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L’Agenzia non può invocare la mancata produzione, da parte del contribuente, di documenti che erano già in suo possesso. Confermata la nullità di tutti gli avvisi emessi a carico di s.a.s. e soci.

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Estratto: “il motivo è infondato in quanto la richiesta degli atti ai contribuenti da parte dell'amministrazione finanziari risulta generica e non tale da consentire di individuare la documentazione necessaria a soddisfare l'esigenza di accertamento da parte dell'ufficio e, d'altra parte, la sentenza impugnata fa espresso riferimento alla documentazione relativa alla compravendita di capannone e cioè ad atto pubblico come tale in possesso dell'amministrazione stessa e di cui non è quindi necessaria la richiesta, per cui la deduzione ricorrente relativa alla mancata esibizione di documenti risulta generica e infondata”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 5947 del 28 febbraio 2019

Rilevato che

con sentenza 145/23/12 la Commissione Tributaria Regionale della Campania ha confermato la sentenza n. 724/10/2010 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta con la quale sono stati accolti i ricorsi riuniti proposti dalla società N. sas, da F., socio accomandatario, e da C., socia accomandante, avverso gli avvisi di accertamento n. XXX riguardante maggiori imposte IRES, IRAP, e IVA relativi alla società N. s.a.s., n. XXX riguardante le maggiori imposte IRPEF e addizionali quale reddito di partecipazione al 50% di F., e il n. XXX riguardante le maggiori imposte IRPEF, addizionali e IVA quale reddito di partecipazione al 50% di C., tutti per il periodo d'imposta 2005; che la Commissione Tributaria Regionale ha considerato che l'Agenzia delle Entrate non poteva invocare l'art.25 della legge 18 febbraio 1999 n. 28 secondo cui "le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa" in quanto, ai sensi dell'art. 6 della legge n. 212 del 2000 al contribuente non possono essere richiesti gli atti ed i documenti già in possesso dell'amministrazione finanziaria che devono essere acquisiti ai sensi dell'art. 18, commi 2 e 3, della legge n. 241 del 1991 e, nel caso in questione, la documentazione richiesta si riferiva all'atto pubblico di acquisto di un capannone acquistato per la somma di € 585.000,00 ed alienato nel 2005 per la somma di € 400.000,00;

che l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo;

che C. e F., in proprio e quale legale rappresentante della cessata N. s.a.s., hanno resistito con controricorso, considerato che con l'unico motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 32, commi 4 e 5 del d.P.R. 600 del 1973, e dell'art. 54 d.P.R. 633 del 1972 come modificati dalla legge 18 febbraio 1999 n. 28, e dell'art. 2697 cod. civ., in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., con riferimento all'utilizzo di documenti non esibiti dai contribuenti a fronte di specifica richiesta da parte dell'Ufficio; che il motivo è infondato in quanto la richiesta degli atti ai contribuenti da parte dell'amministrazione finanziari risulta generica e non tale da consentire di individuare la documentazione necessaria a soddisfare l'esigenza di accertamento da parte dell'ufficio e, d'altra parte, la sentenza impugnata fa espresso riferimento alla documentazione relativa alla compravendita di capannone e cioè ad atto pubblico come tale in possesso dell'amministrazione stessa e di cui non è quindi necessaria la richiesta, per cui la deduzione ricorrente relativa alla mancata esibizione di documenti risulta generica e infondata; che le spese di giudizio, liquidate in dispositivo seguono la soccombenza. Che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l'art. 13 comma 1 quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 515 (nel caso di prenotazione a debito il contributo non è versato ma prenotato al fine di consentire, in caso di condanna della controparte alla rifusione delle spese in favore del ricorrente, il recupero dello stesso in danno della parte ricorrente);

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in complessivi C 7.000,00 oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge. Roma, 13 febbraio 2019

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