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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 4060 del 12 febbraio 2019
RILEVATO CHE:
- l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. dist. di Catania, depositata il 17 settembre 2012, che, in accoglimento dell'appello proposto dalla G. s.r.I., ha annullato gli avvisi di rettifica dei valori di merce importata dichiarati in dogana con bollette presentate, per conto della I. s.a.s. di C., tra l'aprile del 2004 e il marzo 2005;
- dall'esame della sentenza impugnata si evince che gli atti impositivi traggono origine da un'operazione diretta dalla Procura della Repubblica di Catania dalla quale emergeva che l'importatore aveva dichiarato un valore inferiore a quello reale;
- la Commissione regionale ha accolto il gravame in ragione della fondatezza sia del motivo di appello vertente sul sopravvenuto decorso del termine di decadenza triennale previsto dall'art. 11, quinto comma, d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374, per la revisione degli accertamenti doganali definitivi, sia di quello avente ad oggetto l'insussistenza della posizione debitoria della società contribuente relativamente al pagamento dei maggiori tributi accertati, in considerazione del fatto che aveva agito nella veste di rappresentante indiretto dell'importatore; - il ricorso è affidato a due motivi; - resiste con controricorso la G. s.r.I., la quale propone ricorso incidentale condizionato in relazione al quale l'Agenzia ricorrente non spiega alcuna attività difensiva;
CONSIDERATO CHE:
- con il primo motivo del ricorso principale l'Agenzia delle Dogane denuncia la violazione degli artt. 11, quinto comma, d.lgs. n. 374 del 1990, 221, quarto comma, Reg. CEE n. 2913/1992, e 84, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, per aver la sentenza impugnata ritenuto che, pur in presenza di fatti idonei ad integrare il reato di falso ideologico in atto pubblico, in relazione all'indicazione nelle bollette doganali di un valore delle merci diverso da quello reale, e il reato di contrabbando aggravato, in relazione alla idoneità della falsa dichiarazione doganale a determinare una sottrazione al pagamento dei diritti di confine, oggetto di notizie di reato tempestivamente trasmessa alla Procura della Repubblica di Catania, il termine di decadenziale per la rettifica della dichiarazione decorresse dal momento in cui l'accertamento fosse divenuto definitivo e non già da quello in cui il decreto o la sentenza, pronunciati nel procedimento penale, fossero divenute irrevocabili;
- il motivo è inammissibile; - la sentenza di appello ha evidenziato, sul punto, che gli atti impositivi in oggetto «non sono fondati su fatti penalmente rilevanti, ma unicamente sulla presunta incongruità dei prezzi risultanti dalle fatture rispetto i presumibili valore di mercato dei beni», che «non risulta ipotizzabile nemmeno astrattamente un atto perseguibile penalmente» e che il procedimento penale instaurato nei confronti dell'importatore, al quale la contribuente rimasta estranea, ha avuto per oggetto la contestazione di «circostanze fattuali diverse da quelle poste a base delle rettifiche doganali»; - l'affermazione della ricorrente in ordine all'avvenuta di una notizia di reato alla locale Procura della Repubblica avente per oggetto fatti di cui gli impugnati in questa sede traggono origine non trova riscontro, dunque, nella sentenza impugnata, né, tanto meno, quella relativa all'intervenuta pronuncia di una sentenza della Corte di appello di Catania che avrebbe confermato la sentenza di condanna emessa in primo grado in relazione a tali fatti; - né la decisione impugnata dà atto che l'Amministrazione abbia emesso un atto nel quale sia stata formulata una notitia criminis ovvero che la stessa sia stato ricevuta dall'Autorità giudiziaria o da ufficiali di polizia giudiziaria, quali i funzionari doganali, circostanza rilevanti ai fini della proroga del termine decadenziale in questione (cfr., sul punto, Cass., ord., 12 gennaio 2018, n. 615; Cass. 16 dicembre 2016, n. 26045);
- l'assenza di un tale accertamento di fatto osta a che possa ipotizzarsi l'invocato vizio di violazione o falsa applicazione di legge, venendo a mancare un elemento della fattispecie in questione, la cui esistenza non può essere apprezzata in questa sede pena la revisione della quaestio facti e, dunque, l'esercizio di poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. Cass., ord., 13 marzo 2018, n. 6035; Cass., 23 settembre 2016, n. 18715);
- la resistenza della ratio decidendi costituita dalla maturata decadenza dal potere impositivo rende irrilevante l'esame del secondo motivo del ricorso principale, con cui si aggredisce la diversa rado decidendi rappresentata dalla insussistenza della posizione debitoria della società contribuente relativamente al pagamento dei maggiori tributi accertati, in considerazione del fatto che aveva agito nella veste di rappresentante indiretto dell'importatore (cfr., sul punto, Cass., sez. un., 29 marzo 2013, n. 7931; vedi anche, Cass., ord., 18 aprile 2017, n. 9752; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108);
- il ricorso principale, dunque, non può essere accolto; - al rigetto del ricorso principale segue l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato; - le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 5.600,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% e accessori.
Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 10 gennaio 2019.
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