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Deposito IVA virtuale. Annullato l’avviso di rettifica dell’Agenzia delle Dogane. Il contribuente ha versato in inversione contabile, la violazione è solo formale, e dunque l’IVA è detraibile.

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Estratto: “l'introduzione solo virtuale della merce importata nel deposito fiscale comporta, quindi, che l’IVA è dovuta al momento della importazione, sicchè il pagamento mediante il meccanismo dell'inversione contabile (c.d. Reverse charge) costituisce un adempimento tardivo dell'imposta de qua; - tale versamento tardivo, tuttavia, in mancanza di un tentativo di frode o di danno al bilancio dello Stato, è suscettibile di integrare solo una violazione formale, che non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del soggetto passivo”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 4196 del 13 febbraio 2019

Rilevato che

Con sentenza n. 121/51/12 depositata in data 11.5.2012, la commissione tributaria regionale della Campania rigettava l'appello proposto dalla agenzia delle dogane avverso sentenza della commissione tributaria provinciale di Napoli di accoglimento del ricorso proposto da H. spa avverso avviso di rettifica (con recupero della somma di euro 1.520,64) di dichiarazione IVA per importazione di "beni da paesi extraeuropei, senza pagamento dell'imposta relativamente all'anno 2006", rettifica che traeva origine da un processo verbale di constatazione redatto dalla polizia tributaria la quale "contestava che l'operazione di introduzione dei beni nel deposito IVA era avvenuta in modo non conforme alla normativa in quanto la merce importata, invece di transitare per il deposito IVA di M.", gestito da S. spa, veniva trasportata su disposizione di quest'ultima "direttamente presso i magazzini dell'importatore acquirente senza che la merce stessa venisse materialmente introdotta nel deposito IVA, come disposto dalla norma" con conseguente utilizzo del deposito IVA "del tutto virtuale" e sottrazione "all'assoggettamento ad imposta", per come poteva ricavarsi "dalle dichiarazioni del legale rappresentante della ", incaricato dei trasporti per conto di S., il quale faceva presente che "conformemente alle direttive ricevute, alcune volte i container transitavano per il deposito di M., altre volte venivano consegnati direttamente al cliente importatore"; avverso la sentenza della CTR, la agenzia delle dogane propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi cui resiste, con controricorso H. spa; il ricorso e stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 375, secondo comma, e dell'art. 380 bis 1 c.p.c., introdotti dall'art. 1 bis del d.l. 31.8.2016 n, 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25.10.2016 n. 197

Considerato che i primi tre motivi (1°: violazione e falsa applicazione degli artt. 2729, 2700 c.c. nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c.; 2°: insufficiente motivazione su un punto decisivo e controverso del giudizio; 3 0 : violazione e falsa applicazione degli artt. 2697.e ss. C.c. e dei principi afferenti l'onere della prova;) denunciano -sub specie di violazione di legge e di insufficiente motivazione- la mancata adeguata considerazione del materiale probatorio (concernente la circostanza del transito e della sosta della merce nel deposito di M.) da parte della CTR e sono inammissibili perché attengono al merito della controversia; i motivi n. 4 e n. 5 contengono rispettivamente "Violazione e falsa applicazione degli artt. 69 e 70 dpr 633/72 e 51 bis d.l. 331/1993" e "Violazione e falsa applicazione dell art. 50 bis del D.L. 33/1993 convertito in legge 427/1993 come novellato dall'art. 16 comma 5 bis D.L. 185/2008 convertito nella L. 2/2009", violazioni basate sulla dedotta circostanza della configurazione del deposito IVA, da parte del legislatore nazionale, come luogo fisico la cui collocazione e necessariamente individuata all'interno del territorio italiano nel quale le merci devono entrare, sostare ed uscire escludendosi la possibilità di costituire depositi virtuali; í motivi, da trattarsi congiuntamente, sono destituiti di fondamento sulla base di un orientamento di questa corte ormai consolidato (si veda in particolare, e di recente, ordinanza 24 agosto 2018 n. 21067); la questione dell'applicazione del regime di cui al d.l. n. 311 del 1993, art. 50 bis, comma 4, lett.b), alle immissioni di beni extra UE in libera pratica senza la materiale introduzione della merce nel deposito fiscale e stata oggetto della sentenza della corte di giustizia 17.7.2014 (causa C-272/13 Equoland) la quale ha riconosciuto ai singoli stati la facoltà di adottare provvedimenti particolari per concedere il beneficio dell'esenzione prevista dall'art. 16, par.1, VI direttiva CEE, per cui in linea di principio spetta agli stessi determinare le formalità che il soggetto passivo deve adempiere al fine di poter beneficiare dell'esenzione dal pagamento dell'IVA sull'importazione;

- il legislatore italiano, da parte sua, ha disposto che per potere beneficiare dell'esenzione in parola, il soggetto passivo ha l'obbligo di introdurre la merce materialmente e non virtualmente nel deposito dovendosi presumere che la presenza fisica della merce importata all'interno del deposito garantisca la successiva riscossione della imposta; - l'introduzione solo virtuale della merce importata nel deposito fiscale comporta, quindi, che l’IVA è dovuta al momento della importazione, sicchè il pagamento mediante il meccanismo dell'inversione contabile (c.d. Reverse charge) costituisce un adempimento tardivo dell'imposta de qua; - tale versamento tardivo, tuttavia, in mancanza di un tentativo di frode o di danno al bilancio dello Stato, è suscettibile di integrare solo una violazione formale, che non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del soggetto passivo; - da quanto esposto discende -secondo la giurisprudenza unionale e quella nazionale- che, in considerazione del ruolo preponderante del diritto a detrazione nel sistema comune dell'imposta sul valore aggiunto, diretto a garantire la perfetta neutralità fiscale di tale imposta rispetto a tutte le attività economiche, una sanzione tale da tradursi in un diniego del diritto a detrazione non è conforme alla sesta direttiva in mancanza di frode o danno per il bilancio dello Stato; - il ricorso va dunque rigettato e la sentenza impugnata va confermata; quanto alle spese, la circostanza che l'orientamento giurisprudenziale seguito nella presente decisione si è consolidato nelle more di questo giudizio costituisce motivo che giustifica la compensazione integrale delle spese del presente giudizio.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio. Roma, 10 gennaio 2019.

 

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