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Corte di Cassazione, Sez. V
Ordinanza n. 22346 del 13 settembre 2018
RILEVATO CHE:
- l'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale Emilia Romagna, depositata il 3 dicembre 2010, di reiezione dell'appello dalla stessa proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dall'architetto C. avverso il silenzio rifiuto opposto dall'amministrazione finanziaria sull'istanza di rimborso dell'IRAP versata per gli anni 1999 - 2000 - 2001 - 2002 - 2003 e 2004;
- la ratio decidendi della sentenza d'appello si fonda sulle indicazioni emergenti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 156/2001 secondo cui i lavoratori autonomi e i professionisti sono assoggettati all'IRAP solo in quanto svolgano l'attività con organizzazione di capitali o con lavoro altrui;
- il ricorso è affidato a due motivi;
- l'intimato non ha spiegato alcuna attività difensiva;
CONSIDERATO CHE:
- con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 62, primo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, là dove la sentenza d'appello non avrebbe applicato il principio di diritto dettato in sede di legittimità secondo cui soltanto in assenza di attività autonomamente organizzata l'esercizio del lavoro autonomo è escluso dall'applicazione dell'imposta regionale sulle attività produttive e l'onere della prova dell'assenza delle condizioni di legge grava sul contribuente;
- con il secondo motivo, la ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 2 e 3 co. 1 lett. c) del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 nella parte in cui la Commissione Tributaria Regionale avrebbe ritenuto ravvisabile l'autonomia organizzativa soltanto ogniqualvolta l'assetto organizzativo predisposto dal professionista sia tale da consentire lo svolgimento dell'attività anche senza il suo diretto e personale intervento;
- entrambi i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per l'intima connessione, sono infondati, il giudice di appello, confermando la decisione di primo grado, ha ritenuto infondata la pretesa erariale, evidenziando che l'autonoma organizzazione, che costituisce il necessario presupposto dell'imposizione IRAP è un quid pluris che si aggiunge "a quel corredo minimo di strumenti e collaborazioni senza il quale l'attività non potrebbe neppure essere esercitata ed è ravvisabile ogni qualvolta l'assetto organizzativo predisposto dal professionista è tale da consentire lo svolgimento dell'attività anche senza il suo diretto e personale intervento";
- le Sezioni Unite, a partire dalle sentenze n. 1211 e 12108 del 2009 hanno statuito il principio di diritto secondo cui con riguardo al presupposto dell'IRAP, il requisito dell'autonoma organizzazione — previsto dall'art. 2 del d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446 —, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive (criteri confermati dalla recente SU 9451 del 2016 e richiamati, fra le più recenti, da Cass. n. 9786 del 9 maggio 2018);
- nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale, nel sottolineare l'assenza - risultante dalla documentazione in atti- di struttura organizzativa, ausilio di dipendenti e impiego di capitali, mediante utilizzazione di uno studio di modeste dimensioni all'interno della propria abitazione e di pochi beni strumentali di scarso valore, ha fatto corretta applicazione del principio di diritto dianzi menzionato difettando, nella specie, qualsivoglia elemento di autonomia organizzativa seppure embrionale;
- alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto;
- nulla si dispone in ordine alle spese essendo la parte rimasta intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 27 giugno 2018.
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