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Accertamento fiscale carrozzerie da parte dell’Agenzia delle Entrate: presunzione di ricavi sovrastimati e fatture false. Esempi di casi in cui i carrozzieri hanno fatto valere le proprie ragioni con ricorso e vinto il processo.

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Accertamento fiscale carrozzerie da parte dell’Agenzia delle Entrate: presunzione di ricavi sovrastimati e fatture false. Esempi di casi in cui i carrozzieri hanno fatto valere le proprie ragioni con ricorso e vinto il processo.

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Avviare un’attività di riparazione e riverniciatura della carrozzeria di autoveicoli costituisce un’opportunità concreta per mettersi in proprio generando ricavi da un’attività autonoma.

Esperienza, buon nome ma anche disbrigo pratiche e celerità sono requisiti che le carrozzerie devono possedere nei giorni nostri. Dei veri e propri centri multifunzione ben organizzate ed evolute dove, accanto alle tradizionali attività di riparazione, si affiancano anche quelle di soccorso stradale e custodia giudiziale di veicoli.

Questi sono i motivi per cui avviare un'attività di carrozzeria comporta, oltre a specifiche competenze tecniche e manuali che si apprendono dopo un lungo apprendistato, un importante investimento economico, che può arrivare facilmente a sfiorare i 100 mila euro in alcuni casi.

Il ritorno di questo investimento non è immediato ed è accompagnato anche da un costante aggiornamento del carrozziere che deve adoperare tecniche sempre più evolute per sopportare elevati carichi di lavoro in maniera efficiente, offrendo un buon livello di servizio.

Nonostante si sia portati a pensare che un carrozziere abbia un elevato margine di guadagno, in realtà non è sempre così. È stato stimato che i margini di guadagno, esclusi tutti gli oneri sostenuti, per una carrozzeria si aggirano intorno al 20%. Un profitto non elevato tanto più se si considera che si tratta, generalmente, di lavori che richiedono diverse ore di mano d’opera.

A ciò si aggiungano le autorizzazioni amministrative da possedere prima di avviare l’attività e tutti i diversi adempimenti legati al corretto smaltimento dei rifiuti tossici che si producono all’interno di una carrozzeria dove si lavorano rottami di ferro, paraurti in plastica, residui di vernice e smalti.

Insomma, un lungo iter ed un lavoro non facile che richiede una grande organizzazione ed un sostanzioso impegno, anche economico.

Nella realtà italiana il settore si caratterizza per la presenza di piccole imprese artigiane, organizzate per lo più in forma di ditte individuali con la presenza del titolare e al massimo qualche dipendente. Tuttavia, si stanno affacciando anche carrozzerie più strutturate con macchinari sempre più sofisticati e personale dipendente altamente formato e specializzato.

Al di là delle ipotesi limite in cui l'attività abusiva di carrozziera viene svolta completamente in nero, in totale evasione d’imposta, non è raro che le carrozzerie legalmente operanti siano sottoposte ad accertamenti e verifiche fiscali.

Tra le accuse maggiormente ipotizzate vi è quella che riguarda l’emissione di fatture relative ad operazioni di riparazione in realtà mai effettuate. Il sospetto per queste attività è quella di emettere fatture ad un prezzo gonfiato con un imponibile di gran lunga superiore al valore delle prestazioni eseguite. La finalità sarebbe quella di dissimulare un intento evasivo. Il problema è che molto spesso gli organi deputati all’accertamento fiscale, Guardia di Finanza prima e poi Agenzia delle Entrate poi, potrebbero fondare questi sospetti su scarsi elementi indiziari. Ad esempio, è capitato che alla base degli accertamenti vi fossero solo delle dichiarazioni rese da terzi e nient’altro. Ciò accade anche se viene riscontrato un quadro contabile riconosciuto come attendibile.

Ulteriori elementi discordanti vengono rilevati nel caso di accertamenti fiscali fondati sui parametri derivanti dagli studi di settore, ormai sostituiti dagli ISA, gli indici sintetici di affidabilità. Tali studi, infatti, basandosi su dati statistici e su analisi comparative, non tengono in adeguata considerazione, in svariati casi, le differenze che possono esistere tra una carrozzeria ed un’altra. Nel momento in cui viene individuato un lieve scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli stimati, in alcuni casi, si presume l’evasione. Essi, però, non considerano alcuni elementi di rilievo come l’assenza di personale dipendente e l’uso di macchinari obsoleti che possono incidere fortemente sulla redditività di una carrozzeria, collocandola in una fascia più bassa rispetto alle altre.

