.r.l.

4. La Commissione tributaria regionale rigettava l'appello proposto dalla Agenzia delle entrate, confermando la motivazione della sentenza di prime cure, ed aggiungendo che il contribuente aveva dimostrato con i documenti prodotti che i versamenti erano stati effettuati a titolo di finanziamento soci con denaro proveniente da terzi, agendo, dunque, quale mero "fiduciario". 5. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'Agenzia delle entrate. 6. Resiste con controricorso la società.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di impugnazione l'Agenzia delle entrate deduce "Insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso del giudizio, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.", in quanto la Commissione regionale ha richiamato la motivazione della sentenza di primo grado, con cui si è ritenuto che i documenti prodotti dal contribuente, in quanto provenienti da "terza persona", erano utilizzabili in giudizio, nonostante l’M. li avesse prodotti oltre il termine del 30-10-2009 concesso dall'Ufficio a tale scopo. Per la Commissione regionale, quindi, il contribuente ha prodotto legittimamente i documenti in data 17-9-2009 ed in data 18-11-2009, in quanto i documenti erano nella disponibilità di terzi. In realtà, la dichiarazione del C., in data 16-11-2009, prodotta il 18-11-2009 attesta solo che l'M. ha operato come "fiduciario" per suo conto e per la P. e P. s.r.I., mentre la dichiarazione prodotta nei termini, il 17-9-2009, riguarda il sig. G., con riferimento alle società PC s.r.l. e BA s.r.l.", quindi diverse da quelle in esame. Solo nel successivo contraddittorio dell'11-3-2010 il contribuente ha depositato l'ulteriore documentazione: copia del mandato fiduciario; copia di lettera di incarico professionale, copia degli estratti conto di marzo ed aprile 2004 della Banca Antonveneta, presso cui operava la P. e P. s.r.I.. Tale ritardo non può essere giustificato con la circostanza che la documentazione proveniva da terzi, in quanto il contribuente era parte del rapporto di mandato fiduciario, dovendo avere copia dello stesso.

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente si duole della "violazione e falsa applicazione dell'art. 7 d.lgs. 546/1992 e dell'art. 2729 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.", in quanto, da un lato, le dichiarazioni dei terzi costituiscono meri indizi e possono costituire prova presuntiva solo in presenza di ulteriori elementi e, dall'altra, i documenti prodotti successivamente al termine concesso dall'Ufficio sono inutilizzabili sia in sede amministrativa che contenziosa. Non vi sono, allora, ulteriori elementi a conforto di tali dichiarazioni scritte dei terzi.

3. Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente deduce "omessa o comunque insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso del giudizio, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.", avendo la Commissione regionale fondato la sua decisione solo sulle dichiarazioni del G. e del C., senza il supporto di alcun altro elemento indiziario. In particolare, la Commissione regionale, a fronte di specifiche censure avanzate dall'Agenzia con l'atto di appello, si è limitata a ritenere "documentalmente provato" che "i versamenti effettuati a titolo di finanziamento soci dal contribuente sono avvenuti con denaro di proprietà di terzi". In particolare, non erano state spiegate le ragioni per cui la P. e P. s.r.l. avesse effettuato finanziamenti alla F. s.r.I., in assenza di una delibera assembleare. Inoltre, nell'appello si evidenziava che il mandato fiduciario non era sottoscritto dall'M. ed era privo di data certa, che i documenti bancari potevano riferirsi ad altri rapporti tra le due società, che gli estratti conto erano solo parziali.

3.1.1 tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati. Invero, la Commissione regionale, con motivazione sintetica, ma esaustiva, ha manifestato l'iter logico-giuridico sotteso alla sua decisione, chiarendo, sia pure riportandosi alla motivazione della sentenza di prime cure, che la documentazione attestante il versamento da parte della P. e P. s.r.l. delle somme, destinate poi all'aumento di capitale della F. s.r.I., è stato dimostrato sulla base di documenti nella disponibilità dei terzi. Invero, l'omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l'inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall'art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, solo in presenza dello specifico presupposto, la cui prova incombe sull'Amministrazione, costituito dall'invito specifico e puntuale all'esibizione, accompagnato dall'avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza (Cass., 27 dicembre 2016, n. 27069; Cass., 10670/2018). Tuttavia, si ritiene (Cass., 2 dicembre 2015, n. 24503; Cass., 11 agosto 2016, n. 16960) che la dichiarazione del contribuente di non possedere libri, registri, scritture e documenti, specificamente richiestigli dall'Amministrazione finanziaria nel corso di un accesso, preclude, a norma dell'art. 52, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, la valutazione degli stessi in suo favore in sede amministrativa o contenziosa e rende legittimo l'accertamento induttivo, a condizione che sia, da un lato, non veritiera e, dall'altro, cosciente e volontaria e, cioè, dolosa, diretta ad impedire l'ispezione documentale (Cass., 9 novembre 2016, n. 22743; Cass., Sez.Un., 25 febbraio 2000, n. 45), mentre, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata e sistematica, il contribuente può sempre contrastare efficacemente i risultati dell'accertamento induttivo con la produzione in giudizio dei documenti che non era stato in grado di esibire in precedenza per causa a lui non imputabile (forza maggiore, fatto del terzo, caso fortuito). La condotta del terzo, che ritarda nella consegna della documentazione non può certo essere imputata al contribuente, tranne l'ipotesi in cui il terzo sia, in realtà, un ausiliare del contribuente, ai sensi dell'art. 1228 c.c.. Del resto, in materia di Iva l'art. 53 penultimo comma del d.p.r. 633/1972 prevede che "se l'attestazione non è esibita e se il soggetto che l'ha rilasciata si oppone all'accesso o non esibisce in tutto o in parte le scritture, si applicano le disposizioni del quinto comma"; il quinto comma dispone che "i libri, registri e scritture contabili di cui è rifiutata l'esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa". La Commissione regionale, quindi, non si è limitata a richiamare quanto statuito dalla Commissione provinciale, con riferimento alla giustificazione della condotta del contribuente, che ha depositato in ritardo gli estratti conto bancari, poichè gli stessi erano nella disponibilità di società terze; ma ha affermato che vi era la prova documentale che il denaro destinato all'aumento di capitale della F. s.r.l. è giunto proprio dal conto corrente delle società P. e P. s.r.I., oltre che dalla C. s.r.I., tanto è vero che il contribuente nel controricorso indica analiticamente ogni assegno destinato all'aumento di capitale di provenienza proprio delle due società indicate (nell'anno 2004 assegni circolari emessi all'ordine F. s.r.l. rispettivamente di € 30.000 il 12-3-2004, € 50.000,00 il 12-3-2004, € 50.000 il 12-3-2005, € 50.000,00 il 14-4-2004, € 50.000,00 il 14-4-2004, per un totale di € 230.000,00; copia estratti conto della P. e P. con addebiti di € 130.000 il 12-3-2004 e di € 100.000,00 il 14-4-2004; nell'anno 2005, € 65.000,00, € 45.000 ed € 29.990,14; nel 2006 € 50.000, € 150.000, € 50.000 ed € 150.000).

4. Le spese del giudizio vanno poste a carico dell'Agenzia delle entrate, per il principio della soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente a rimborsare in favore del contribuente le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi € 5.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, accessori di legge e rimborso spese generali nella misura forfettaria del 15 %. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 27 febbraio 2019

 

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