Ecco allora che capita, non di rado, di vedere avvisi di accertamento annullati in sede di contenzioso tributario dove il carrozziere/contribuente dimostra di aver tenuto una contabilità regolare e precisa, come nei casi di seguito riportati.

Comm. Trib. Reg. per la Liguria, sentenza n. 1814 del 18/12/2017

In questa vicenda la CTR Ligure si è pronunciata sul ricorso promosso da un contribuente esercente l’attività di carrozzeria ma anche di soccorso stradale e custodia giudiziale. Quest’ultimo aveva ricevuto un avviso di accertamento emesso sula base dei parametri da cui era emersa un’incongruenza del reddito dichiarato.

A parere del contribuente l’avviso era illegittimo in quanto l’Agenzia delle Entrate non aveva accertato che l’attività prevalente dell’impresa non fosse quella di carrozzeria bensì quella di soccorso stradale e custodia giudiziale. A suo avviso, infatti, i parametri non erano applicabili nel suo caso specifico e l’Agenzia delle Entrate aveva errato nelle sue conclusioni.

Il caso, dopo la Cassazione, che ha annullato con rinvio la sentenza e rimesso la caso a nuovi giudici, è approdato nuovamente alla CTR, la quale ha finito col dare ragione al contribuente. Per i giudici, infatti, l’avviso di accertamento, fondato solamente sullo scostamento tra ricavi dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore, non è sufficiente, ed era necessario approfondire la verifica, integrandola con ulteriori elementi che siano gravi, precisi e concordanti.

Comm. Trib. Reg. per il Lazio, sentenza n. 4118 del 10/07/2017

In questa vicenda l'Agenzia delle Entrate notificava ad un esercente attività di carrozzeria e riparazione autoveicoli un avviso di accertamento con il quale si accertava un maggior reddito di impresa derivante dalla presunta omessa contabilizzazione di maggiori ricavi.

A parere del contribuente l’Agenzia delle Entrate avrebbe fondato il suo accertamento solo sui parametri degli studi di settore senza attuare un preventivo contraddittorio con il contribuente nel corso del quale egli avrebbe potuto chiarire che le fatture attive prese in considerazione, non si riferivano solo ai pezzi di ricambio, ma includevano anche il costo sostenuto per il pagamento della mano d'opera.

La CTR ha parzialmente accolto il ricorso presentato dal carrozziere diminuendo il reddito d'impresa accertato al carrozziere dal momento che l'Amministrazione finanziaria si è limitata ad evidenziare i costi dei pezzi di ricambio ricavati dalle fatture attive, senza considerare quelle passive relative ad altri materiali acquistati. A parere dei giudici, infatti, è noto che l'attività di carrozzeria adoperi numerose materie di consumo necessarie alla lavorazione rispetto ai soli pezzi di ricambio. Per tali ragioni, l'Amministrazione nella sua ricostruzione accertativa deve considerare tutti i costi e determinare una riduzione del presunto importo di beni ceduti in evasione di imposta.

Comm. Trib. Reg. per la Liguria, sentenza n. 1108 del 12/09/2018

Questa controversia riguarda, infine, il mancato riconoscimento, da parte dell'Agenzia delle Entrate, di costi per sponsorizzazione in favore di un’associazione sportiva dilettantistica dedotti da una carrozzeria. Ciò sarebbe stato desunto da alcune fatture ritenute gonfiate in guanto le somme versate a titolo di sponsor dalla carrozzeria venivano, si contestava, parzialmente retrocesse a quest’ultima in modo che potesse godere di costi deducibili ed IVA detraibile.

Il contribuente, al contrario, aveva dimostrato l'effettività delle operazioni di sponsor, così com’era evidente dalle scritture private, dai pagamenti tracciati effettuati con assegni bancari e dalla presenza di cartelloni pubblicitari.

Per tali ragioni la CTR ha accolto il ricorso del contribuente il quale aveva fornito le giustificazioni formali delle spese di sponsorizzazione versate all’ASD. A parere dei giudici, al contrario, l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto dimostrare la presunta sovrafatturazione, non essendo sufficiente motivare l'accertamento sulla base di presunzioni e circostanze non provate.

 

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